Malaysia: l'Onu interviene con il governo sull'uso della parola "Allah"

Secondo le Nazioni Unite, il Ministero degli affari interni deve consentire l’uso della parola da parte del settimanale cattolico “Herald” in nome della libertà di religione e di libertà di espressione

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Nuovi aggiornamenti in Malaysia sulla questione dell’uso del termine “Allah” sulle colonne del settimanale cattolico “Herald”. Il Governo malaysiano dovrebbe consentire l’uso della parola da parte della rivista, in nome della libertà di espressione e di religione. Ad affermarlo è un team di osservatori delle Nazioni Unite, intervenuti sulla disputa che ha visto confrontarsi in tribunale Chiesa cattolica e Governo.

In una nota dell’Onu inviata all’agenzia Fides, Frank La Rue, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di espressione ha detto: “Il Ministero degli affari interni dovrebbe prendere immediatamente misure necessarie per garantire il diritto alla libertà di opinione e di espressione dell’Herald e recedere in modo incondizionato dal contenzioso aperto su questo tema”. Secondo il comunicato dell’Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani, il caso giudiziario, infatti potrebbe avere “un potenziale impatto di vasta portata sulle minoranze religiose in Malaysia”, limitando la libertà di espressione e di religione.

“La libertà di religione o di credo è un diritto di tutti gli esseri umani, non un diritto concesso dallo stato”, ha sottolineato Heiner Bielefeldt, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione. “Non può essere un affare dello Stato modellare le tradizioni religiose, né lo stato può pretendere di essere una autorità vincolante nell’interpretazione delle fonti religiose o nella definizione dei dogmi di fede”, spiega Bielefeldt nella nota. 

Il divieto imposto all’Herald – afferma invece Rita Izsak, esperto delle Nazioni Unite sui problemi delle minoranze – “viola la libertà della comunità cristiana locale nella pratica della fede” ed è preoccupante perché “potrebbe influenzare negativamente le relazioni interreligiose nella nazione”. “La discriminazione per motivi di religione o per convinzioni personali – afferma nel testo inviato a Fides – costituisce una violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali dell’uomo. In tal caso è lampante una violazione dei diritti di una comunità religiosa di minoranza”. 

Il mese scorso, la Corte d’Appello di Kuala Lumpur, ribaltando una sentenza di primo grado, ha stabilito che è legittima la decisione del Ministero degli Interni di vietare l’uso della parola nella pubblicazione del settimanale “Herald”, affermando che tale termine non è “parte integrante della pratica della fede cristiana”

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione