Meriam sogna di incontrare Papa Francesco

La madre cristiana, condannata a morte in Sudan, ancora rifugiata con la famiglia nell’ambasciata statunitense di Khartum in attesa di poter lasciare il paese

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Oltre alla piena e definitiva libertà, c’è un altro desiderio nel cuore di Meriam Yahya Ibrahim: incontrare Papa Francesco. La madre cristiana sudanese, la cui triste vicenda ha tenuto il mondo con il fiato sospeso per mesi, si trova ancora nell’ambasciata statunitense di Khartum dove, dal 26 giugno, è in attesa di poter lasciare il Sudan insieme al marito, Daniel Wani, e ai due figli Martin e Maya, partorita durante la prigionia.

Proprio lì l’ha incontrata Antonella Napoli, presidente di Italians for Darfur, ong italiana tra le più attive nel chiedere la liberazione della 27enne condannata a morte per apostasia. L’attivista italiana ha fatto visita due giorni fa a Meriam e alla sua famiglia, nella stanza loro riservata dall’ambasciata, e ha raccontato tutti i dettagli dell’incontro al quotidiano della CEI Avvenire.

Prima della Napoli solo il vice-ministro degli Esteri, Lapo Pistelli, aveva potuto incontrare la giovane, liberata alcune settimane dopo circa dieci mesi di persecuzioni e sofferenze in un carcere sudanese. La donna era stata condannata all’impiccagione da un tribunale di Khartum per apostasia; per i giudici era “colpevole” di essersi convertita al cristianesimo sposando, nel 2011, un uomo cristiano nonostante il padre fosse musulmano (in reltà, il padre ha lasciato la famiglia quando Meriam era piccola e lei è stata cresciuta nella fede dalla madre cristiana). Un matrimonio “illegale” per la sharia, il diritto islamico, per cui la giovane era stata condannata anche a 100 frustrate per adulterio.

“Come può una forza tanto grande essere racchiusa in un corpo così minuto?”, ha pensato infatti Antonella Napoli appena ha visto entrare nella stanza Meriam con in braccio il piccolo Martin. “È stato un privilegio”, ha dichiarato al quotidiano italiano, e ha raccontato di aver visto sul pavimento della stanza “4 o 5 borse, mezzo aperte. Come chi potrebbe andar via da un momento all’altro”.

Meriam e Daniel sono da giorni pronti a lasciare il Sudan per volare verso gli Stati Uniti, nel New Hempshire esattamente, dove l’uomo trascorre vari periodi dell’anno. I bagagli e i biglietti erano già stati preparati il 22 giugno, giorno della liberazione di Meriam, ma in aeroporto, il giorno successivo, la polizia sudanese ha bloccato la giovane accusandola di voler lasciare il Paese con un passaporto falso.

Ora la coppia vive nella speranzosa attesa che la situazione si risolva al più presto, anche se i tempi in Sudan sono sempre relativi. Ancor di più con il Ramadan in corso che contribuisce a dilatarli ulteriormente. In questi giorni, però, Meriam e la sua famiglia progettano il futuro e sognano di poter vivere quei momenti felici che una ingiusta legge ha finora rubato.

Uno di questi potebbe essere un viaggio in Italia: “Sarebbero molto felici di visitare l’Italia, in particolare il Vaticano”, ha confermato Antonella Napoli, “poter incontrare il Papa sarebbe poi una gioia immensa per Meriam e Daniel, entrambi molto credenti”.

L’attivista ha poi riferito di aver domandato alla giovane madre “se la prigionia avesse in qualche modo cambiato il suo rapporto con la religione”. E Meriam, con la stessa forza d’animo con cui nel processo in tribunale rifiutò di abiurare il cristianesimo, ha risposto con prontezza: “No. Le difficoltà non hanno minato la mia fiducia profonda in Dio. Sarà Lui a guidarmi”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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