Messa d'Investitura a Tahiti

Laici di una Chiesa dinamica fieri di prestare il loro servizio

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di p. Alfonso M. A. Bruno

ROMA, domenica, 29 luglio 2012 (ZENIT.org) – La Chiesa in Polinesia è in festa per la “Messa d’Investitura” celebrata nella chiesa Maria No te Hau (Maria Regina della Pace) di Papeete a Tahiti la sera del 27 luglio 2012. E’ un appuntamento annuale che raduna migliaia di fedeli e nel quale vengono conferiti i ministeri straordinari della comunione, del lettorato e del canto a laici di buona volontà in una regione del mondo dove i preti cattolici scarseggiano e dove i missionari stranieri, sempre più anziani, stanno oramai rientrando quasi tutti in patria.

Quest’anno sono circa una cinquantina gli uomini e le donne messi al servizio del popolo di Dio nelle differenti mansioni liturgiche e catechetiche. Singolare è in Polinesia, specie nelle isole più remote e isolate, l’esistenza dei cosiddetti “katekita” che in assenza di ministri del culto sacerdoti o diaconi, in comunione anche cronologica con la parrocchia di riferimento, dove magari si sta celebrando il Santo Sacrificio, assumono la guida di una comunità locale di cattolici che beneficiano almeno della proclamazione della Parola di Dio e della distribuzione della Santa Comunione.

L’epopea dell’evangelizzazione nell’attuale Polinesia francese iniziò nel XVIII secolo con l’arrivo dei primi esploratori spagnoli guidati dal comandante Bonicea e dei francescani Geronimo e Narciso che celebrarono la prima S. Messa nell’isola di Tahiti nel 1775. Un secolo più tardi, con l’avvento dei francesi ai quali il re Pomare V regalò l’isola, gli Oblati di Maria Immacolata (OMI) e i preti dei Sacri Cuori (Picpus) inaugurarono le loro missioni in quest’area del Pacifico. Il più celebre di essi fu S. Damiano Veuster che spese la sua esistenza tra i lebbrosi della non lontanissima isola di Molokai.

I polinesiani, per loro indole accoglienti e religiosi, sopperiscono alla crisi vocazionale con un atteggiamento dinamico e recettivo del Vangelo e con  l’assunzione di un forte senso di responsabilità e di Chiesa che li rendono in questo senso una “comunità laboratorio”. La preoccupazione per l’aumento delle vocazioni e la presenza di più pastori, rimane l’urgenza maggiore, soprattutto in quest’ultimo anno che vede al governo della diocesi come amministratore apostolico il dinamico mons. Bruno, dopo i raggiunti limiti di età di mons. Huber Coppernath, fratello di mons. Michel Coppernath che pure fu arcivescovo di Papeete.

A lui si deve il merito anche del beneplacito sulla creazione della radio cattolica “Maria No Te Hau” che sorta sempre per spontanea iniziativa di laici, sta cercando oggi un sempre maggior consolidamento nello spazio mediatico nazionale con una revisione del palinsesto e un potenziamento dell’apparato tecnico. Quest’estate sono in tournée missionaria a Tahiti, Moorea e Reatea, due frati francescani dell’Immacolata italiani che oltre ad offrire l’aiuto pastorale e formativo ai cristiani dell’arcipelago, stanno contribuendo alla formazione dei Terziari francescani della Polinesia, guidati dalle ferventi e diligenti Monache Clarisse di Papeete, ma privi in loco di un pur solo prete religioso della loro spiritualità.

Oltre all’esercizio del ministero sacerdotale con S. Messe, confessioni, battesimi, visite ad ammalati e predicazioni, la presenza dei Frati Francescani dell’Immacolata, invitati dall’Amministratore Apostolico e dai Terziari, è stata la benvenuta sia per gli incontri formativi alla “Scuola della fede” che inizia al futuro impegno ecclesiale i “katekita” che hanno appena ricevuto l’investitura, sia per la consulenza professionale a favore della radio cattolica, essendo specialisti nel campo dei media che rappresenta il loro settore specifico di apostolato, sull’esempio di S. Massimiliano M. Kolbe.

L’auspicabile apertura di una loro missione a Tahiti rinnoverebbe dopo trecento anni la purtroppo interrotta presenza francescana sull’arcipelago della Polinesia che pertanto tanti frutti di “pace e di bene” ha saputo apportare nel cuore del Pacifico, in una regione così lontana dal resto del mondo, quanto così vicina al comune immaginario collettivo di un paradiso terrestre, per le sue bellezze naturali, l’ambiente ospitale e la bontà innata dei cordiali abitanti. 

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ZENIT Staff

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