Lo spazio dell'accoglienza

Questo antico elemento architettonico finito in disuso, è stato rivalorizzato in seguito al Concilio Vaticano II

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Padre Edward McNamara LC, professore di Liturgia e decano di Teologia presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, risponde nella sua rubrica settimanale di liturgia oggi ad una domanda di un nostro lettore in Sud Africa.

Può spiegare la rilevanza liturgica del cosiddetto “spazio dell’accoglienza” nelle nostre chiese? — J.A., George, Sud Africa

Suppongo che con “spazio dell’accoglienza” Lei si riferisca al nartece, al vestibolo o al portico all’ingresso della chiesa, che è separato dal corpo principale della chiesa da un muro, una cancellata o una parete. Questo spazio funge da “zona cuscinetto”, che separa il contesto secolare dal contatto con Dio.

In alcuni luoghi in tempi antichi questo spazio veniva talvolta chiamato paradysus ed era spesso decorato con immagini di Adamo ed Eva nel Giardino dell’Eden o dipinti con tralci di sempreverde simboleggiando la felicità eterna o edenica.

Nel tempo, questo spazio ha assunto varie destinazioni. Serviva ad esempio ai catecumeni e ai penitenti che non potevano entrare nella chiesa vera e propria e dovevano lasciarla prima delle preghiere dei fedeli. In questo caso, il nartece era delimitato da uno schermo o una balaustra che consentiva ancora di ascoltare la liturgia della Parola e l’omelia.

È stato utilizzato anche come spazio processionale, ha assunto, inoltre, funzioni civili – ad esempio per amministrare la giustizia – ed è servito persino come luogo di sepoltura.

Nel tempo, questo spazio si è ridotto continuamente. Il primo a sparire è stato il portico esterno, che formava un’ampia barriera tra la strada e lo spazio sacro. Intorno all’anno 1000 si è trasformato nel grande portico occidentale, tipico delle chiese del primo periodo gotico. Pian piano l’antico vestibolo si è spesso ridotto a un semplice spazio stretto tra le porte principali e la chiesa vera e propria, usato soprattutto come frangivento e bacheca per esporre avvisi.

Il ripristino di un vero spazio di accoglienza in alcune chiese moderne può essere molto utile, in particolare per ridurre con maggiore efficacia il rumore del traffico urbano e promuovere un ambiente di raccoglimento spirituale, che può andare a beneficio di tutti.

Nelle chiese moderne può anche servire ad altri scopi pratici, come emerge dal documento Built of Living Stones dei Vescovi statunitensi.

Lo spazio dell’accoglienza o nartece

“§95 Il nartece è un luogo di accoglienza – una soglia tra lo spazio della congregazione e l’ambiente esterno. Agli esordi della Chiesa, era una ‘zona di attesa’ per i catecumeni e per i penitenti. Oggi funge da spazio di accoglienza, oltre da entrata e uscita dell’edificio. Lo spazio di accoglienza aiuta i credenti a fare il passaggio dalla vita quotidiana alla celebrazione della liturgia, e dopo la liturgia, li aiuta a tornare alla vita di tutti i giorni per vivere il mistero che è stato celebrato. Nello spazio di accoglienza, le persone si radunano per procedere in processione e prepararsi la celebrazione della liturgia. È nello spazio di accoglienza che avvengono molti momenti liturgici importanti: uomini e donne partecipano alla Rito dell’ammissione al catecumenato quando stanno per incamminarsi verso la successiva, piena iniziazione nella Chiesa; genitori, padrini e bambini vengono accolti per la celebrazione del battesimo; e i cristiani vengono salutati per l’ultima volta quando i loro resti mortali sono ricevuti in chiesa per la celebrazione dei riti funebri.

“§96. Oltre alle funzioni religiose, lo spazio di accoglienza può fornire l’accesso alla sagrestia di vestizione, alle stanze per le prove corali, le aree ad uso di magazzini, i servizi igienici, e le stanze per gli uscieri e la loro attrezzatura. Spazi adeguati per gli altri incontri saranno un elemento importante nella progettazione del nartece e delle altre aree adiacenti”.

[Traduzione dall’inglese a cura di Paul De Maeyer]

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I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

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Fr. Edward McNamara

Padre Edward McNamara, L.C., è professore di Teologia e direttore spirituale

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