Cells in a jail

Pixabay CC0 - TryJimmy, Public Domain

Misericordia: riconciliazione tra vittime e colpevoli. Grazie a Prison Fellowship Italia

Il 12 marzo, un detenuto del Carcere di Opera compierà un gesto simbolico per onorare le vittime di reato. Lo stesso giorno, a Peschiera Borromeo, un incontro per illustrare il Progetto “Sicomoro”

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Per alcune ore, il prossimo sabato 12 marzo, Ciro, detenuto del Carcere di Opera (MI), lascerà la prigione dove è rinchiuso perché desidera compiere un gesto che per lui, condannato a “fine pena mai”, è estremamente importante. Ciro ha chiesto e ottenuto di deporre un fiore sulla tomba di Andrea che oggi avrebbe 21 anni.
La sua mamma, Elisabetta, ha partecipato al “Progetto Sicomoro” (Building Bridges) presso il Carcere di Opera per urlare ai detenuti il suo dolore e chiedere riparazione. Così Ciro, che non ha modo di riparare al male che personalmente ha procurato, ha chiesto di compiere questo gesto simbolico, ma estremamente significativo, per onorare tutte le vittime di reato.
Nello stesso giorno, presso la Sala Convegni della Parrocchia San Carlo, piazza Paolo VI di Peschiera Borromeo (MI), dopo la celebrazione della Santa Messa alle 10, si terrà un incontro aperto a tutti per illustrare il Progetto di Giustizia Riparativa “Sicomoro” e ascoltare la testimonianza di Ciro e di alcune vittime di reato.
All’incontro parteciperà il notaio Marcella Reni in qualità di presidente di Prison Fellowship Italia Onlus, l’Associazione che da anni porta avanti con successo in tutta Italia il Progetto Sicomoro, e Arnoldo Mosca Mondadori, Presidente della “Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti” che ha iniziato nel Carcere di Opera il progetto “Il senso del Pane”, la produzione di ostie da parte di alcuni detenuti, uno dei quali è Ciro.
L’incontro tra vittime e detenuti – dice il presidente Reni – non è mai facile e indolore; tuttavia sia le une che gli altri, dopo la partecipazione al Progetto Sicomoro, testimoniano la guarigione dalle ferite causate dal reato (le vittime) e l’assunzione di una piena consapevolezza del danno arrecato e il desiderio di riparare (i detenuti)”.

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ZENIT Staff

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