"Mai un'Azione Cattolica ferma, per favore!"

Il Papa incontra 8.000 membri dell’associazione in Aula Paolo VI e li esorta a “rimanere, uscire e gioire” per evitare la tentazione di essere statue da museo, ma diventare veri annunciatori di Cristo

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Parecchi amici di lunga data di Francesco hanno dichiarato che, da quando è stato eletto Papa, Bergoglio “è come se fosse rinato”. Sarà sicuramente l’azione dello Spirito Santo, ma saranno anche occasioni come l’udienza di questa mattina con il “popolo dell’Azione Cattolica” in Aula Paolo VI a ridare nuova linfa vitale al 77enne Pontefice.

L’incontro di oggi – avvenuto a chiusura dell’Assemblea nazionale dell’associazione – è stato infatti una vera e propria festa che ha visto oltre 8.000 partecipanti, tra bambini, famiglie, giovani e sacerdoti, gioire sotto le volte dell’Aula Nervi. Il Papa si è goduto fino in fondo questa atmosfera raggiante, fermandosi a salutare, stringere le mani e parlare con i gruppi che gremivano l’atrio della sala non avendo trovato posto all’interno, e immergendosi poi nella folla che costeggiava il lungo corridoio fino al palco, dove si è gettato tra le mani e le braccia dei fedeli di entrambi i lati.

Lo stesso affetto, il Papa l’ha rivolto in seguito nel suo indirizzo di saluto ai vescovi presenti (guidati dal presidente Cei, il card. Angelo Bagnasco) e ai dirigenti passati, presenti e futuri dell’Azione Cattolica. Tra questi il presidente uscente Franco Miano e il suo predecessore Luigi Alici.

Nel suo discorso, Bergoglio ha parlato ancora di gioia a partire dal tema dell’assemblea, “Persone nuove in Cristo Gesù, corresponsabili della gioia di vivere”, che – ha detto – “si inserisce bene nel tempo pasquale, che è un tempo di gioia”. Ha poi ricordato ai laici dell’Azione Cattolica, la loro chiamata, “nell’attuale contesto sociale ed ecclesiale”, “a rinnovare la scelta missionaria, aperta agli orizzonti che lo Spirito indica alla Chiesa ed espressione di una nuova giovinezza dell’apostolato laicale”.

Il tutto “in chiave missionaria”, che – ha sottolineato il Santo Padre – “è il paradigma dell’Azione Cattolica”. Un “paradigma missionario”, dunque, che va applicato anzitutto alle parrocchie, “specialmente quelle segnate da stanchezza e chiusure…”. “Ce ne sono tante” di queste parrocchie stanche e chiuse, ha osservato il Papa, tanto che – ha raccontato con ironia – “quando io saluto le segretarie parrocchiali, domando loro: Ma Lei è segretaria di quelli che aprono le porte o di quelli che chiudono la porta?”.

Queste parrocchie hanno bisogno, dunque, di “entusiasmo apostolico”, “piena disponibilità” e “servizio creativo”. “Si tratta di assumere il dinamismo missionario per arrivare a tutti, privilegiando chi si sente lontano e le fasce più deboli e dimenticate della popolazione; si tratta di aprire le porte e lasciare che Gesù possa andare fuori”. Perché, ha rimarcato il Pontefice, “tante volte abbiamo Gesù chiuso nelle parrocchie con noi, e noi non usciamo fuori e non lasciamo uscire fuori Lui!”.

Una Chiesa “sempre in uscita”, dunque. Questo è lo “stile di evangelizzazione” che il Vescovo di Roma vede “particolarmente adatto all’Azione Cattolica”. Che già parte con alcuni punti a suo favore, come la grande “popolarità” e la capacità di saper unire agli impegni intraecclesiali “quello di contribuire alla trasformazione della società per orientarla al bene”.

Bergoglio ha consegnato allora “tre verbi” come “traccia” del cammino dell’Azione Cattolica. Il primo è “rimanere”: “rimanere con Gesù, rimanere a godere della sua compagnia”; perché “per essere annunciatori e testimoni di Cristo occorre rimanere anzitutto vicini a Lui”. Il secondo, “andare”: “Mai un’Azione Cattolica ferma, per favore!”, ha raccomandato Papa Francesco. Bisogna sempre “andare”, “uscire”, muoversi “per le strade delle vostre città e dei vostri Paesi, e annunciare che Dio è Padre e che Gesù Cristo ve lo ha fatto conoscere, e per questo la vostra vita è cambiata”.

L’auspicio del Pontefice è dunque che tra i membri dell’AC fiorisca il “desiderio di far correre la Parola di Dio fino ai confini”, rinnovando così l’impegno “a incontrare l’uomo dovunque si trovi, lì dove soffre, lì dove spera, lì dove ama e crede, lì dove sono i suoi sogni più profondi, le domande più vere, i desideri del suo cuore”.

Terzo verbo, infine, è “gioire”. “Gioire ed esultare sempre nel Signore!”, ha incoraggiato Francesco, “essere persone che cantano la vita, che cantano la fede”, come predicava 1600 anni fa Sant’Agostino. Ovvero “dire la fede, vivere la fede con gioia”, essere “persone capaci di riconoscere i propri talenti e i propri limiti, che sanno vedere nelle proprie giornate, anche in quelle più buie, i segni della presenza del Signore”.

Inoltre, ha insistito il Santo Padre, dovete “gioire perché il Signore vi ha chiamato ad essere corresponsabili della missione della sua Chiesa”, e gioire “perché in questo cammino non siete soli: c’è il Signore che vi accompagna, ci sono i vostri Vescovi e sacerdoti che vi sostengono, ci sono le vostre comunità parrocchiali, le vostre comunità diocesane con cui condividere il cammino”.

Quindi, rimanere, andare e gioire: “Con questi tre atteggiamenti – ha assicurato il Papa – potrete portare avanti la vostra vocazione, ed evitare la tentazione della ‘quiete’, che non ha niente a che fare con il rimanere in Gesù”. Ed evitare anche “la tentazione della chiusura e dell’intimismo, tanto edulcorata, disgustosa per quanto è dolce…”, come pure “la tentazione della serietà formale”.

Così facendo, “eviterete di portare avanti una vita più simile a statue da museo che a persone chiamate da Gesù a vivere e diffondere la gioia del Vangelo”, ha detto Bergoglio. E scherzando ha aggiunto: “Se voi volete ascoltare il consiglio del vostro Assistente generale – è tanto mite, perché porta un nome mite, lui, è Mansueto! – se voi volete prendere il suo consiglio, siate asinelli, ma mai statue di museo, per favore, mai!”.

Prima di concludere l’omelia affidando tutti i presenti alla Vergine Maria, il Papa ha quindi speso le ultime parole per chiedere al Signore una ‘sfilza’ di grazie: “Occhi che sanno vedere oltre l’apparenza; orecchie che sanno ascoltare grida, sussurri e anche silenzi; mani che sanno sostenere, abbracciare, curare”. Soprattutto però – ha concluso – “chiediamo un cuore grande e misericordioso, che desidera il bene e la salvezza di tutti”. Infine, un corale Ave Maria perché la Madonna accompagni questo cammino come ha sempre accompagnato Cristo.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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