Antonio Viscomi (foto Egidio Chiarella)

Antonio Viscomi (foto Egidio Chiarella)

Mt 25:  un “programma politico” che può rinnovare la società

Affondano le radici nel Vangelo, le cinque parole che il vicepresidente della Regione Calabria, Antonio Viscomi, ha rimesso alla rete solidale

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Il vicepresidente della Giunta regionale della Calabria, Antonio Viscomi, parlando in occasione del convegno di Catanzaro Solidarietà: laccoglienza che fa la differenza, ha voluto condividere una sua riflessione sul tema dell’incontro. Complici gli stimoli della moderatrice, Donatella Soluri, sua allieva all’università ma anche le puntuali osservazioni di don Pietro Puglisi, nonché gli spunti offerti dall’Arcivescovo di Catanzaro, mons. Vincenzo Bertolone.
Un intervento molto apprezzato e racchiuso in cinque parole. La prima: grazie. Dopo i saluti e i ringraziamenti agli organizzatori e agli illustri relatori, originale la sua pennellata fatta scorrere sul quadro ideale della solidarietà. Mutuando una frase di mons. Bertolone, ha definito “cirenei del prossimo” i sacerdoti, i seminaristi, i volontari, presenti massicciamente al convegno.
La seconda parola: storia. Qui il prof. Viscomi, da apprezzato giuslavorista, ha ricordato il suo primo libro, risalente al 1991, una monografia giuridica sul lavoro immigrato. Si tratta di uno dei primi libri sulla delicata questione in Calabria e in Italia che il docente dedicò a suo padre, evidenziando il sacrificio di un genitore costretto a trascorrere lunghi anni della sua vita in Australia. Una dedica estesa anche a sua madre, quasi ad evidenziare l’altro aspetto che colpisce una famiglia quando qualcuno si allontana dai suoi affetti migliori. Chi rimane, specie nel caso di una madre, vive una condizione dolorosa per nulla inferiore a chi emigra un altro Paese.
La terza parola è stata identità. Citando un sociologo francese, attento alla geopolitica delle emozioni, il prof. Viscomi ha sottolineato come spesso ognuno di noi, più che ragionare con la testa, lo faccia con la “pancia”, mettendo in campo forze istintive ed emozionali, che modificano relazioni e comportamenti. Oggi, per il vicepresidente, si parla spesso di accoglienza, di solidarietà ed immigrazione con la pancia più che con la testa, alimentando contrapposizioni che nulla hanno a che vedere con la vera dimensione dei fenomeni in campo.
Si sollecita la paura, mentre sarebbe necessario prendere seriamente a cuore temi come quelli dell’integrazione e dell’accoglienza, capaci di connettere mondi, culturalmente diversi, in profondità. Viscomi ha poi citato lo storico francese Fernand Braudel, che soleva evidenziare come sulle sponde del Mediterraneo siano nate tre grandi civiltà, tre grandi culture e tre grandi religioni. Veri “mostri” che si azzannano tra di loro. Il mediterraneo tre comunità culturali, tre civiltà vigorose, tre mostri sempre a mostrare le zanne…”. L’unico modo per addomesticare questi “mostri”, per il giuslavorista, è utilizzare la forza della contrattazione, della negoziazione, del confronto o anche della narrazione, come potrebbe sostenere un letterato o un umanista.
Nella capacità di relazionarsi e di raccontarsi tutto può cambiare direzione. L’identità non è pietra o realtà definita da chiudere in un museo: per il prof. Viscomi, è un darsi, un farsi, un evolversi nel dialogo.
Quarta parola: povertà. “Io la trasformerei così: interessi economici!”, ha detto il vicepresidente della Regione Calabria. Un segnale forte che Viscomi ha sviluppato, ricordando un suo abitudinario modo di esprimersi per immagini tra gli studenti in aula, aprendo la finestra e affacciandosi sulla realtà, per guardare, in questo caso, Rosarno.
In questa località della provincia di Reggio Calabria, Viscomi vede subito degli imprenditori che sfruttano gli immigrati per la raccolta delle arance; individua mafiosi che a loro volta utilizzano quel sistema per arricchirsi, “usando” gli altri con la forza e la prepotenza. Una realtà del genere fa capire che parlare di povertà non può solo significare avere l’attenzione verso il più debole, ma mettere ugualmente in campo il coraggio della denuncia. In tali situazioni, ci sono interessi economici enormi che fanno capo a persone ben identificate, spesso volutamente ignorate.
“Alla mano invisibile del mercato – ha spiegato sempre Viscomi – forse dovemmo sostituire la mano visibilissima di alcuni mercanti, avendo il coraggio di denunciarli”. Dinnanzi a questi interessi inquinati, c’è necessità di una rete consapevole tra soggetti che, sul territorio, rispondano liberamente a principi di solidarietà, equità, giustizia, condivisione, integrazione. Un impegno non rinviabile, che il vicepresidente della Regione Calabria sa non essere cosa facile. Molte volte, tra gli stessi volontari, scatta la mania di essere i primi, prevaricando magari i compagni di viaggio e perdendo così il valore dello stare assieme nella diversità d’azione. Un colpo mortale per quel principio di sussidiarietà che sta alla base di un corretto agire tra le istituzioni e il territorio aperto alle relazioni.
La forza di una rete si misura sulla maglia più debole e non su chi pensa di avocare a sé ogni cosa con l’arroganza. In questo quadro la Regione Calabria può dare il suo apporto, tenendo conto dell’esiguità del suo bilancio e delle condizioni economiche difficili in cui versa, senza dimenticare che solo l’8% del suo pur importante bilancio (circa 600 milioni di euro), può essere realmente considerato risorsa libera che la politica ha il compito di distribuire sul territorio.  Rafforzare quindi la rete, maturando il suo significato più profondo, specie in una regione dove la rete, sempre per Viscomi, è più predicata che praticata.
Non sono mancati i riferimenti alla divisione territoriale calabrese con i suoi 409 comuni, di cui 223 con meno di tremila abitanti. Una parcellizzazione che può trasformarsi in rete solo attraverso un nuovo assetto amministrativo, sollecitando l’ascolto e il confronto. Quinta e ultima parola: Matteo 25. Un passaggio a questo punto inusuale per un rappresentante delle istituzioni, ma in questo caso possibile per la personalità, prestata oggi alla politica, del prof. Viscomi, docente universitario affermato, ma soprattutto riconosciuto professionista sensibile e attento ai valori universali della cristianità.
L’aggancio di questa ultima riflessione passa dal discorso escatologico fatto nello stesso convegno dall’Arcivescovo di Catanzaro-Squillace, mons. Vincenzo Bertolone, che ha inteso citare il “manifesto sociale” consegnato all’umanità dall’evangelista Matteo, attraverso le parole di Gesù forse più attuali e conosciute al mondo: “Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato. 
Per il credente, ricorda l’esponente regionale, questo passo rappresenta una pietra miliare ed essenziale, perché in esso vi riconosce il parametro di giudizio con il quale sarà a suo tempo giudicato. Viscomi non esita quindi, facendo un passo in avanti, a proiettare il manifesto sociale che mons. Bertolone individua in Matteo 25, in un vero programma politico.
Visitare oggi i carcerati, ha sottolineato con chiarezza, non significa oggi solo rapportarsi nella fraternità con chi soffre una condizione personale molto dura, ma domandarsi anche della condizione generale in cui vivono i carcerati. Le violenze, i suicidi, la mancanza di veri programmi di reinserimento sociale, suggeriscono di fatto un nuovo efficiente sistema carcerario. Così come visitare gli ammalati può rappresentare la presa d’atto di un sistema sanitario che aspetta di essere riformato e reso più funzionale alle comunità di riferimento.
Il programma politico che il vicepresidente della giunta regionale avverte in Matteo 25, nella parte finale del suo intervento, diventa uno slogan su cui riflettere: Passare dallinteresse, allinter-essere. Dall’interesse che muove il mondo all’inter-essere che si apre allo stare assieme, alla rete, considerando persona chiunque si affacci nel nostro spazio vitale, senza mai scordare che “i poveri sono i vicari di Cristo e noi tutti indispensabili “cirenei del prossimo”.
 

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Egidio Chiarella

Egidio Chiarella, pubblicista-giornalista, ha fatto parte dell'Ufficio Legislativo e rapporti con il Parlamento del Ministero dell'Istruzione, a Roma. E’ stato docente di ruolo di Lettere presso vari istituti secondari di I e II grado a Lamezia Terme (Calabria). Dal 1999 al 2010 è stato anche Consigliere della Regione Calabria. Ha conseguito la laurea in Materie Letterarie con una tesi sulla Storia delle Tradizioni popolari presso l’Università degli Studi di Messina (Sicilia). E’ autore del romanzo "La nuova primavera dei giovani" e del saggio “Sui Sentieri del vecchio Gesù”, nato su ZENIT e base ideale per incontri e dibattiti in ambienti laici e religiosi. L'ultimo suo lavoro editoriale si intitola "Luci di verità In rete" Editrice Tau - Analisi di tweet sapienziali del teologo mons. Costantino Di Bruno. Conduce su Tele Padre Pio la rubrica culturale - religiosa "Troppa terra e poco cielo".

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