Malaysia: in esame la possibilità dei cristiani di usare il termine "Allah"

La Corte di Appello di Putrajaya ha convalidato il ricorso dal governo malaysiano, dando il via al processo di appello che esaminerà la questione in un’udienza il prossimo 10 settembre

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La controversia giudiziaria sull’uso del termine “Allah” nelle pubblicazioni cristiane sarà esaminata nel processo di appello nell’udienza del prossimo 10 settembre. E’ questo il risultato della decisione della Corte di Appello di Putrajaya – secondo quanto riferito dall’agenzia Fides – che ha convalidato il ricorso presentato dal governo malaysiano, dando il via al processo di appello.

L’appello si pone contro una sentenza del 31 dicembre 2009, che autorizzava i cristiani a usare la parola “Allah” nelle loro pubblicazioni in lingua malay. Il caso risale al 2008, quando il Ministero dell’Interno minacciò di revocare al settimanale diocesano di Kuala Lumpur, “Herald”, il permesso di utilizzare nella sua pubblicazione il termine “Allah”, l’unico che indica “Dio” nel lingua locale malay. Questo spinse la Chiesa cattolica ad avviare un procedimento giudiziario. Nel 2009 ci fu quindi il verdetto del Tribunale diede ragione alla Chiesa, e il governo presentò domanda di appello finora rimasta sospesa, senza cioè che la Corte fissasse una udienza.

La questione, a circa tre anni dalla sentenza, era rimasta in sospeso. La Chiesa cattolica, attraverso il suo rappresentante mons. Murphy Pakiam, Arcivescovo di Kuala Lumpur, aveva richiesto l’annullamento del ricorso inoltrato dal governo. La convalida da parte della Corte apre ora la strada a un giudizio di merito sulla questione che, secondo la Chiesa cattolica malaysiana, tocca la sfera dei diritti e della libertà religiosa. Il processo vedrà opposti da un lato l’Arcivescovo di Kuala Lumpur, in qualità di responsabile del settimanale cattolico diocesano “Herald”, e dall’altro il governo malaysiano. 

P. Lawrence Andrew, direttore dell’Herald, ha dichiarato che “la Chiesa non ne ha mai voluto fare un caso politico né un motivo di conflitto religioso”. Attivisti di “Perkasa”, organizzazione nazionalista musulmana, hanno tuttavia manifestato pubblicamente, cercando di influenzare i giudici. Il caso potrebbe essere pertanto facilmente strumentalizzato. Nel frattempo, ha alzato i toni il segretario generale di Perkasa, Syed Hassan Syed Ali, chiedendo “l’unità di tutti i musulmani della Malaysia per la causa di Allah”.

In tal modo, Ali “ha alimentato tensioni religiose creando paura e confusione fra i fedeli musulmani, affermando che la Chiesa minaccia la santità dell’islam” ha osservato p. Andrew, rimarcando che la Chiesa “invita le autorità competenti a prendere provvedimenti verso quanti creano instabilità e inquietudine, sfruttando la questione che circonda l’uso della parola Allah”. Infine, il Primo ministro Najib Razak nei giorni scorsi ha cercato di rassicurare l’opinione pubblica, affermando che “la Malaysia non è diventata uno stato islamico ortodosso” è che “è importante capire le sensibilità religiosa di tutti”.

(Fonte: Agenzia Fides 24/8/2013)

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ZENIT Staff

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