"Lo Spirito Santo è il primo agente dell'evangelizzazione"

Le parole di monsignor Gerard Tlali Lerotholi, O.M.I., presidente della Conferenza Episcopale del Lesotho

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CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 19 ottobre 2012 (ZENIT.org).- Al Sinodo è intervenuto per iscritto anche il presidente della Conferenza Episcopale del Lesotho, monsignor Gerard Tlali Lerotholi, O.M.I., arcivescovo di Maseru.

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La missione della Chiesa è la missione di Dio e lo Spirito Santo è il primo agente dell’evangelizzazione. Precede infatti ogni iniziativa umana. È una forza dinamica e irresistibile all’interno e all’esterno della Chiesa. Si muove dove vuole ed è nostro compito seguire con attenzione le sue mosse. In nessun momento abbandona la Chiesa. Come era con la Chiesa alla prima Pentecoste, così è qui ai giorni nostri. Cinquant’anni fa, lo stesso Spirito ha mosso il Beato Giovanni XXIII a convocare il Concilio Vaticano II. Sono convinto che lo stesso Spirito ha mosso il Papa Benedetto XVI a convocare questo sinodo sulla Nuova Evangelizzazione. È sempre lo stesso Spirito ad animare la Chiesa Cattolica in Lesotho che, in questo anno 2012, celebra 150 anni di evangelizzazione.

Il centro del Sinodo è la trasmissione della Fede Cristiana. Desidero mettere in luce i seguenti passi necessari per la trasmissione della fede. Si tratta di cinque tappe, distinte ma inseparabili. 1) la fede in Cristo: la fede cristiana è più che essere battezzati o andare in chiesa. È più che aderire a un insieme di norme di condotta. È una relazione personale, non privata, con la persona di Cristo, che produce la conversione del cuore e della mente. Come ogni relazione, va alimentata e custodita. È questa la sfida per la maggior parte delle persone.

2) L’appartenenza alla sua Chiesa: i cristiani non sono solo chiamati a credere, ma anche ad appartenere pienamente alla Chiesa, corpo di Cristo. E in questo aspetto si esaurisce praticamente tutta la questione dell’appartenenza alla Chiesa. La Chiesa è la famiglia di Dio, nella quale ogni membro ha un suo ruolo specifico e una missione propria da compiere.

3) Diventare suo discepolo e testimone: in quanto membra del corpo di Cristo, siamo le sue mani, i suoi piedi, i suoi occhi e il suo cuore. Dobbiamo rappresentarlo bene, imitando il suo modo di vivere. Egli si è rivolto a persone di ogni ceto e provenienza, senza discriminazioni. Ha spezzato le barriere culturali, razziali, economiche e sociali del mondo. Il suo approccio alla vita è stato unico e controcorrente. Spesso è stato accusato di mangiare con i peccatori e con gli esattori delle tasse.

4) Un comportamento adeguato: la fede cristiana non è compatibile con qualsiasi genere di vita. Richiede una condotta e forza di carattere. Questo è l’aspetto più controverso dell’essere cristiani. Esistono certamente criteri etici e morali che devono essere vissuti dal cristiano; esistono anche comportamenti inaccettabili. La prova decisiva della nostra credibilità sta qui. Le nostre azioni sono conformi alle nostre parole, il nostro credo alle nostre opere?

5) Infine, possiamo parlare della nostra fede soltanto se ne siamo pienamente convinti in prima persona. È questo evidentemente l’ambito dell’evangelizzazione. Non si tratta di un’opzione, ma di un imperativo della vocazione cristiana. Siamo chiamati per essere inviati. Desidererei che questo Sinodo si soffermasse con maggiore attenzione su queste fasi mentre riflette sulla Nuova Evangelizzazione.

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ZENIT Staff

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