Letteratura che passa e letteratura che resta

Si conclude il 29 gennaio la V edizione delle “Letture teologiche” organizzate dalla diocesi di Roma, dedicate quest’anno a “I grandi classici della letteratura cristiana”

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“I Promessi Sposi”, Dante, Dostoevskij: spaziano dalla letteratura italiana a quella russa i giovedì delle Letture teologiche, quinta edizione delciclo di appuntamenti organizzati dalla diocesi di Roma e dedicati quest’anno a “I grandi classici della letteratura cristiana”.

L’ultimo appuntamento dedicato all’idiota di Dostoevskij si terrà il 29 gennaio presso il palazzo del Laterano a Roma.

Relatori del calibro Rino Caputo, docente di Letteratura italiana all’università di Tor Vergata; Andrea Orlando, ministro della Giustizia, Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, don Massimo Naro, sacerdote della diocesi di Caltanissetta e direttore del Centro Studi Cammarata di San Cataldo si sono succeduti nel primo appuntamento per parlare di Dante, l’autore che innalzando la propria esperienza personale a esperienza universale, diventa ‘autore del mondo’.

Riflessioni letterarie in dialogo con le urgenze del nostro contesto storico, fruttuosa rilettura dei classici per tentare di evitare il rischioso divorzio tra ragione e fede, mente e cuore, verità e bellezza, e per tornare a pensare in termini positivi la possibilità della convivenza pacifica tra gli uomini attraverso il patto salvifico della fede.

Da sempre ogni preziosa riflessione in grado di suscitare un positivo rinnovamento della coscienza culturale e sociale è resa possibile grazie ai capolavori di quella “letteratura che resta”, frutto di un lavoro silenzioso attraverso i secoli: essa è diversa dalla letteratura che passa, quella di tanti chiassosi best-sellers, come ha affermato la scrittrice Susanna Tamaro, intervenuta insieme a don Paolo Asolan, docente della Pontificia Università Lateranense, e a Rodolfo Papa, docente e iconologo presso la Pontificia Università Urbaniana, durante la serata di giovedì scorso dedicata ai Promessi Sposi: “La letteratura che resta è sempre un discorso intorno alla contraddittorietà e alla complessità dell’animo umano, un cercare a tentoni le strade misteriose che conducono l’essere dalla condizione di mancanza a quella di pienezza”.

A partire dal gigantesco romanzo di Manzoni, il secondo appuntamento ha cercato di mettere a fuoco, il nostro rapporto con il dipanarsi della storia e, più concretamente, della nostra vita, attraverso il confronto tra fede nella storia e fede nella Provvidenza. Il professor Asolan ha cercato di chiarire, dal fascino delle righe in cui si muovono Renzo e Lucia, le differenze tra la fiducia in un progresso umano laicamente inteso e la fiducia che si trova a radice della speranza cristiana, speranza capace di esercitarsi a prescindere dalla drammaticità o dalla gloria dei momenti storici in cui ci si trova immersi e, a volte, sommersi.

“Dovremmo innanzitutto opporre una cristiana obiezione alla categoria tutta moderna di ottimismo – talora confuso con la gioia”, ha spiegato il professore: “esiste un ottimismo figlio della fede liberale nel progresso perenne, una sorta di surrogato della speranza perduta insieme alla fede”. La speranza cristiana invece “è virtù teologale, cioè viene da Dio e ha un’origine che non è terrena: non è un prodotto della storia o dell’evoluzione del pensiero umano, non ha come oggetto l’utopia del mondo definitivamente libero e felice, garantita dal successo del nostro potere o saper fare. Il suo oggetto è un mistero ineffabile e indicibile, neppure il nostro cuore può comprendere appieno quale sia il bene che Dio prepara per noi e che è l’oggetto della nostra speranza; lo dobbiamo continuamente discernere”.

Proprio per questo il discernere cristiano equivale non a “una scienza del futuro o dell’umanamente praticabile”, ma a una “ricerca del disegno buono di Dio” e “il frutto importate del discernimento, è la capacità di benedire”, esattamente come emerge nei Promessi Sposi dal discorso di padre Felice ai superstiti della peste nel lazzaretto: “Benedetto il Signore! Benedetto nella giustizia, benedetto nella misericordia! Benedetto nella morte, benedetto nella salute! Benedetto in questa scelta che ha voluto far di noi!”

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Maria Gabriella Filippi

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