Lo zelo di Santa Zita

La patrona di Lucca onorò il Signore svolgendo umili mansioni

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di Pietro Barbini

ROMA, venerdì, 27 aprile 2012 (ZENIT.org) – Il 27 aprile a Lucca c’è l’usanza di distribuire ai cittadini mazzetti di giunchiglie e dolcetti benedetti in onore di Santa Zita, patrona della città. Nei giorni precedenti, invece, fino il 29 aprile, si svolge la cosiddetta “Fiera di Santa Zita”, un’importante mostra-mercato di fiori e piante.

In questo giorno tutta Lucca è in festa e, passeggiando per le vie e le piazze della città, appositamente addobbate con suggestivi motivi floreali, si possono degustare i prodotti tipici locali esposti nei numerosi stand enogastronomici allestiti per l’occasione.

Santa Zita è venerata in Toscana ancor prima della sua canonizzazione: lo testimoniano il poeta fiorentino Fazio degli Uberti e il sommo poeta Dante Alighieri che, nelle loro opere, la citarono identificandola, già nel XIV secolo, con la città di Lucca.

Il suo culto fu approvato il 5 settembre del 1696 da papa Innocenzo XII e, successivamente, proclamata patrona delle domestiche, nonché della città di Lucca, da Pio XII. Dopo la morte, avvenuta il 27 aprile 1278, il suo corpo, rimasto incorrotto fino al 1652, fu riposto nella cripta della Basilica di San Frediano per volontà dei lucchesi, dove si trova tutt’ora custodito.

Santa Zita è un fulgido esempio di “come si possa salire in alto nella carità e contemplazione anche svolgendo umili mansioni”. Nata a Monsagrati nel 1218 in una famiglia di umili origini, ma di grandi virtù, già in tenera età si prodigava in casa aiutando la madre a svolgere le faccende domestiche e il padre nei lavori nei campi. Ebbe una sorella di nome Margherita che divenne monaca cistercense, alla quale Zita diede il suo sostegno nel portare a compimento la sua vocazione.

Alla sola età di dodici anni, per non gravare finanziariamente ai genitori, si trasferì presso la casa della nobile famiglia Fatinelli per prestare servizio come domestica. In breve tempo, dopo un difficile inizio, acquistò la stima e la fiducia della famiglia, tanto che gli fu affidata la direzione della casa. Si dice che la giovane fanciulla lavorasse con impegno e dedizione dalle prime luci dell’alba fino alla sera, ininterrottamente, e che svolgesse lavori pesanti e umili senza mai lamentarsi; non si ribellò mai nemmeno alle angherie e ai rimproveri immotivati dei padroni, che inizialmente la trattavano come una vera e propria “serva”, accettando ingiustizie e umiliazioni.

Nonostante le numerose occupazioni svolte all’interno della casa Zita non trascurò mai la preghiera e nemmeno di accostarsi giornalmente alla comunione, tanto da svegliarsi prestissimo al mattino pur di andare in Chiesa, rinunciando così a molte ore sonno. Per Santa Zita il vero riposo era quello dell’anima. Zelante verso i più bisognosi, la giovane donava ai poveri ciò che riusciva a mettere da parte, nutrendosi non più del necessario e digiunando frequentemente (si dice infatti che fosse esile “come un fuscello”), faceva molta elemosina e soccorreva le vedove del vicinato.

Tutto questo zelo però fu motivo di gelosie da parte delle sue colleghe, che spesso e volentieri la maltrattavano, ma la santa non ebbe mai risentimenti nei loro confronti, ricambiando in bene il male ricevuto. Nelle numerose veglie notturne, da lei affrontate, pregava anche per la salvezza delle loro anime. Il più famoso miracolo, quello per cui divenne celebre, racconta che una collega invidiosa la denunciò presso il padrone con l’accusa che donava troppo ai poveri, insinuando nel padrone cattivi pensieri; un giorno il padrone la incontrò mentre scendeva le scale con il grembiule pieno di pane, le chiese allora cosa stesse portando e Zita rispose che portava “rose ed altri fiori”, non fidandosi le ordinò di aprirlo e miracolosamente caddero a terra fiori e fronde.

Un’altro miracolo, che si può definire spettacolare, racconta che una mattina, come tante altre, Zita si recò nella chiesa di San Frediano per raccogliersi in preghiera come suo solito e si immerse talmente tanto da perdere la cognizione del tempo; quel giorno a palazzo Fatinelli era indetta una grande festa e Zita doveva cucinare il pranzo. Destata dai rintocchi delle campane che suonavano mezzogiorno, corse subito a palazzo e vide che gli invitati erano già arrivati, allora si precipitò di corsa su per le scale e mentre percorreva il corridoio in direzione della cucina cominciò a sentire un buon profumo di cibo, rumori di pentole, forchette e coltelli provenire proprio da lì e quando si affacciò per vedere cosa stesse succedendo vide con stupore cento angioletti tutti intenti a cucinare e a predisporre le pietanze negli appositi piatti e vassoi, pronti per essere serviti. Zita dopo essersi commossa alzò le mani al cielo in segno di ringraziamento. Quel giorno tutti mangiarono a sazietà.

Esistono molti altri racconti di miracoli operati dalla Divina Provvidenza per mezzo di questa umile santa, a dimostrazione del fatto che Dio ha sempre un’attenzione particolare verso coloro che si rivolgono a lui almeno una volta al giorno, proprio come Santa Zita le cui giornate si aprivano e si chiudevano con la preghiera e il suo volto era costantemente rivolto a Cristo, che serviva con umiltà nel prossimo. Nel corso della sua vita non ricercò mai la gloria personale, le ricchezze terrene, poiché l’unica vera aspirazione della Santa era il cielo.
 

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ZENIT Staff

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