Mai così vicini

Nel film di Rob Reiner, con Michael Douglas e Diane Keaton, un padre riesce ad avvicinare un figlio che considerava perduto

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Oren Little, agente immobiliare di successo quasi in pensione, è vedovo e da tanti anni non vede suo figlio Kyle, un tossicodipendente segno vivente del suo fallimento come padre. Un giorno Kyle bussa alla sua porta: dovrà scontare nove mesi di prigione e gli chiede di prendersi cura di sua figlia Sarah di 10 anni, che non ha mai conosciuto sua madre. Oren dapprima dice di no ma poi spinto dalla vicina di casa Leah, vedova anche lei, finisce per accettare…

Se i protagonisti sono Michael Douglas e Diane Keaton c’è da aspettarsi un film che affronti problemi tipici della terza età, fatto per un pubblico che si trova nelle stesse condizioni anagrafiche. La situazione in realtà non è così drammatica: Oren lavora ancora con successo come  agente immobiliare e Leah, che ha sempre fatto la cantante assieme a suo marito, continua a intrattenere il pubblico  in un bar di affezionati del sound melodico. I loro problemi non sono tanto fisici e la sceneggiatura evita di fare le solite battute sugli acciacchi dell’età (basterebbe ricordare Space Cowboys-2000) ma in loro pesa il rimorso di ciò che avrebbero potuto fare e non hanno fatto e la nostalgia per la/il consorte che non c’è più.

Oren ha fallito nell’educazione del suo unico figlio e non è riuscito a sottrarlo alla tossicodipendenza; Leah, troppo impegnata a occuparsi della carriera, ha perso l’opportunità di essere madre. L’arrivo della piccola Sarah sconvolge positivamente la traiettoria inerziale delle loro vite: Leah si prende cura di quella simil-nipotina che non ha potuto avere mentre Oren, dapprima riluttante, inizia a occuparsi di lei perché in questo modo riprende a occuparsi del figlio. E’ questo il tema portante del film; come ci si poteva aspettare, si sviluppa anche una storia romantico-sessuale fra i due neo-nonni ma questa, più che il motore della storia, appare essere l’effetto indotto del loro nuovo modo di essere, dell’essere ormai in pace con il proprio passato.

In questo racconto c’è indubbiamente una prevalenza di buoni sentimenti e ciò è sempre stato molto pericoloso perché finisce per alzare il tasso di zuccheri ma per fortuna ci sono Michael Douglas che immette una buona dose di cattiveria e qualche battuta riuscita mentre Diane Keaton, forse da troppi film, si è specializzata nella figura di donna instabile in cerca di affetto.

Fa piacere notare come il film sia portatore di un altro messaggio implicito ma ugualmente molto chiaro: lo fa parlandoci della metamorfosi del bruco in farfalla, della nascita improvvisa di un bambino, non in ospedale, ma su un divano del salotto mentre Oren si improvvisa ostetrico; nella scena finale dove tre famiglie si godono una giornata festiva con i loro bambini: la natura è una cosa meravigliosa, bisogna solo lasciare che segua il suo corso e  rispettarla senza alterarla. 

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Titolo Originale: And So It Goes
Paese: USA
Anno: 2014
Regia: Rob Reiner
Sceneggiatura: Mark Andrus
Produzione: CASTLE ROCK ENTERTAINMENT, FORESIGHT UNLIMITED
Durata: 94
Interpreti: Michael Douglas, Diane Keaton, Sterling Jerins

Per ogni approfondimento: http://www.familycinematv.it

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Franco Olearo

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