Lo Spazio e Dio: un astronauta racconta

Roberto Vittori e Antonino Zichichi incontrano gli studenti romani

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di Marina Tomarro

ROMA, lunedì, 27 febbraio 2012 (ZENIT.org) – Scoprire l’universo, i pianeti , le stelle, le nebulose,  i buchi neri, come creazione unica di Dio e capire che  anche noi siamo nel cosmo come parte integrante ed operante. Questo ha voluto raccontare la serata Lo Spazio e Dio, che si è svolta giovedì scorso, 23 febbraio, a Roma presso il Teatro Argentina,  promossa dall’Ufficio diocesano per la Pastorale Universitaria, dagli studenti dei collegi universitari della capitale  in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca.

“Lo spazio – ha spiegato alla platea l’astronauta Roberto Vittori, tra gli ospiti dell’evento –  è sicuramente scienza e tecnologia, ma è anche  immaginazione e arte. Io ho avuto la fortuna di poter fare tre volte l’esperienza dei voli, due con i russi e una con l’ultimo volo dello Shuttle. Sono tutte avventure molto particolari.  L’uomo fa cose che umanamente non potrebbe fare: sale a bordo di un razzo, aspetta il conto alla rovescia, l’accensione dei motori e arriva nello spazio. Questo è un incredibile privilegio, quello di guardare la terra dal di fuori. Per me sin dalla prima volta  è stata una sensazione fortissima, perché la bellezza della vista della terra dalla Stazione Spaziale, è qualcosa di indescrivibile, questo incredibile “pianeta blu”, manda davvero  un messaggio forte di speranza”.

E Vittori ha ripercorso anche l’emozione della preparazione al volo, dall’arrivo alla stazione spaziale, l’addestramento che dura diversi giorni, fino ad arrivare al fatidico giorno del lancio. “Il percorso che noi facciamo prima di giungere al conto alla rovescia, che preannuncia il lancio nello spazio, è davvero bellissimo ed estremamente emozionante, che ti porta al di fuori del mondo. È difficile scegliere un’emozione che mi ha colpito particolarmente, ma se dovessi proprio sceglierne una, posso dire che la cosa più bella è l’atterraggio, il tornare a terra, ritrovare  i propri cari e scoprire che uomini siamo e uomini rimaniamo”.

E il colonnello Vittori lo scorso maggio, è stato tra gli astronauti protagonisti dello storico collegamento tra Benedetto XVI e la Stazione Spaziale Internazionale. “Il Santo Padre – ha raccontato –  è stato assolutamente capace di superare la barriera dello scienziato e della tecnologia per entrare all’interno dei nostri cuori. E’ stato certamente un evento storico, Infatti è stata la prima volta che si è avuta una opportunità di questo tipo. Per tutti noi quegli istanti, le sue parole di incoraggiamento e di speranza, rimarranno  per sempre nei nostri ricordi, come uno dei momenti fondamentali della missione spaziale”.
 
Insieme al colonnello Vittori alla serata ha partecipato anche il professor Antonio Viviani, scienziato di fama mondiale che nel 1994 e nel 1996, ha condotto due esperimenti fondamentali proprio a bordo dello Space Shuttle Columbia  presso il NASA Marshall Space Flight Center.

“A parte la ovvia tensione che ti accompagna fino al termine dell’esperimento – ha spiegato particolarmente emozionato  ai ragazzi che ascoltavano affascinati – che nel mio caso è durato circa 7 ore, durante i brevi intervalli in cui potevo distogliere il pensiero da comandi, schermi, videoregistratori, cuffie, microfoni e quant’altro, mi rivolgevo mentalmente al Signore pregandolo di sostenermi fino al termine e che tutto andasse per il meglio, poiché molti erano scettici sulla riuscita di esso. Era il 1996, e per me era la prima volta che eseguivo il mio esperimento, proprio nel 25° anniversario del Lancio di Apollo 11 che portò per la prima volta l’uomo sulla Luna. Forse per questo  ripensavo al messaggio che papa Paolo VI, inviò agli astronauti dell’ Apollo 11, con parole che ricordavano l’opera umana alla luce della grandezza e bontà di Dio. Alla fine dell’esperimento andato a buon fine, i due astronauti Don Thomas e Leroy Chiao sul Columbia vollero parlare con me, e mentre ascoltavo la loro voce, non potevo fare a meno di pensare anche io alla grandezza del creato e di Dio, proprio  mentre loro affettuosamente e umanamente mi dicevano:  “Antonio, enjoy your lunch”, cioè “Antonio, buon pranzo!”.

All’incontro era presente anche lo scienziato Antonino Zichichi, che ha spiegato ai ragazzi la nuova teoria del rapporto spazio-tempo a 43 dimensioni. “Lo studio dello spazio ci ha portato a capire qual è la logica che regge il mondo:  oggi, siamo sicuri che lo spazio-tempo a 4 dimensioni, non basta più per descrivere la logica di Colui che ha fatto il mondo. Secondo quello che riusciamo a capire, alla base della nostra esistenza materiale c’è uno spazio-tempo con 43 dimensioni. Quindi se è vero quello che pensiamo, siamo figli del “super mondo”, che vuol dire una logica rigorosa che nasce, non osservando lo spazio, non osservando le stelle, ma studiando le pietre che sono state fatte dalla stessa Persona che ha fatto le stelle. Quindi nulla è frutto del caso, ma c’è un Autore supremo al di sopra di tutto”.

La serata è stata conclusa da monsignor Lorenzo Leuzzi, vescovo eletto ausiliare di Roma e incaricato per la Pastorale Universitaria, che ha invitato i giovani ad essere dei cristiani intelligenti, a superare l’ ignoranza e a conoscere la realtà attraverso lo studio e la ricerca, perché solo così sarà possibile per loro, trovare il vero volto di Dio.                                                                                           

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ZENIT Staff

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