Mille anni sono come un giorno solo davanti a Dio

Intervista al priore dei camaldolesi, padre Alessandro Barban, nel millennio dalla fondazione

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ROMA, martedì, 17 luglio 2012 (ZENIT.org).- Fondati mille anni fa da San Romualdo, monaco benedettino ed eremita, il Sacro Eremo e il Monastero di Camaldoli sono immersi nella suggestiva foresta dell’appennino tosco-romagnolo.

Vi sorgono due realtà diverse: la comunitaria del monastero e quella solitaria dell’eremo che formano una sola comunità, la quale trova le sue radici nell’antica tradizione dell’oriente cristiano e dell’occidente che si riconosce in San Benedetto.

In questo millenario della loro fondazione, Zenit ha chiesto al priore generale dei Camaldolesi, padre Alessandro Barban, originario di Ferrara, sacerdote, laureato in storia contemporanea a Bologna, con studi di teologia a Roma a Sant’Anselmo e alla Gregoriana, attratto dal Signore giovanissimo e monaco dal 1989, come stanno vivendo questo evento.

Un ordine che compie mille anni: emozionante, vero?

Padre Barban: Ho chiesto ai miei confratelli di viverlo con molta umiltà e di non cadere nel rischio di una autoglorificazione o di fare discorsi un po’ apologetici, perché mille anni sono come un giorno solo davanti a Dio, come dice la lettera a Pietro. E quindi dobbiamo mettere in conto che è vero che per la storia mille anni sono tanti, ma dobbiamo mantenere i piedi per terra, essere umili, essere consapevoli anche della nostra marginalità, del nostro numero ridotto, perché composta da cento membri in tutto il mondo. Il Signore ci ha benedetto in questi mille anni e spero continuerà a benedirci, ma siamo consapevoli dei nostri limiti, delle potenzialità che possiamo avere ma anche della situazione oggettiva delle nostre case e congregazione.

Quale è il carisma vostro attraverso i secoli ma forse principalmente oggi?

Padre Barban: Il nostro carisma è un po’ complesso, perché abbiamo sia la vita cenobitica, con il nostro monastero a ottocento metri di altitudine, sia la vita di stampo eremitico e parlo del nostro eremo a milleduecento metri. Poi abbiamo un terzo bene, come lo chiamiamo noi. Il primo consiste nella vita comunitaria, il secondo nella vita solitaria, mentre il terzo bene è quello dell’evangelizzazione.

Si riferisce all’ospitalità e ai corsi che si svolgono nelle vostre case?

Padre Barban: Ecco perché le nostre comunità, le nostre foresterie sono un “polmone” molto aperto, una realtà di accoglienza di formazione, di teologia, di Bibbia, di cultura generale. Abbiamo questo aspetto di non poco conto come l’incontro con l’uomo e la donna di oggi, pratichiamo anche una ospitalità che ha una finalità di evangelizzazione.

So che svolgete anche un importante lavoro ecumenico e interreligioso…

Padre Barban: Sì, da circa trent’anni abbiamo ogni anno una settimana dedicata al dialogo ebraico cristiano. Siamo stati i primi a iniziare questo cammino in Italia, questa forma di dialogo stretto e unico tra cristiani, cattolici ed ebrei.

E come monaci?

Padre Barban: Come monaci siamo molto aperti alle tradizioni delle Chiese orientali e ortodosse. È chiaro che, essendo monaci, siamo nati prima della divisione tra il mondo latino e il mondo greco, bizantino. Quindi noi conserviamo, in qualche modo, un legame con la tradizione monastica e teologica e con le Chiese ortodosse bizantine.

Si tratta, quindi, di un dialogo ecumenico ma anche interreligioso?

Padre Barban: Il fatto che abbiamo una casa anche in India, fa sì che portiamo avanti un dialogo interreligioso, perché la maggioranza degli indiani sono ovviamente induisti. Essendo presenti in India, come monaci siamo in contatto con la tradizione monastica indù ma anche con quella buddista, quindi ci troviamo in un contesto di accoglienza e comprensione.

La Nuova Evangelizzazione si svolge soltanto con la preghiera o anche con il contatto diretto?

Padre Barban: Come monaci camaldolensi nella nostra regola innanzitutto abbiamo il silenzio e la preghiera ma questo non ci isola, non cerchiamo la separazione dal mondo ma il confronto, attraverso il dialogo e l’ospitalità. Noi pratichiamo l’ospitalità, sia con persone in qualche modo credenti, sia con i cattolici convinti, sia con persone che sono in ricerca. Ci sono tante persone che fanno fatica a mettere piede in una chiesa cattolica, forse non vanno più a messa o hanno difficoltà con la propria fede. Forse però, in un ambiente come il nostro, si sentono più a loro agio. Quindi svolgiamo una pratica di ospitalità e di accoglienza di queste persone che sono alla ricerca di un chiarimento anche interiore del loro essere cattolici, cristiani o credenti.

Che tipo d accoglienza offrite?

Padre Barban: Noi offriamo vari tipi di ospitalità. Qui all’Eremo è per coloro che vogliono coltivare la preghiera e il silenzio, quindi dei ritiri spirituali. Invece al monastero sono previste delle settimane organizzate. Le persone si iscrivono perché sono interessate a un tema o a una certa settimana, con contenuti specifici. L’ospitalità si svolge nell’arco di una settimana. Poi in qualche modo permettiamo anche i ritiri di sacerdoti, suore, eccetera.

Quindi studio e silenzio?

Padre Barban: Si alternano tutte queste cose, quindi abbiamo una dimensione più di studio nella proposta di ospitalità del monastero ma nell’eremo la dimensione è più contemplativa, incline al silenzio, alla preghiera e alla meditazione.

Siete l’ordine monastico più antico?

Padre Barban: Non so se siamo i più antichi tra gli ordini monastici ma sicuramente siamo tra i pochissimi con una storia millenaria.

Per prendere contatto con i monaci camaldolesi e vivere alcuni giorni di preghiera e ritiro a contatto con la loro comunità, è possibile visitare il loro sito www.monasterodicamaldoli.it.

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ZENIT Staff

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