Disegno del maestro Carmelo Raco

Maria Goretti: il martirio di una giovane che comprese il vero senso della vita

Nel gesto del martirio di santi come la giovane Maria rifulge la testimonianza dell’immortalità

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Maria Goretti nacque a Corinaldo (Ancona) il 16 ottobre 1890, secondogenita di sei figli. I suoi genitori, Luigi Goretti e Assunta Carlini, decisero di trasferirsi dalla Marche verso l’agropontino per cercare terreni adatti alla coltivazione. Il basso Lazio versava in situazioni di abbandono e degrado a causa dell’incuria delle terre paludose nelle quali inevitabilmente era molto diffusa la malaria. A causa di questo ambiente malsano, il papà Luigi nel 1900 si ammalò e morì in breve tempo.
Sua madre Assunta si trovò solo a portare avanti la famiglia, e fu obbligata a proseguire l’attività di suo marito nel duro lavoro dei campi. Affidò perciò a Maria l’incarico di occuparsi dei fratelli e di dedicarsi interamente alla gestione della casa. Il cambiamento radicale della sua situazione familiare fu vissuto dalla giovane sempre con fede umile e sincera. La pace interiore di Maria era alimentata da un perseverante dialogo con Dio attraverso la preghiera del cuore, la vita contemplativa della bellezza del creato, la lode gioiosa per il dono della vita, dalla recita quotidiana della preghiera del Santo Rosario, dalla partecipazione alla liturgia eucaristica e, non ultimo, dal servizio attento e premuroso verso i fratelli e le sorelle.
L’animo di Maria, malgrado la sua tenera età, era quel terreno fertile liberato dalla durezza interiore, dalle preoccupazioni del mondo, dalle seduzioni delle ricchezze, dalle spine del senso di abbandono che soffocano la volontà di Dio. Il suo cuore ebbe notevoli benefici spirituali attraverso la partecipazione alla prima Comunione, ricevuta all’età di 12 anni. L’occasione del primo incontro con il Signore Risorto presente nell’Eucarestia costituì per Maria una conferma della sua missione e del suo apostolato: rimanere sempre unita a Gesù, come la vite ai tralci, preferendo di essere potata piuttosto che essere tagliata e perdere quella relazione vitale con il suo Dio.
Maria espresse in cuore suo il santo proposito di preferire la morte piuttosto che offendere Dio commettendo il peccato. Questo era per lei il significato della partecipazione all’Eucarestia: offrire la propria vita sull’esempio di Cristo che ha donato la sua vita, come il chicco di grano caduto per terra che morendo non rimane solo ma produce molto frutto. Per lei lo spezzare il pane eucaristico significava partecipare in qualche misura al sacrificio di Gesù Cristo. Dio la stava preparando al compimento della sua missione.
Alessandro Serenelli, un giovane di 18 anni, che era da tempo amico di Maria, cercò di approfittare di lei e di violentarla. Maria Goretti cercò con tutte le sue forze di respingere quell’aggressione carnale.  La reazione di Serenelli fu molto violenta, infliggendole 14 coltellate con un punteruolo. Maria Goretti fu subito portata in ospedale, ma le sue condizioni risultarono molto preoccupanti. Dopo l’operazione subita, ancora cosciente, ebbe il tempo e il coraggio di perdonare il suo assassino, sussurrando a sua madre, che era accanto a lei: “Per amore di Gesù gli perdono; voglio che venga con me in Paradiso”. Sul letto di morte fu iscritta tra le Figlie di Maria, ricevette gli ultimi sacramenti e lasciò questo mondo per essere accolta tra le braccia di Dio Padre nella comunione dei santi. Era il 6 Luglio del 1902. Maria Goretti fu proclamata santa nel 1950 da Papa Pio XII.
L’epilogo della vita della giovane lascia comprendere l’intensità e l’autenticità dell’amore che provava nel suo cuore per Dio Padre e per suo figlio Gesù Cristo. Quella carità costituiva che per lei era un tesoro prezioso da custodire nel suo intimo.
La lettura della storia di Maria Goretti appare fallimentare ed esagerata agli occhi del mondo: resistere ad una aggressione a tal punto da perdere la propria vita appare un atto eccessivo ed insensato secondo il parere di molta gente. Un gesto anacronistico, come quello – per portare un esempio dei nostri giorni – dei cristiani copti martirizzati in Libia  davanti alla coste del mar Mediteranneo che hanno preferito rimanere fedeli al loro credo piuttosto che apostatare la fede cristiana.
Anche se il mondo non comprende questa fedeltà assoluta e trascendente, la Chiesa riconosce la grandezza dei suoi figli, nutrendo la certezza che la vita con morte non è tolta ma trasformata. La Chiesa invita i suoi fedeli a venerare questi martiri e a vedere le opere di vita e di conversione che scaturiscono da questi sacrifici. Alessandro Sabelli dopo un lungo periodo di reclusione, nel quale ebbe modo di pentirsi del male commesso, ebbe la grazia di chiedere perdono a mamma Assunta e di crescere nel desiderio di raggiungere il paradiso, così come Maria Goretti aveva chiesto a Dio prima di esalare l’ultimo respiro.
I martiri della Chiesa copta costituiscono per i fedeli egiziani un segno di continua speranza a rimanere fedeli alla fede cristiana malgrado le persecuzioni e le violenze subite da alcuni gruppi fondamentalisti del loro paese. La memoria viva del martirio non è solo un semplice ricordo, un atto di commiserazione umana, un esaltare l’eroicità di un essere umano, venerare e celebrare la vita di un martire significa chiedere a Dio di seguire il suo esempio di santità, imitarne le virtù eroiche, ricevere lo stesso spirito di coraggio e mitezza, ed infine avere l’umiltà di affidarsi all’intercessioni di quel santo che vive accanto a Dio ricordandosi di coloro che affidano alla sue preghiere.
Oltre al martirio fisico esiste quello spirituale, ed insieme sono la più alta testimonianza cristiana. Agli occhi del mondo sembrano debolezze, sconfitte e delusioni. Ma, vivere la santa rassegnazione con cuore fiducioso è un atteggiamento spirituale che costituisce la più grande testimonianza nel credere alla vita eterna, nella fede nella resurrezione della carne.
Credere nella continuità della vita dopo la morte è un dono della grazia che Dio vuole offrire a tutti gli uomini, i quali restano sempre liberi di accettare il dono della vita eterna. La testimonianza dell’immortalità rifulge proprio nel gesto del martirio e nei tanti segni che avvengono per l’intercessione di questi santi, dimostrando al mondo che essi vivono per sempre accanto a Dio, l’unica sorgente eterna della vita.

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Osvaldo Rinaldi

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