Necessario un coordinamento per l'opera di evangelizzazione

Il cardinale Filoni invita la Chiesa a rafforzare la propria identità di comunità

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

del Cardinale Ferdinando Filoni

CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 15 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Riportiamo di seguito l’intervento del cardinale Ferdinando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, alla Settima Congregazione Generale del Sinodo dei Vescovi (venerdì 12 ottobre).

***

L’ Instrumentum laboris nei nn. 76-79 tratta della Missio ad Gentes, cura pastorale e nuova evangelizzazione. Sono aspetti ai quali bisognerebbe dare un’impostazione più adeguata. La correlazione tra di essi è stata richiamata dal Santo Padre nell’Omelia per l’apertura del Sinodo, domenica 7 ottobre scorso.

Infatti, la Chiesa, quale Corpo di Cristo, cammina nella storia e tra i popoli per il mandato del suo Signore: andate, battezzate, portate la salvezza. Si tratta di un corpo vitale che, per attraversare luoghi e tempi, ha bisogno, per così dire, di due forti arti che le permettono speditamente di incedere: ossia la prima, ad Gentes, e la nuova evangelizzazione.

Il Sinodo che stiamo celebrando costituisce, dunque, un momento eccellente che ci permette di riflettere sulla correlazione e sul valore dell’impegno missionario e al tempo stesso di ripensare quali siano le vie più significative per una ri-proposta coraggiosa del Vangelo.

Noi sappiamo bene che il Concilio Vaticano II è stato determinante per lo sviluppo delle cosiddette Chiese indigene, indicate non soltanto come “luoghi” in cui esercitare il servizio missionario, ma, soprattutto, come vere e proprie protagoniste della missione (Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la Giornata missionaria mondiale 2012).

A 50 anni dal Concilio possiamo anche vedere. ad esempio, come le Chiese indigene, con il clero, i religiosi e le religiose si siano inserite nella vita delle antiche cristianità, nonostante la prima evangelizzazione ad Gentes sia ancora fortemente da sviluppare.
Il Sinodo deve pertanto farci percepire la necessità di un coordinamento dell’opera di evangelizzazione, intesa come primo e nuovo annuncio, perché si tratta ormai di una missio globale a tutto tondo, anche in considerazione del fenomeno migratorio dei popoli che fa sì che i soggetti tradizionali della missio ad Gentes si incontrino ormai ovunque, creando dappertutto società sempre più plurali.

Inoltre, non pochi fedeli provenienti dai cosiddetti territori di missione, che dimorano nelle società occidentali, apportano nelle nostre parrocchie e comunità la vivacità e le ricchezze spirituali di cui sono detentori. In essi si percepisce la freschezza della loro fede, così diversa da quelle forme di “stanchezza…o di tedio dell’essere cristiani” (Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana e alla Famiglia Pontificia, per la presentazione degli auguri natalizi (22 dicembre 2011)), e così evidenti tra le antiche secolarizzate cristianità. 

Né va dimenticato che queste Chiese giovani danno testimonianza vera al Vangelo, inteso come Parola che sostiene in tutte le circostanze, anche in gravi situazioni di drammaticità, di discriminazione e di persecuzione (penso a numerose situazioni in Asia, Africa e America).

L’Agenzia missionaria Fides ha pubblicato che nel 2011 18 sacerdoti e 4 religiose sono stati uccisi, ma chi può dire quale sia il numero dei fedeli? La missione evangelizzatrice di queste Chiese indigene risulta così essere un’ esigenza interiore del dono ricevuto dall’alto.

Il mandato di Cristo redentore, affidato alla Chiesa, ha detto il Beato Giovanni Paolo II, è ancora agli inizi e dobbiamo impegnarci con tutte le forze al suo servizio (Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Redemptoris missio circa la permanente validità del mandato missionario (7 dicembre 1990), 1.) non solo per la percentuale di coloro che non conoscono Cristo e che è proporzionalmente in costante aumento, ma anche per la percentuale dei battezzati dove l’abbandono della fede costituisce un fattore rilevante.

Di ciò occorre farne un kairos, un momento forte di grazia, in quanto provoca la Chiesa a rafforzare la propria identità di comunità voluta da Gesù Cristo, per essere segno e strumento di salvezza per tutti i popoli della terra (Lumen Gentium).

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione