Maria Cristina di Savoia e la sua "concretezza evangelica" (Seconda parte)

A pochi giorni dalla cerimonia di beatificazione della “Reginella Santa”, ne tracciamo un profilo con il postulatore, padre Giovangiuseppe Califano

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Che moglie fu Maria Cristina?

La regina sabauda fu per il giovane sovrano di Napoli la compagna ideale, ricca di premure, di saggi consigli, lieta e serena. Comunicò la ricchezza della sua fede allo sposo, ai familiari, al personale di corte, mantenendo le religiosi abitudini che da sempre l’avevano contraddistinta. Con il suo buon carattere seppe comporre le tensioni familiari e creare un clima di distensione e di reciproco rispetto. Come moglie e come sovrana desiderò e attese il dono della maternità per poter dare alla luce l’erede. Fu solo nella primavera del 1835, dopo più di due anni di matrimonio, che Maria Cristina avvertì in sé la presenza di una nuova vita. Misteriosamente avvertiva il presagio di una morte imminente, per cui dispose di tutte le sue cose, raccomandando la carità ai poveri. Il 16 gennaio 1836 nacque il principe erede, Francesco II, ma la regina venne colta da febbre puerperale, causata forse da setticemia, e fu chiaro che la sua vita si sarebbe spenta in pochi giorni. Nell’agonia ripeteva spesso quelle che sarebbero state le sue ultime parole: “Credo in Dio, spero in Dio, amo Iddio”. Morì nel compianto generale il 31 gennaio 1836.

Con che spirito ha vissuto la posizione di privilegio nella quale si era venuta a trovare?

Maria Cristina, dalla sua forte esperienza di fede, trasse l’intimo convincimento di essere stata collocata dalla vita in un’alta posizione sociale per diffondere più efficacemente il bene. Della sua vita di regina di Napoli alcuni tratti vanno sottolineati: la volontà e la determinazione con la quale seppe immergersi in un mondo tanto diverso dal suo; la saggezza e la delicatezza con cui seppe intervenire presso lo sposo in questioni gravi, come la revoca di parecchie condanne a morte. Praticamente finché visse non fu applicata la pena capitale, non solo per i delitti comuni, ma nemmeno per i cospiratori della congiura del 1833 che volevano attentare alla vita del Re. Con la persuasione e la convinzione che un sovrano deve essere più amato che temuto, Maria Cristina ottenne che le condanne fossero commutate con il carcere. Questi gesti ispirati dalla Regina valsero al re il consenso popolare. Fu poi molto attenta a promuovere il lavoro femminile, pur secondo le modalità dell’epoca. Provvedeva alla dote delle fanciulle povere perché potessero accasarsi dignitosamente e non cadere in pericolo. In quest’ottica di attenzione alla condizione soprattutto della donna, curò in modo particolare la colonia di S. Leucio, fondata nel 1789 da Ferdinando I per la lavorazione dei damaschi di seta, ormai caduta in degrado. Maria Cristina intuì subito l’importanza sociale della colonia. Convinse il marito che lasciar crollare quegli stabilimenti era “un male inteso risparmio”; diede, quindi, vita ad una complessa iniziativa di carattere industriale per ridare vita alla colonia e migliorare così la vita degli abitanti. Lei stessa poi vestiva esclusivamente sete uscite da S. Leucio, in modo da “contagiare” così le signore del Regno e farne propaganda anche all’estero.

Casa Savoia è nota soprattutto per le vicende storiche e politiche che la legano alla nostra storia. Al di là di ciò, è però ricca anche di personalità che, nel corso dei secoli, hanno testimoniato solida fedeltà alla Chiesa ed esempi di santità. È vero?

Sicuramente in Maria Cristina di Savoia, educata in modo molto religioso e sobrio dalla madre, aveva fatto breccia l’esempio e la fede dei suoi santi avi. Tra essi vanno menzionati il beato Amedeo IX di Savoia (1435-1472) il cui culto fu confermato da Innocenzo XI nel 1677; la Ven. Francesca Caterina di Savoia (1595-1640) e sua sorella Maria, terziaria francescana (1594-1656), fondatrici delle Figlie di S. Maria di Oropa; la beata Margherita di Savoia, monaca domenicana. Più vicini a Maria Cristina furono i suoi santi zii: il fratello del padre, Carlo Emanuele IV che, dopo avere perduto il Piemonte, divenuto francese con Napoleone, aveva abdicato nel 1802 proprio a favore del padre di Maria Cristina. Profondamente pio, aveva sposato Maria Clotilde Saveria Borbone, sorella dell’infelice Luigi XVI, condividendo con lei una vita di profonda fede e carità. I due sovrani si distinsero per semplicità di vita, carità intensa, preghiera alla quale dedicavano buona parte del loro tempo e armonia di intenti e affetti. Maria Clotilde morì in esilio a Napoli nel 1802 e nel 1808, per volontà espressa del Papa, ad appena sei anni dalla morte venne dichiarata Venerabile e fu aperta la sua causa di canonizzazione. Il marito che l’aveva profondamente amata, ritornò quindi a Roma dove entrò nel noviziato della Compagnia di Gesù. In tempi più recenti di quelli di Maria Cristina, ricordiamo la Venerabile Maria Clotilde di Savoia Bonaparte (1843-1911) la cui causa di beatificazione fu introdotta il 10 luglio 1942. Accettò le nozze con Girolamo Napoleone Bonaparte con la speranza di poter avvicinare quella famiglia a Dio. Ritiratasi a vita privata, dal suo castello di Moncalieri fu punto di riferimento per tutti coloro che si trovavano in difficoltà.

Quale messaggio propone la figura di Maria Cristina sul piano umano, a una donna moderna?

Maria Cristina si contraddistinse per l’applicazione allo studio, che le permise di acquisire una cultura vasta e originale per una donna della sua epoca. In qualche modo Maria Cristina sentì il dovere di prepararsi adeguatamente ai doveri che la vita le avrebbe posto innanzi. Divenuta regina esercitò, per quanto era in suo potere, l’obiezione di coscienza verso l’applicazione della pena di morte; mostrò di comprendere e voler sollevare le condizioni disagiate delle donne del popolo; intraprese con piglio imprenditoriale la riattivazione delle seterie del Real Sito di San Leuci. Ma mi sembra di poter dire che la sua modernità si esprima in una concretezza evangelica che esce dagli schemi usuali delle pie regine sue contemporanee, che professavano una religiosità magari convinta ma limitata alle pratiche di pietà e alle opere pie, che rientravano nella tradizione delle corti cattoliche. Il “santo” vive profondamente inserito nella realtà a lui contemporanea; è uomo o donna del suo tempo che vive la realtà nella quale si trova storicamente; la vive però secondo l’ottica evangelica e pertanto, in questa ottica, ha una visione diversa, a volte più aperta, a volte addirittura in contrasto con il mondo e la società che lo circonda. Per questo concludo dicendo che Maria Cristina propone alle coscienze l’impegno di una sincera ricerca del bene comune, tanto più urgente, quanto maggiori sono le responsabilità che ci sono affidate.

(La prima parte è stata pubblicata ieri, giovedì 23 gennaio)

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Federico Cenci

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