"Nessuno è schiavo, perché ciascuno è figlio dello stesso Padre"

L’omelia del cardinale Carlo Caffarra per la Messa celebrata oggi pomeriggio, in occasione della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e Giornata Mondiale della Pace

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La maternità di Maria e la piaga della schiavitù umana. Su questi due binari si è snodata l’omelia pronunciata questa sera dal cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, nella Messa in Basilica per la Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e Giornata Mondiale della Pace.

Attraverso “la divina maternità di Maria”, dice il porporato, “sono stati donati all’uomo i beni della salvezza eterna”. La Vergine, prosegue, “è da ritenersi in senso vero e proprio Madre di Dio”, perché Ella ha “concepito e generato nella nostra natura e condizione umana la persona del Verbo divino”. Ed è quindi stata posta, per un disegno divino, “in una relazione unica con una persona divina: la relazione di maternità”.

Inoltre, aggiunge il cardinale Caffara, “la nascita di ogni bambino è sempre un ‘inizio’ pieno di speranza”. E “il Bambino nato da Maria è un ‘inizio assoluto’”, perché è “l’introduzione della speranza” che “dà inizio alla nuova creazione”.

Una creazione che, come insegna San Paolo nella seconda lettura, “ha una grande rilevanza sui rapporti fra le persone umane”. “Il figlio di Dio infatti – sottolinea l’arcivescovo di Bologna – nasce da donna per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli”.

E questo ha due conseguenze: anzitutto, il riscatto della nostra schiavitù e poi l’adozione a figli. “È la grande trasformazione da schiavi a figli, e quindi fratelli”, rimarca il cardinale richiamando il tema del Messaggio nella Giornata mondiale per la Pace di Papa Francesco.

Sono tante infatti le forme di schiavitù purtroppo ancora oggi vigenti nel mondo, osserva. Questo perché “le nostre comunità possono essere costruite e vissute secondo due modelli fondamentali, di cui l’uno finisce sempre in misura più o meno ampia per dominare sull’altro”.

Il primo è basato sulla convinzione che “siamo individui separati per natura gli uni dagli altri, e quindi prima o poi concorrenti e nemici, tesi a dominare gli uni sugli altri”. Il secondo, invece, sulla convinzione che “ogni uomo è prossimo di ogni uomo”.

“La prossimità – afferma l’arcivescovo di Bologna – significa che ciascuno è in possesso dell’umanità, come lo è ogni altro uomo. La dignità che è propria di ciascuno in quanto persona, è propria di ogni uomo”. Ed è “nel misconoscere e nel trascurare la partecipazione alla stessa umanità come fonte della più profonda prossimità” che scopriamo “la causa più profonda di ogni forma di schiavitù”.

Ma la parola di Dio pone una domanda ancora più forte: “È possibile una prossimità e dunque una fraternità senza la coscienza di una comune figliazione?”. “Il vero passaggio dalla schiavitù alla fraternità – risponde Caffarra, concludendo la sua omelia – avviene mediante la figliazione: nessuno è schiavo di un altro, perché ciascuno è figlio dello stesso Padre”.

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ZENIT Staff

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