"Mater amabilis, ora pro nobis!"

Padre Apollonio spiega la bellezza di Maria

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di padre Alessandro M. Apollonio, FI

ROMA, mercoledì, 5 dicembre 2012 (ZENIT.org) – Cos’è che rende sommamente amabile Maria? La sua somma santità. Ma la santità è una qualità divina, per sé invisibile. Nei santi, però, acquista anche una certa visibilità e questo è un grande vantaggio per

noi. Ora, la qualità visibile dei santi che meglio rappresenta la santità invisibile è la bellezza. Non si tratta, qui, della bellezza sensuale che spinge al peccato, ma della bellezza casta e verginale che eleva a Dio mente e cuore.

Le donne dell’Antico Testamento che prefiguravano la Vergine Maria erano tutte belle di aspetto: Sara (cf Gen 12,11), Rebecca (cf ivi, 24,14), Rachele (cf ivi, 29,17), Ester (cf Est 2,7), Giuditta (cf Gdt 8,7). La Vergine Maria, da parte sua, le supera tutte: «Chi è costei che sorge come l’aurora, bella come la luna, fulgida come il sole?» (Ct 6,10).

Il servo di Dio John Henry Newman, nella sua opera Janua coeli, ci aiuta a capire il genere di bellezza trascendente di cui stiamo parlando; egli afferma che Maria è amabile più di tutti i santi perché Ella sola possiede una bellezza completa in tutti i sensi.

«La sua santità era tale che, se a noi fosse dato di vederla o di capirla, altro non potremmo rispondere, a chi ce ne interrogasse al riguardo, se non che essa era del tutto angelica, celestiale, perfetta. Il suo volto era il più venusto che si potesse vedere, ma se noi l’avessimo veduto, non avremmo potuto ricordarci se fosse stato bello o no».

«Noi non avremmo neppure potuto ricordarci alcuni dei suoi tratti fisionomici, perché era la sua anima bella e senza macchia quella che traspariva dai suoi occhi, quella che parlava per la sua bocca, quella che si coglieva nella sua voce e che la penetrava per intero. […] Era la sua anima immacolata quella che attraeva a lei […]».

«In tutto ciò che faceva e diceva, nel suo aspetto esterno, nel suo comportamento, nella sua fisionomia, c’era una divina armonia che incantava ogni cuore sincero cui era dato d’avvicinarla. La sua innocenza, la sua modestia, la sua semplicità, la sua sincerità, la sua dirittura, l’oblio di se stessa, il suo interesse spontaneo per quanti incontrasse per via, la sua purezza, erano le virtù che tanto la rendevano amabile».

Perciò Maria è la Madre del bell’amore, dell’amore puro e casto, che inebria l’anima di dolcezza celestiale e la libera dai fermenti della concupiscenza.

Anche i santi più grandi, in qualche aspetto della loro santità, sono rimasti un po’ incompleti; hanno raggiunto l’eroismo, ma non tutte le virtù sono state praticate con lo stesso grado massimo di intensità.

In Maria, invece, tutto è equilibrato ed elevato all’estrema perfezione possibile alla natura umana. Nel contemplare le eccelse prerogative della Vergine, san Francesco di Sales esclamava: «Santissima Madre di Dio, […] voi siete la più amabile, la più amante e la più amata di tutte le creature!».

Tutti i veggenti che hanno avuto l’invidiabile sorte di vedere con i loro occhi la Madonna concordano nell’affermare l’amore irresistibile suscitato dalla sua bellezza soprannaturale. Il 9 dicembre 1531, Ella apparve a san Juan Diego, un indios d’umile condizione sociale, mentre si recava al convento dei frati francescani, che sorgeva presso Città del Messico.

Tre giorni dopo, il 12 dicembre dello stesso anno, la Vergine Santissima lasciò impresso sul mantello del veggente la dolcissima immagine della sua venerabile persona. La bellezza stupefacente di quel ritratto acheropita (non dipinto da mano d’uomo) ha convertito, nel giro di pochi anni, l’intera popolazione messicana, costituita da milioni di indios, prima dediti all’idolatria e al sacrificio umano.

Tra le altre cose, la Madonna di Guadalupe rivelò: «Come una madre, piena di compassione verso di te ed i tuoi simili, mostrerò la mia amorevole clemenza per questa gente e per coloro che mi amano e mi cercano; ascolterò le suppliche e i lamenti di tutti coloro che chiederanno la mia protezione e mi invocheranno nelle loro pene e afflizioni; li consolerò e li aiuterò».

L’arte pittorica bizantina esprime questi concetti nell’icona della Madonna della tenerezza, detta Glycofilousa, dove il Bambino Gesù bacia teneramente e stringe al collo la Vergine Madre.

Una persona egoista, incentrata su se stessa, anche se forbita nei modi, elegante nel tratto e avvenente d’aspetto, non è amabile. In Maria non c’è l’ombra dell’egoismo, il suo centro è Dio. Nulla vi è in Lei di incompleto, nulla che offuschi la sua bellezza, la sua amabilità.

La completezza, l’armonia, l’integrità del suo essere creaturale la rendono, a detta di sant’Anselmo, il capolavoro della natura e della grazia, la creatura più bella e, dunque, più amabile che mente umana possa concepire.

Per ogni approfondimento “Le litanie Lauretane, preghiera mariana, preghiera della Chiesa”, edito da Edizione Casa Mariana 2012

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ZENIT Staff

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