Mons. Bruno Forte during the presentation of instrumentum laboris in the vatican press room - 23 June 2015

Mons. Bruno Forte - Foto ©ZENIT

Mons. Forte: Quel grido che sale al cielo

L’orrore della pedofilia (Il Sole 24 Ore, Domenica 2 Settembre 2018, 1 e 8)

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La lettera inviata da Papa Francesco al popolo di Dio il 20 agosto scorso e i suoi interventi in occasione dell’Incontro Mondiale delle Famiglie a Dublino, scanditi da ripetute richieste di perdono per le colpe di pedofilia commesse da alcuni membri del clero, mostrano la sua grandezza morale, il coraggio che ha nel cercare la verità e nell’obbedire ad essa a qualunque prezzo e la fiducia che ripone nell’opera del Signore nella Sua Chiesa, nonostante i limiti e i peccati dei battezzati. Aspetti che risultano tanto più luminosi e credibili se messi a confronto con le critiche avanzate da voci a lui avverse. Per rilevarlo basti citare alcuni passaggi di quanto il Papa ha scritto in riferimento alle vittime degli abusi sessuali, di potere e di coscienza, compiuti da sacerdoti o persone consacrate: “Il dolore di queste vittime è un lamento che sale al cielo, che tocca l’anima e che per molto tempo è stato ignorato, nascosto o messo a tacere. Ma il suo grido è stato più forte di tutte le misure che hanno cercato di farlo tacere o, anche, hanno preteso di risolverlo con decisioni che ne hanno accresciuto la gravità cadendo nella complicità… Con vergogna e pentimento, come comunità ecclesiale, ammettiamo che non abbiamo saputo stare dove dovevamo stare, che non abbiamo agito in tempo riconoscendo la dimensione e la gravità del danno che si stava causando in tante vite. Abbiamo trascurato e abbandonato i piccoli… È imprescindibile che come Chiesa riconosciamo e condanniamo con dolore e vergogna le atrocità commesse da persone consacrate, chierici, e anche da tutti coloro che avevano la missione di vigilare e proteggere i più vulnerabili. Chiediamo perdono per i peccati propri e altrui. La coscienza del peccato ci aiuta a riconoscere gli errori, i delitti e le ferite procurate nel passato e ci permette di aprirci e impegnarci maggiormente nel presente in un cammino di rinnovata conversione”.
Queste parole denunziano senza mezzi termini la gravità delle colpe commesse e sottolineano quella non minore di aver coperto tali atrocità da parte di responsabili della vita ecclesiale: proseguendo in particolare l’opera di Benedetto XVI nel fare pulizia all’interno della comunità dei fedeli, Francesco calca la mano sull’abisso inaccettabile del male compiuto e sull’esigenza assoluta di riparazione e di purificazione. Tutto questo non può che suscitare condivisione, ammirazione e fiducia. Due osservazioni mi sembrano però necessarie perché l’azione del Papa sia di stimolo a tutti i livelli, tanto nel popolo di Dio, quanto nell’intera società: la prima è che purtroppo il clero non è la sola categoria in cui una percentuale sia pur bassa di persone ha commesso nefandezze. Stando a statistiche di pubblico dominio il numero degli abusi commessi su minori in differenti ambiti è tragicamente elevato e al primo posto come luogo dove essi avvengono ci sono le mura domestiche, avendo come protagonisti genitori e familiari. Solo dopo una dozzina di categorie di soggetti colpevoli vengono segnalati alcuni membri del clero. Quest’osservazione, che rattrista enormemente, lancia anche un doveroso allarme: chi nella società deve levare la voce e denunciare questo male lacerante, analogamente a come ha fatto il Papa nella Chiesa? Perché non si sentono denunce altrettanto forti e circoscritte? Chi copre l’orrore? Quali meccanismi inducono i media a insistere sulle colpe dei membri della Chiesa e a non evidenziare con altrettanta decisione quelle presenti nella società civile, perfino in ambiti insospettabili come quelli educativi e scolastici? Occorre promuovere un’alleanza in difesa dei più deboli, che coinvolga famiglie, educatori, operatori dei media, “influencer” e “opinion makers” (come oggi vengono chiamati coloro che possono influire sui comportamenti collettivi). Soprattutto, occorre che la nostra società risvegli in sé la vigilanza contro i fenomeni di deterioramento etico e l’impegno a favore del bene morale nei più diversi ambiti di vita. I mali denunciati e quelli che dovranno e potranno esserlo esigono una decisa reazione morale, da cui nessuno deve sentirsi estraneo o esonerato, specialmente se ha a che fare con ragazzi e giovani in ruoli formativi.
Un’ulteriore considerazione va poi tenuta presente: la denuncia del male non deve dimenticare o oscurare il tanto bene che è stato fatto e che continua ad essere quotidianamente operato. Per parlare della Chiesa si pensi all’impegno di ogni giorno di innumerevoli sacerdoti e consacrati, di catechisti ed educatori, di genitori credenti e di intere famiglie, al servizio della formazione e in compiti caritativi e di giustizia sociale ispirati al Vangelo. Il bene, però, si trova anche da tante altre parti: come dice Papa Francesco nell’esortazione “Gaudete et exsultate” sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo (19 Marzo 2018), “anche fuori della Chiesa Cattolica e in ambiti molto differenti, lo Spirito suscita segni della sua presenza, che aiutano gli stessi discepoli di Cristo” (n. 9). In campo sociale si pensi ai tanti che operano con dedizione e sacrificio nella scuola e nell’università, negli ospedali, nei centri di assistenza per chi ha bisogno, nelle case di accoglienza per anziani e disabili, ed anche a coloro (e vorremmo fossero tanti e sempre di più…) che vivono l’azione politica come servizio generoso e disinteressato al bene comune. A tutti è richiesto l’impegno per far crescere nelle menti e nei cuori la decisione di agire al servizio di chi ha bisogno e per diffondere la convinzione che fare il bene non solo è bene ma fa bene, a sé stessi e all’intera società. La radice di ogni male possibile sta nel sottrarsi a un simile appello. L’inizio di un nuovo domani per tutti sta nel rispondervi senza lentezze o esitazioni.
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Mons. Bruno Forte è Arcivescovo di Chieti-Vasto.

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Bruno Forte

Arcivescovo di Chieti-Vasto

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