Meno male che Cristo cè

Padre Gheddo spiega perché il Vangelo è motore di sviluppo?

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di Piero Gheddo

ROMA, lunedì, 14 novembre 2011 (ZENIT.org).- Dall’inizio di novembre è in libreria il volume “Meno male che Cristo c’è” (Editrice Lindau, Torino, pagg. 330), scritto in collaborazione con Gerolamo Fazzini, che mi ha provocato con le sue domande. La tesi è nel sottotitolo: ”Vangelo, sviluppo e felicità dell’uomo”, come sostengo da almeno 50 anni. Negli anni sessanta e poi in seguito, visitando le missioni in paesi poveri, sentivo spesso ripetere da missionari, fratelli e suore: “Qui ci vorrebbe il Vangelo” e mi spiegavano perché. Il beato Clemente Vismara scriveva: “Qui c’è da rifare tutto l’uomo”.

Tornando poi in Italia, scoprivo che la tesi dominante era l’opposto. La responsabilità della miseria imperante fra i diseredati della terra era quasi tutta attribuita all’Occidente cristiano: colonizzazione, multinazionali, rapina delle materie prime, debito estero, ecc. E scrivevo, fin dall’inizio degli anni sessanta, che la radice della fame e della miseria è soprattutto interna ai singoli popoli: mancanza di istruzione, di libertà e soprattutto di Vangelo. Insomma: il primo aiuto che possiamo dare ai popoli poveri è il Vangelo, i missionari sono i primi promotori di sviluppo perchè anzitutto e soprattutto annunziano Gesù Cristo, come ha scritto Benedetto XVI nella “Caritas in Veritate” (nn. 8, 11, 13, 16-18, 78). Poi fanno anche tutte le opere di carità e di promozione umana, ma se manca il Vangelo manca la radice dello sviluppo autentico, che cambia il cuore dell’uomo e la società in cui vive.

“Meno male che Cristo c’è” dimostra la verità storica e attuale di questa lettura non ideologica ma esperienziale: solo lo sviluppo secondo il Vangelo è autenticamente umano. Su “Il Nostro Tempo”, settimanale cattolico di Torino, trovo l’articolo di don Mario Prastaro, sacerdote diocesano torinese “fidei donum” missionario in Kenya, che dimostra con la sua esperienza la verità di questa tesi (“La Buona Novella agli ultimi”, N.T. del 6 novembre 2011).

Don Mario scrive: “Quando ero in vacanza in Italia, spesso mi chiedevano cosa facciamo di bello per i nostri Samburu…e si aspettavano la lunga lista di opere caritative: costruzioni, pozzi, scuole, bambini malnutriti, progetti sanitari… Mi sembra che non colgano la vera essenza della missione, che è anzitutto annunziare il Vangelo, e che in fondo esprimano un’idea di sviluppo che non è corretta… Ecco cosa oggi mi appare di una evidenza lampante: la vera via per lo sviluppo è il Vangelo, ciò che veramente trasformerà il mondo rendendolo un luogo migliore sarà solo e soltanto il Vangelo, perché la forza dello sviluppo è la fede in Gesù. Io questo l’ho visto con i miei occhi”.

E poi don Mario continua: “Se è vero che il mondo è quello che è a causa del peccato, e se è vero che il peccato ha iniziato a rovinare il mondo fin dai suoi inizi, allora vuol dire che il mondo potrà essere diverso nella misura in cui ogni singola persona inizierà un cammino diverso da quello iniziato da Adamo ed Eva”. In altre parole, i missionari sono chiamati a “innestare il vero cambiamento nella vita dei poveri…. che non è principalmente di carattere materiale, poiché solo un cuore e una mente nuova, anche in situazioni disperate, possono produrre una vita nuova e diversa. Solo il Vangelo può innestare veri e duraturi processi di sviluppo”.

E racconta la sua esperienza: “Spesso agenzie di sviluppo si sono presentate nella nostra zona proponendo il loro progetto di sviluppo e, per convincere la gente, facevano riferimento ad un tenore di vita più alto e comodo e ai vantaggi materiali che ciascuno ne avrebbe avuto. Queste agenzie di sviluppo hanno realizzato il loro progetto mobilitando e coinvolgendo le comunità, hanno fatto arrivare alla base i loro cospicui fondi con onestà e trasparenza… Un mese dopo la loro partenza, la comunità era praticamente allo stesso punto di prima… L’errore non era di carattere tecnico, ma vi era una debolezza di fondo che vanificava tutto il corretto processo e stava nelle motivazioni di fondo che avevano spinto la comunità ad accettare la realizzazione del progetto. La debolezza di fondo sta nel pensare che quanto mi viene proposto porta a me vantaggio qui e ora, che mi permette di godere di un temporaneo benessere. Ma alla fine tale motivazione non mi ha fatto cambiare il mio modo di guardare alla vita, la mia scala di valori, il senso che do alle cose che faccio, il modo in cui mi rapporto con gli altri e affronto le inevitabili difficoltà; mi ha semplicemente offerto una tecnica per avere un vantaggio materiale qui e adesso… Il Vangelo, poiché richiama alla conversione, è in grado di innestare processi di sviluppo di tutt’altra natura, poichè mette anzitutto in discussione il mio modo di rapportarmi a Dio, agli altri e al creato. Mi invita a non vivere autocentrato, ma a guardare agli altri con gli occhi e il cuore dell’amore…

“L’amore è l’essenza ultima del messaggio del Vangelo ed è l’essenza stessa di Dio… Nel momento in cui il Vangelo viene annunciato e viene accolto, la persona si apre all’amore: ecco, in questo preciso momento si innesca un processo irreversibile e fortissimo di sviluppo. La persona è diversa, ha trovato in sé una nuova motivazione e una forza che prima era celata non si sa dove e ora è in grado di mettersi in movimento con quella tenacia e pazienza del contadino che sempre porta ad un raccolto abbondante. C’è di più, nel momento in cui faccio l’esperienza di essere amato, e solo Dio mi ama veramente e perfettamente, ritrovo la mia dignità e la dignità di ogni persona che è vicino a me. Ridare dignità alle persone è uno dei grandi frutti dell’evangelizzazione e dell’azione missionaria. E quando ad una persona è ridata la sua dignità, anche nella sua estrema povertà inizia a vivere diversamente e dunque mette ancora una volta in moto un processo di sviluppo….”.

Don Mario continua in questo racconto della sua esperienza. L’augurio è che i molti missionari e missionarie italiani che annunziano la Buona Novella del Vangelo in ogni parte del mondo seguano il suo esempio e diano testimonianza in Italia della loro esperienza di evangelizzatori. Anche per “dare una mano” alla “nuova evangelizzazione” del nostro popolo italiano: per uscire dalla multiforme crisi in cui si dibatte il nostro paese (economica, politica, occupazionale, mancanza di speranza e di ideali, famiglie che si sfasciano, scuole che informano ma non educano, ecc.), la prima ricetta è che dobbiamo tutti ritornare a Gesù Cristo e ad una vita secondo il suo Vangelo.

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ZENIT Staff

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