Lo sguardo della preghiera

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio — Gv 17,1-11

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Lettura

I discorsi di Gesù, riportati in Gv 13-17, appartengono al genere letterario del testamento e si preoccupano del futuro della comunità. L’ultimo di questi “discorsi” (Gv 17,1-26) si presenta sotto forma di preghiera, comunemente chiamata preghiera sacerdotale o preghiera per l’unità. Giunta la sua ora, Gesù prega il Padre per la propria glorificazione, per i discepoli e per tutti i credenti. In quest’ora del distacco, Gesù prega: «Padre santo, custodisci nel tuo Nome coloro che mi hai dato, perché siano uno, come noi» (Gv 17,11).

Meditazione

È bello vedere Gesù in preghiera e sentire dalla sua stessa voce che Egli prega. La sua preghiera è un atto di relazionale amore, un frammento di eternità nel tempo che lo mette in dialogo filiale e orante con il Padre, ma non gli fa mai perdere di vista gli altri: i suoi discepoli oggi, i credenti in Lui per la parola dei discepoli domani. Proprio dalla preghiera e dal modo di pregare di Gesù impariamo che un duplice movimento deve sempre percorrere la nostra preghiera: uno ascendente, l’altro discendente. Uno verso Dio e l’altro verso la comunità dei fratelli. Gesù introduce la sua preghiera con un gesto familiare nel mondo ebraico: «alzò gli occhi al cielo». Si tratta di un naturale preludio all’orazione, quasi un’anticipazione simbolica dell’incontro con Dio, un tentativo “visivo” di contemplare l’Assoluto. Il Vangelo secondo Giovanni ha già presentato Gesù in tale atteggiamento in occasione della risurrezione di Lazzaro (Gv 11,41). I Sinottici dicono che Gesù alzò gli occhi al cielo prima della moltiplicazione dei pani (Mc 7,3-41) e Luca nota che il pubblicano, a motivo del significato profondo legato a questo movimento ascendente degli occhi, si limita a percuotersi il petto in segno di penitenza e «non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo» (Lc 18,13). A questo gesto ascendente corrisponde in Gesù un’attenzione discendente verso i suoi discepoli: «Io prego per loro». Noi, uomini e donne di fede, chiamati a vivere e irradiare il Vangelo dell’unità, dobbiamo sempre imparare a stare con Lui per poter essere poi inviati a sanare le ferite dei nostri fratelli, trasmettendo a loro la gioia e la speranza del Vangelo di salvezza. Stare con Lui in una stabilità che è insieme dono e attesa, presupposto e conseguenza di un incontro, ascolto e parola, lode e intercessione, ricezione e offerta per riuscire a “toccare” la misura alta della vita cristiana, cioè la santità.

Preghiera

Signore Gesù, dammi l’umiltà e il coraggio di saper alzare gli occhi al Padre senza vergogna, apri il mio cuore alla contemplazione adorante per imparare a stare con te e a portarti con me in ogni momento della giornata. Amen.

Agire

Oggi voglio trovarmi uno spazio e un tempo per pregare senza parlare, abitando il mio cuore da Lui abitato.

Meditazione a cura di mons. Mario Russotto, vescovo di Caltanissetta, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it

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ZENIT Staff

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