Natale annuncio di speranza

Padre Pietro Messa spiega il Presepe e riflette sulla nascita che ha cambiato il mondo

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di Antonio Gaspari

ROMA, sabato, 15 dicembre 2012 (ZENIT.org) – Perché i cristiani festeggiano la nascita di un bambino venuto alla luce più di duemila anni fa? Perché i cristiani ricordano quella nascita facendo o interpretando il presepe? Corrispondo a relatà la venuta dei Magi e la presenza del bue e dell’asinello? E che significato ha oggi quella nascita ?

Per rispondere a queste e altre domande ZENIT ha intervistato padre Pietro Messa, preside della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani della Pontificia Università Antonianum.

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Quali secondo lei le ragioni per cui è bene rinnovare la tradizione di fare il presepio?

Padre Pietro: La fede è innanzitutto il riconoscimento di una Presenza nella storia, personale e comunitaria e la preghiera è principalmente fare memoria, che non è un semplice ricordare, che accanto a noi c’è il Signore. Da tale incontro scaturisce una vita nuova, cioè nasce una moralità: senza di questo l’azione umana scade in un moralismo sterile. Per questo c’è bisogno di segni che aiutino a prendere atto di tale compagnia di Dio all’uomo, come ad esempio dei canti, o una immagine, oppure la lettura di un testo. Il Presepio è proprio questo, una modalità che lungo i secoli si è rivelata efficace per non fare dimenticare Gesù, l’umile compagnia di Dio all’uomo.

Quali erano le ragioni che spinsero san Francesco a pensare e realizzare il presepio? E quante di quelle ragioni sono ancora attuali?

Padre Pietro: Tommaso da Celano, in occasione della canonizzazione di Francesco d’Assisi, avvenuta a meno di due anni dalla sua morte, ne scrisse la vita narrando che a Greccio nel 1224 il Santo volle «fare memoria di quel Bambino che è nato a Betlemme, e in qualche modo intravedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato; come fu adagiato in una mangiatoia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Quindi si coglie che in quel Natale San Francesco volle che se stesso e gli altri potessero fare memoria di come il Signore scese nella povertà dell’uomo; ma questo, con una concretezza propria dell’incarnazione, con una modalità in cui fossero coinvolti anche gli occhi del corpo.
Importante è ricordare che in quella notte venne «celebrato sulla mangiatoia il solenne rito della messa». Non c’era nessuna rappresentazione di Gesù, perché san Francesco riconosceva che l’Eucarestia è dove ogni giorno l’Altissimo scende tra di noi e Gesù è realmente presente con il suo corpo e sangue.

Nel suo ultimo libro il Pontefice Benedetto XVI afferma che il bue e l’asinello non sono menzionati nei Vangeli ma hanno un significato teologico preciso. Può spiegarci di cosa si tratta?

Padre Pietro: Il bue a l’asinello sono assenti dalle narrazioni evangeliche, ma fin dai Padri della Chiesa si interpretò la frase biblica «il bue riconosce il suo proprietario e l’asino la mangiatoia del suo padrone» (Is 1,3) indicando nel bue con il giogo il popolo d’Israele sottoposto alla legge, e nell’asino le genti, cioè gli incirconcisi. Quindi già con la sua nascita tra il bue e l’asino Gesù, come afferma san Paolo, fa dei due un popolo solo abbattendo il muro che era framezzo, ossia l’inimicizia. San Francesco d’Assisi, che apprendeva il Vangelo soprattutto mediante la liturgia e nella tradizione ella Chiesa, volle che nella notte di Natale del 1224 a Greccio ci fossero anche il bue e l’asinello.

L’arrivo e la presenza dei Magi è un fatto storicamente avvenuto o è parte del mito?

Padre Pietro: Gesù è il compimento delle promesse fatte da Dio al suo popolo Israele, ma anche dei desideri e aspirazioni profonde di tutti gli uomini e proprio questo sta a indicare la visita dei magi giunti da Oriente a Betlemme. Importante è che i Vangeli, come afferma san Francesco, sono una lettura credente con gli occhi dello spirito di ciò che gli occhi della carne hanno visto. Proprio vedere e credere è un binomio importante per il Santo d’Assisi; quindi la fede retta non è cieca, ma anzi è un vedere ancora più profondamente, nel mistero degli avvenimenti, compresa la visita dei Magi a Betlemme.

Suggerisca una riflessione per questo Natale…

Padre Pietro: Nel presente contesto storico la tentazione a cui si è continuamente sottoposti personalmente e comunitariamente è lo scoraggiamento, la desolazione davanti alla crisi, non solo economica, ma anche familiare, sociale in cui ci si ritrova. Il Natale è l’annuncio che proprio in questa realtà così complessa e contraddittoria, tanto da apparire persino assurda, c’è la presenza del Signore, il buon Pastore. Tutto ciò diventa sorgente di speranza, non intesa solo come ottimismo, ma certezza che proprio quel piccolo Bambino di Betlemme è il centro del cosmo e della storia. Quindi Natale, annuncio di speranza!

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Per un maggior approfondimento si consiglia:

C.M. MARTINI – P. MESSA, L’infinito in una culla. San Francesco e la gioia del Natale, Edizioni Porziuncola, Assisi, Euro 8,00.

P. MARTINELLI, Dammi fede diritta. Con Francesco d’Assisi per ricominciare a credere, Edizioni Porziuncola, Asissi, 2012, euro 9,00.

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ZENIT Staff

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