Montenegro: “Tante bibbie e corani sui barconi”

L’arcivescovo di Agrigento esorta a “riconoscere Cristo nei migranti”, altrimenti “saremmo degli atei”

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“L’emigrazione non è il male, ma il sintomo dell’ingiustizia che esiste nel mondo. Soltanto quando riusciremo ad eliminare l’ingiustizia, l’emigrazione diminuirà”. Queste le parole del cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, durante una conversazione con Aiuto alla Chiesa che Soffre.

Nel novembre 2013 il porporato ha preso parte ad un incontro organizzato da ACS a Bruxelles al fine di descrivere ai rappresentanti dell’Unione europea il contesto in cui si era verificata la tragedia di Lampedusa, in cui hanno perso la vita oltre 300 persone. A distanza di due anni, la condizione dei molti profughi che giungono sulle nostre coste continua a peggiorare.

“La situazione sempre più grave – racconta l’arcivescovo ad ACS – perché sempre più gente è costretta a fuggire”. Se qualche hanno fa erano più che altro ragioni economiche a spingere migliaia di persone a cercare una vita migliore in Italia e in Europa, oggi il viaggio attraverso il Mediterraneo avviene per un maggior numero di motivazioni, quali “la guerra, la fame e la persecuzione religiosa”.

Il cardinal Montenegro riferisce ad ACS delle tante Bibbie e copie del Corano che hanno attraversato il mare assieme ai naufraghi. Strette da chi è riuscito a raggiungere le nostre coste, o ritrovate accanto ai corpi delle vittime. “Molte delle pagine di questi testi sacri erano sottolineate e così lo scorso anno abbiamo deciso di organizzare un incontro e realizzare un libro, Bibbia e Corano a Lampedusa, per raccontare quella religiosità che pur vissuta in maniera diversa, ha accompagnato molti dei naufraghi fino al momento in cui hanno perso la vita”.

Nell’assistere le migliaia di profughi che arrivano nel nostro paese, non si deve quindi dimenticare la componente spirituale. “Ci “scandalizziamo” se una persona non ha da bere o da mangiare, mentre l’impossibilità di vivere la fede non crea una reazione ugualmente forte. Ma se l’acqua o il cibo sono essenziali, la fede lo è altrettanto. L’uomo ha per natura un assoluto bisogno di un rapporto con Dio”.

Tra chi fugge la persecuzione anche molti cristiani. Negli ultimi anni, secondo quanto riferito ad Aiuto alla Chiesa che Soffre dall’agenzia Habeshia, la percentuale dei cristiani tra i naufraghi che giungono sulle nostre coste sarebbe aumentata di circa il 30%.

Il cardinal Montenegro invita tuttavia a non fare alcuna distinzione di credo: “Di fronte ad un uomo che muore devo fermarmi a riflettere senza domandarmi a quale religione appartenga. È chiaro però che la morte di uno dei miei fratelli nella fede mi procura un dolore particolare, perché quell’uomo è legato a me da un qualcosa in più”.

Il porporato ricorda la visita a Lampedusa di Papa Francesco nel luglio del 2013: “Il Santo Padre ha intensificato l’attenzione mondiale sul fenomeno dell’emigrazione, ma i risultati da parte della politica e della società civile non si sono ancora visti”. La Chiesa intanto si sta mobilitando sempre più nell’accoglienza, non soltanto nelle aree costiere, ma in tutto il paese. «Ora che i profughi vengono suddivisi in diverse località, ogni diocesi si sta attivando nell’accoglienza. Ed è una vera grazia per la nostra Chiesa”.

Tuttavia il cardinale Montenegro non nasconde la sua preoccupazione per i tanti muri che la crescente paura dell’altro sta generando all’interno della comunità cattolica. “Dobbiamo imparare a riconoscere Cristo anche tra chi arriva tra di noi con un barcone. Se non riusciamo ad accettare questa presenza particolare di Cristo allora siamo degli atei, pur essendo credenti”, ha quindi concluso.

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ZENIT Staff

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