Maria Cristina di Savoia e la sua "concretezza evangelica" (Prima parte)

A pochi giorni dalla cerimonia di beatificazione della “Reginella Santa”, ne tracciamo un profilo con il postulatore, padre Giovangiuseppe Califano

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“Credo, Domine! Credo, Domine!”. Sono queste le ultime parole di Maria Cristina di Savoia, pronunciate sul letto di morte il 31 gennaio 1836, ad appena ventitré anni d’età. Principessa del Regno di Sardegna per nascita e regina delle Due Sicilie per matrimonio, Maria Cristina condusse una vita di profonda fede cristiana: umile e sobria, non mancò mai di attenzioni ai poveri e agli emarginati, vivendo la sua posizione di privilegio come uno strumento “per diffondere più efficacemente il bene”.

Lo afferma padre Giovangiuseppe Califano, postulatore della Causa di beatificazione della “Reginella Santa”, come è chiamata Maria Cristina di Savoia dal popolo. Quello stesso popolo che sabato prossimo, 25 gennaio, gremirà la basilica napoletana di Santa Chiara, ove si celebrerà il rito di beatificazione. A pochi giorni dall’evento, abbiamo intervistato padre Califano per tracciare un profilo di questa giovane sovrana che ha scritto una pagina di santità della storia d’Italia.

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Padre Califano, quando e come è iniziato il processo di beatificazione di Maria Cristina di Savoia?

Si tratta di una Causa storica avviata ad appena 16 anni dalla morte della Serva di Dio, nel 1852. Del resto una vasta fama di santità l’aveva circondata in vita, e alla sua morte si accrebbe, a motivo delle molte grazie che si attribuivano alla sua intercessione. Il 9 luglio 1859 il beato Pio IX autorizzò l’istruzione del Processo Apostolico. Pio XI il 6 maggio 1937 confermò con Decreto l’eroicità delle virtù della Venerabile Serva di Dio. Il secondo conflitto mondiale e l’avvento della Repubblica in Italia determinarono una sosta nello studio della Causa, patrocinata inizialmente dalla Casa di Savoia. La devozione verso la Serva di Dio si mantenne però nel tempo sempre viva. La ripresa della Causa verso il traguardo della beatificazione si è avuta nell’anno 2004, per interessamento dell’Associazione Convegni di Cultura Maria Cristina di Savoia, che nominò il Postulatore, P. Luca M. De Rosa dell’Ordine dei Frati Minori, con l’incarico di avviare lo studio di un presunto miracolo. La Copia Pubblica dei Processi relativi a questa guarigione miracolosa era conservata nell’Archivio della Postulazione generale dei Frati Minori. Fu dunque alquanto facile riprendere l’iter della Causa dal punto in cui la si era lasciata.

Che risonanza sta suscitando questa beatificazione?

In questi ultimi anni la Chiesa ha elevato agli onori dell’altare un gran numero di testimoni della fede e della carità, appartenenti ad ogni categoria del popolo di Dio. Certamente è singolare la beatificazione di una regina. Tuttavia si tratta di una beatificazione attesa da molti fedeli, soprattutto nelle diocesi legate alla figura della beata. Mi riferisco alla diocesi di Cagliari e alla Sardegna in genere, dove non sono mai mancate in questi anni opportune commemorazioni, messe celebrative, anniversari. La beata è anche rappresentata nella volta della Cattedrale di Cagliari, insieme agli altri santi e beati dell’isola. A Napoli e nella Campania è vivo il suo ricordo nelle chiese e nei santuari, come ad esempio quello di S. Filomena a Mugnano, da lei visitato e beneficato. Al rito di beatificazione di sabato 25 gennaio nella basilica di S. Chiara in Napoli si annunciano numerose delegazioni di fedeli provenienti proprio dai luoghi che ho citato. La devozione verso la nuova beata è poi molto viva in tutte quelle istituzioni che si riferiscono a diverso titolo alle case reali di Savoia e di Borbone, istituzioni che si sono impegnate a promuovere opportunamente il nuovo culto.

Può raccontarci un po’ del prodigio che ha reso possibile la beatificazione?

Si tratta della guarigione di Maria Vallarino, avvenuta a Genova nel 1866. La donna svolgeva l’attività di cameriera presso la marchesa Antonia Carrega, e nel mese di giugno di quell’anno notò una tumefazione grossa come una noce nella mammella destra. La diagnosi clinica posta dal medico, cui la marchesa l’aveva prontamente inviata, fu di tumore maligno scirroso. Dopo un paio di mesi di cure palliative, a base di unguenti e impiastri, in assenza di ogni miglioramento, il medico propose l’estirpazione. La Vallarino rifiutò decisamente, anche perché si trattava di un rimedio non risolutivo della malattia, ormai divenuta devastante. Infatti un secondo medico chirurgo, consultato nella speranza di poter ricevere un differente verdetto, non poté che confermare la presenza di uno scirro al secondo periodo con resistenze tubercolose, ossia di un di un tumore scirroso altamente maligno e inguaribile. La donna, allora si rivolse alla preghiera. Ottenuta una reliquia di tessuto appartenuto alla Venerabile, la applicò alla parte malata invocando con fede: “Gesù, o Buon Gesù, glorificate la vostra Serva Maria Cristina”. Da quel momento iniziò a notare la rapida riduzione del male che scomparve del tutto in pochissimi giorni. Per ben 39 anni, fino alla morte, la Vallarino non ebbe alcuna recidiva, come poterono rilevare ben sei periti medici che la esaminarono per mandato del Tribunale ecclesiastico.

Vuol parlarci invece della vita di Maria Cristina di Savoia?

Maria Cristina era la quarta ed ultima figlia di Vittorio Emanuele I e Maria Teresa, nata a Cagliari nel 1812, all’epoca in cui Torino era invasa dalle truppe napoleoniche. La sua era una famiglia reale, segnata però da una continua precarietà determinata dagli avvenimenti politici del tempo. Maria Cristina maturò la convinzione che il trono non fosse affatto un privilegio, ma un dovere da assolvere nel migliore dei modi, e che portava con sé sofferenze e privazioni. Le testimonianze rilasciate su di lei al processo diocesano di Napoli, ci trasmettono il ritratto di una ragazza normale della sua epoca, amava molto ballare, cavalcare, conversare, giocare con i bambini più piccoli, allevare uccellini, coltivare fiori. Fisicamente veniva giudicata di “bellezza straordinaria”; e il fatto poi che vestisse con modestia le guadagnava ancor di più le attenzioni maschili, tanto che quando si recava a Messa nella chiesa dei Filippini a Genova, i giovanotti si assiepavano lungo la strada per vederla scendere dalla carrozza. Alla morte della madre Maria Teresa nel mese di marzo 1832, Carlo Alberto dispose che la principessa sposasse senza indugio Ferdinando II di Borbone, cosa che avvenne pochi mesi dopo, il 21 novembre dello stesso anno. Maria Cristina vide in tutta questa vicenda, da lei molto sofferta perché in contrasto con l’intimo desiderio di farsi monaca, il realizzarsi del disegno di Dio. Ed infatti non ebbe il benché minimo dubbio che il suo matrimonio fosse voluto dalla provvidenza, perché lei stessa sperimentò nel nuovo stato quella felicità che aveva a lungo desiderato. Poté scrivere infatti alla sorella: “Non credevo si potesse essere così felici …si vede che tutto questo affare è stato condotto da Dio”.

(La seconda parte segue domani, venerdì 24 gennaio)

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Federico Cenci

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