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Nessuno può servire due padroni

Meditazione della Parola di Dio di domenica 18 settembre 2016 – XXV settimana del Tempo Ordinario

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Lettura
La prima lettura e il Vangelo sono accomunati dalla domanda: “cosa fai con la ricchezza?”. Nel libro di Amos, per accrescere le proprie ricchezze si attende con ansia la fine della festa per poter ingannare il povero e l’umile. Nel Vangelo, un amministratore disonesto, per mantenere il proprio lavoro, smette di sperperare i beni del padrone e inizia a utilizzarli per procurarsi degli amici.
Meditazione
La parabola raccontata da Gesù non può non lasciarci un po’ interdetti. Un uomo ricco ha un amministratore disonesto che sperpera i suoi beni. Davanti al concreto rischio di perdere il lavoro, l’amministratore sceglie di continuare a ridurre le ricchezze del padrone, modificando i debiti a lui dovuti, nella speranza che, una volta rimasto senza lavoro, qualcuno di quelli che hanno goduto di questo favore lo accolga in casa sua. Inaspettatamente, ciò che viene narrata non è la reazione di questi debitori, ma quella del signore che, invece di prendere le distanze dal deprecabile comportamento del suo amministratore, lo loda, perché, nel momento in cui vede messo a rischio il proprio futuro, riesce ad agire in modo avveduto e sapiente utilizzando il denaro per tirarsi fuori dai guai. La parabola è conclusa con una riflessione in cui si contrappongono i “figli di questo mondo” con i “figli della luce” per riconoscere che i primi sono più avveduti e sapienti dei secondi. A questo punto, Gesù si rivolge direttamente ai suoi uditori, ai discepoli e a noi, con un discorso in cui elementi centrali sono la contrapposizione tra “essere fedele” e “essere disonesto” e il ricorrere dell’espressione “disonesta ricchezza”. Che cosa significa “essere fedeli” o “essere disonesti” nel poco? Guardando il contesto, le parole rimandano alla relazione con la ricchezza definita disonesta. Se guardiamo a come Gesù parla della ricchezza nel Vangelo di Luca, scopriamo che la ricchezza non è disonesta in sé, ma lo diviene nel momento in cui ci si relaziona con essa in modo disonesto, cioè accumulandola per sé, ponendo in essa la propria fiducia, divenendone servi. Essere fedeli nell’ingiusta ricchezza, invece, significa condividerla con i poveri: solo in questo modo la ricchezza non diventa antagonista del servizio a Dio, che è la cosa più importante, la nostra vera ricchezza. Sapendo tutto questo, siamo invitati a comportarci in modo avveduto e sapiente, come i “figli di questo mondo”, scegliendo di condividere i nostri beni.
Preghiera
«Chi è come il Signore, nostro Dio, che siede nell’alto e si china a guardare sui cieli e sulla terra? Solleva dalla polvere il debole, dall’immondizia rialza il povero» (Sal 113,5-7): chiedo al Signore la grazia di agire come lui in favore dei poveri.
Azione
Proverò a scoprire come mi relaziono con la ricchezza.
 
Meditazione a cura di Marzia Blarasin, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di EdizioniART. Per abbonamenti: info@edizioniart.it.   

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ZENIT Staff

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