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Luis Dri: "Feliz Cumpleaños, Papa dei lontani!"

Il 90enne confessore argentino, amico di Bergoglio, spiega una delle più importanti “riforme” di questo pontificato: “Il suo messaggio arriva a chi è ‘fuori’ del recinto, e non ha bisogno di esegeti e apologeti”

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“Secondo me una delle cose più significative di questo pontificato è che il messaggio che veicola arriva ai lontani, soprattutto ai credenti non praticanti, alle 99 pecore che hanno lasciato il recinto. Arriva alle persone in carne ed ossa che si sentono distanti dalla Chiesa e di fatto hanno vissuto lungamente ai margini senza partecipare alla vita di una comunità di credenti”.
È uno dei passaggi più significativi di un capitolo del libro Non aver paura di perdonare di padre Luis Dri, amico di lunga data di Papa Francesco, pubblicato oggi dal blog Terre d’America in occasione dell’80° compleanno del Pontefice. L’anziano confessore di Buenos Aires, che Bergoglio cita spesso come colui che gli ha insegnato a non avere limiti nel “perdonare troppo”, perché “è stato Dio a darci per primo il cattivo esempio”, afferma “con certezza e tranquillità di coscienza” che “l’atteggiamento di Papa Francesco ha avvicinato al confessionale gente che non veniva da molto tempo o che non è mai venuta”.
Il Papa argentino – scrive il religioso nel volume realizzato con la collaborazione di Andrea Tornielli e Alver Metalli, e pubblicato da Rai-Eri il 25 ottobre – “ha aperto davanti ai loro occhi un panorama differente da quello che conoscevano, dentro cui si erano trincerati. Li ha spinti a riconsiderare tante cose che avevano chiuso in un recinto che non osavano oltrepassare, o non avevano motivi per farlo. Persone che non se la sentivano di avvicinarsi alla confessione, che pensavano di non poter essere assolti, di non poter essere perdonati, hanno fatto un passo in questa direzione”.
Padre Dri parla “a ragion veduta” perché “la motivazione, chiara, pronunciata, con cui vengono da me a confessarsi è il Papa, la fiducia in lui e in quello che dice, la convinzione maturata che adesso possono ricevere il perdono di Dio”. “Constato spesso – aggiunge – che ci sono persone di tradizione cattolica che avevano lasciato il cattolicesimo e si erano avvicinati ai gruppi evangelici che adesso ritornano in chiesa. Non pochi. E tutti, senza eccezione, mi dicono che lo fanno per il Papa, colpiti dai suoi gesti che trovano più espressivi di tante parole”.
Non c’è azione o parola di Francesco che non abbia, infatti, “un orizzonte missionario”. Il sacerdote lo paragona a San Paolo, “l’apostolo delle genti che guardava ai gentili, e sentiva ingiusto porre sulle loro spalle fardelli inutili, o segni esteriori come la circoncisione”. O ai primi gesuiti “che hanno dato vita alle reducciones dei Guaranì in Paraguay, in Argentina e in Bolivia”, “uomini di fede che vivevano con i nativi, condividevano in tutto la loro sorte, valorizzavano la loro religiosità, la loro musica e le loro arti, e portavano la ricchezza di un cristianesimo che aveva dato tanti frutti di progresso civilizzatore in Europa da dove provenivano”.
Dunque, secondo il 90enne confessore, proprio “l’attenzione di parlare ai lontani” è una delle “riforme” di Papa Bergoglio. “Le sue parole arrivano direttamente alla gente comune, non ha bisogno di esegeti, interpreti”, sottolinea, “neppure di apologeti che ne tessano le lodi. Le sue parole, i suoi gesti, arrivano agli uomini nel contenuto più semplice ma in fondo essenziale: come un riverbero delle beatitudini del Vangelo, la carezza di un Dio misericordioso che ‘non si stanca mai di perdonare’, cioè di salvare”. [S.C.]
 
 

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ZENIT Staff

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