Mamma sei sempre nei miei pensieri. Spostati!

Un divertentissimo monologo di Cinzia Leone sul distacco dalla ‘mammità’

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«Ecco sono arrivata, mi lasci pure qui». Non si presenta sul palco, Cinzia Leone, ma arriva prendendoci alle spalle: sorprendendoci, fin dall’inizio dello spettacolo da lei scritto (insieme a Fabio Mureddu), dal titolo «Mamma sei sempre nei miei pensieri, spostati!», in scena a Roma al Teatro degli Audaci fino a domenica 25 settembre.
Non arriva in auto, né in taxi… «Perché, voi viaggiate ancora in macchina a Roma? Io mi faccio portare da un’ambulanza! Niente traffico, niente stress da parcheggio…un’ambulanza: è l’unico modo, dice, per minimizzare la gastrite!».
E nello spettacolo ci porta lungo un percorso nella storia e nella preistoria proprio della gastrite e della colite, che infatti non sono, secondo la nota attrice, un male moderno. Sono mali antichissimi perché antichissima ne è la fonte primordiale… la ‘mammità’: quella presenza indispensabile ma a volte ingombrante della mamma nella vita di ogni figlia. O meglio la trasmissione inevitabile di tutte le ansie e le paure della mamma che diventano le ansie e le paure della figlia, che a sua volta diventerà mamma, e trasmetterà le ansie e le paure a sua figlia e così via.
Come rappresentare efficacemente tutto questo, in modo ironico e brillante, in un’opera teatrale? In un modo geniale: impedendo alla stessa opera di svolgersi, interrotta in continuazione dalle ripetute telefonate ansiogene e lievemente ricattatorie della mamma di Cinzia, che poi è impersonata dalla stessa attrice che dialoga ‘con se stessa’ mediante esilaranti contributi video.
Sono molti i temi che vengono trattati durante lo spettacolo, ma tutti conducono alla imprescindibilità del taglio di quel cordone ombelicale che rischia di limitare la vita di ognuno di noi, lasciando in circolo nel nostro sangue, nella nostra mente le paure paralizzanti di tutte le generazioni precedenti.
La conclusione è spiazzante e regala un finale commovente, dopo ininterrotte risate. Cinzia, figlia ormai matura, urla le sue necessità di libertà alla madre, pur chiedendole perdono. Non rinnega affatto le origini: a ben vedere, infatti, è anche l’amore della madre, che diventa l’amore della figlia, e la figlia poi diventerà anche lei una madre che trasmetterà amore, in una ininterrotta catena di vita.
Così l’attrice, e lo spettatore con lui, arriva a comprendere che quello “spostati” del titolo della commedia rivolto alla mamma è una richiesta sbagliata. È proprio lei, Cinzia figlia, a doversi spostare dalle ombre della madre per vivere in pienezza. E lo farà, regalandoci un’ultima risata: «Mi sposto io mamma, ma stai serena, tanto lo sai che ogni volta che mi sposto…ti chiamo!».

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Walter Ego

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