Medio Oriente: milioni di studenti rischiano l'anno scolastico

Un dossier diffuso dalla Croce Rossa Italiana e dalla rete Agire richiama l’attenzione sull’emergenza istruzione provocata dalle convulsioni che sconvolgono Gaza, Siria e Iraq

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In tutto il Medio Oriente i conflitti, le migrazioni forzate, le distruzioni di edifici scolastici e la loro trasformazione in luoghi utilizzati per ospitare i rifugiati, rischia di compromettere il futuro di un’intera generazione di giovani.

A Gaza, 240 mila studenti non sono tornati a scuola il 24 agosto come programmato, ma dovranno aspettare il prossimo 14 settembre per ritornare nelle proprie aule. Nel solo Kurdistan iracheno circa 190mila bambini non potranno andare a scuola. In Iraq – sottolinea infatti l’agenzia Fides – oltre mezzo milione di profughi costretti a lasciare le proprie case davanti all’avanzata dei jihadisti sono in età scolare e almeno 2.000 scuole sono occupate da famiglie e gruppi di sfollati. In Siria, pure, dall’inizio del conflitto, almeno 3 milioni di bambini hanno dovuto abbandonare il percorso scolastico. Una scuola su cinque è inutilizzabile, mancano libri, banchi, servizi igienici e, in molte aree del Paese, non ci sono insegnanti disponibili.

L’allarmante scenario è tracciato in un dossier diffuso dalla Croce Rossa Italiana e dalla rete Agire (Agenzia Italiana per la Risposta alle Emergenze) che vuole richiamare l’attenzione sull’emergenza istruzione provocata dalle convulsioni che sconvolgono la regione mediorientale. “Il problema – si legge nel resoconto pervenuto a Fides – non riguarda esclusivamente i minori che in questi Paesi sono sfollati o rifugiati, ma anche i tanti ragazzi residenti nelle zone dove le popolazioni in fuga hanno cercato salvezza”.

“Gli edifici scolastici – prosegue il testo -, quando non sono stati distrutti o danneggiati o utilizzati come basi dei gruppi armati, vengono spesso occupati dalle comunità di sfollati. Si tratta in molti casi di una scelta obbligata: i campi profughi sono spesso sovraffollati o versano in condizioni precarie, e gli unici rifugi possibili per chi non viene ospitato in abitazioni private restano i parchi, gli edifici abbandonati o le scuole”.

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ZENIT Staff

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