Nella formazione importante la libertà interiore dei seminaristi

Le conclusioni di una Settimana di studio promossa dalla Santa Croce

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ROMA, mercoledì, 16 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Per giungere a dei risultati positivi nella formazione spirituale dei seminaristi è necessario saper integrare il progetto formativo con la libertà interiore dei candidati al sacerdozio. Questo cammino deve iniziare già nel cosiddetto “periodo propedeutico”, per continuare fin nella fase d’inserimento nel ministero pastorale. Tale compito può essere agevolato dall’adozione di criteri uniformi, condivisi dagli educatori, dal rettore e dal Vescovo, che resta il responsabile ultimo della formazione sacerdotale.

Di queste ed altre questioni – si legge in un resoconto finale – si è parlato nel corso della Settimana di studio su “La formazione spirituale personale nei seminari”, organizzata dal 7 all’11 febbraio dal Centro di Formazione Sacerdotale della Pontificia Università della Santa Croce. L’incontro ha registrato la partecipazione di rettori di seminari, direttori spirituali e altri formatori provenienti da svariati contesti culturali ed ecclesiali.

Chiarezza vocazionale

Nel corso dei lavori si è innanzitutto parlato della convenienza che coloro che accedano al seminario maggiore avvertano già con chiarezza la propria scelta vocazionale, che va poi preparata responsabilmente mediante la “vita comunitaria, che insegna le virtù umane, la vita di preghiera che forma al soprannaturale, lo studio profondo delle scienze sacre, e la progressiva iniziazione al lavoro pastorale”.

Sincerità di vita tra candidati ed educatori

Gli interventi dei diversi relatori hanno avuto modo di ripresentare i criteri già chiari di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, contenuti rispettivamente nell’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis e nella Lettera ai seminaristi. In pratica, la secolarizzazione e il soggettivismo contemporaneo vanno vissuti come una sfida da assumere e non solo come un nemico da combattere reattivamente. Ciò è possibile attraverso “la sincerità di vita tra candidati ed educatori (piuttosto che superiori o ‘formatori’, perché chi forma è lo Spirito Santo – si è detto) reciproca e non unilaterale, privilegiando la fiducia all’imposizione e la capacità comunicativa alle direttive”. È emerso a più riprese, infatti, che il “vero nemico del sacerdozio non è tanto la ribellione verso i superiori, ma la doppia vita, l’ipocrisia che mette assieme conformismo esterno e cinismo interiore”.

Direzione spirituale

In merito alla direzione spirituale, questa va “centrata sul valore dell’amicizia, sul rispetto della propria coscienza e dell’azione dello Spirito Santo”, piuttosto che limitarsi a un semplice accompagnamento o a consigli sporadici. Evidentemente, i seminaristi devono anche mostrare una certa docilità ad accogliere la formazione e la direzione spirituale proposta dal rispettivo Vescovo diocesano, in modo da essere “protagonisti e beneficiari della propria formazione umana, cristiana e sacerdotale”.

Un altro aspetto ha riguardato la formazione degli stessi formatori, ed è emerso che tra gli elementi che i Vescovi possono valutare per dotare il seminario dei migliori sacerdoti, vi sono “un percorso sacerdotale fedele, una pratica pastorale prudente, l’esperienza di vita cristiana, l’umiltà per apprendere dagli errori e la perseveranza gioiosa nel ministero”.

Fragilità affettiva ed educazione al celibato, alla preghiera e alla carità pastorale

Nel corso della settimana si è anche dibattuto da un punto di vista teologico e psicologico della fragilità affettiva e della personalità, concludendo che è fondamentale “costruire personalità capaci di sopportare le contrarietà, di affrontare problemi e trovare soluzioni, che non solo ricevano e diano affetto ma abbiamo la capacità di ‘permanere nell’amore’”. Un compito attuale e difficile, stando alla immaturità degli adolescenti e dei giovani di oggi (“narcisisti, deboli, tristi e instabili”), che poi si prolunga in adulti “incostanti e dipendenti”, frutto di una “educazione sbagliata”. Il modo per invertire la rotta è perseguire nei candidati al sacerdozio “un’armonia interiore ed esteriore, che integra ragione, volontà, sentimenti ed appetiti”, senza tralasciare la correzione, quando necessaria, e la prevenzione.

In ultima istanza, lo scambio di esperienze tra tutti i partecipanti ha messo in risalto che l’educazione al celibato, alla preghiera e alla carità pastorale rappresentano la vera sfida per costruire personalità “strutturate intorno al senso oblativo della vita, praticando costantemente le virtù mediante criteri chiari e con un cuore felicemente centrato in Gesù Cristo”.

A portare personalmente il suo saluto, anche il Prefetto della Congregazione vaticana per gli Istituti di educazione cattolica e dei seminari, il Cardinale Zenón Grocholewski.

Tra i relatori si sono succeduti il prof. Eduardo Baura, direttore del Centro di Formazione Sacerdotale; il prof. Luis Romera, Rettore della Pontificia Università della Santa Croce, mons. Francesco Cavina, della Segreteria di Stato; il prof. Alvaro Granados, docente di Teologia pastorale, il prof. Enrique de la Lama, docente di Storia della Chiesa presso l’Università di Navarra; mons. Jose María Yanguas, Vescovo di Cuenca (Spagna); il prof. Franco Poterzio, dell’Università di Milano, mons. Salvatore di Cristina, Vescovo di Monreale; e il prof. Paul O’Callaghan, docente di Teologia dogmatica.

 

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ZENIT Staff

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