Legge 194/78: che ne è stato della figura paterna?

Una proposta al ministro Lorenzin

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Roma, 13 settembre 2013. Il ministro della Salute Lorenzin ha presentato al Parlamento la nuova relazione sull’attuazione della legge 194/78. Ogni anno la pubblicazione di questo documento ci ricorda il destino, ormai irreversibile e per procedura, di migliaia di esseri umani in una società che si dichiara civile: “Documentazione e certificazione – Urgenza- Epoca gestazionale – Tempo di attesa fra rilascio del documento o certificazione e intervento – Luogo dell’intervento – Tipo di anestesia impiegata – Tipo di intervento”. Ci sono tuttavia, in questo aggiornamento, anche alcuni dati positivi: in Italia il numero di aborti continua a diminuire, rimane uno dei più bassi d’Europa il ricorso all’aborto da parte delle giovani, aumenta il numero di medici obiettori.

Dall’istituzione della legge 194 ad oggi continua però a mancare in queste relazioni un dato di attenzione:la figura maschile e paterna.Se delle donne che hanno abortito si dice quasi tutto (classi di età, stato civile, titolo di studio, occupazione, residenza, cittadinanza, anamnesi ostetrica,…), nulla si dice degli uomini che con quelle donne hanno concepito i figli di cui si parla in questa relazione.

Come ho spiegato nel mio libro “Lui e l’aborto. Viaggio nel cuore maschile” (San Paolo Ed., 2013) in realtà la figura paterna è stata dimenticata subito, con l’istituzione della legge 194. Non diverso è stato il destino delle parole padre, marito, uomo (ma poi anche di madre, moglie, bambino, figlio), cancellate insieme alla forza affettiva, relazionale e antropologica che possiedono. In tutte le relazioni ministeriali sulla 194 si nota come queste parole siano assenti così come mancante è un’attenta analisi delle varie dinamiche che riguardano il coinvolgimento dell’uomo nella vicenda abortiva: del padre non se ne parla mai, privando peraltro l’opinione pubblica, i media e gli studiosi, di importanti dati su cui riflettere. E lasciando spazio a ingiustificati pregiudizi sull’atteggiamento maschile verso la vita concepita.

Ma perché eliminare queste parole? L’obiettivo sembra essere stato quello di privare di dignità e pienezza le figure coinvolte nell’aborto: cancellando le parole padre e madre è stato più semplice togliere di mezzo quella di figlio sostituendola con la più tecnica, e quindi più facilmente aggredibile nella sua mancanza di umanità, concepito. E questa aggressione continua, dato che ha riguardato, solo nel 2012, ancora 105.968 esseri umani. Esseri umani per i quali, almeno per quanto riguarda l’avvio della loro vita, un uomo, un padre, un marito è stato decisivo.

Il ministro Lorenzin, per contenere ulteriormente il fenomeno dell’aborto, ha proposto attività di informazione e counselling, di promozione delle competenze e delle consapevolezze delle donne e delle coppie riguardo la procreazione responsabile e le attività dei consultori. Se però l’obiettivo è quello di ridurre ancora il numero degli aborti (salvando più bambini) è tempo finalmente di fermarsi a riflettere: l’attenzione alla figura paterna può essere uno strumento valido in questo? E come? Ecco alcune proposte, più ampiamente spiegate nel libro citato “Lui e l’aborto”.

1.   A seguito della riflessione fino a qui svolta chiediamo, se le convinzioni sono condivise, di esaminare con attenzione il Documento per il padre ( http://www.claudio-rise.it/documento_per_il_padre.htm ) e condividere l’impegno, sottoscritto da centinaia di uomini e donne, a sostenere il diritto del padre nel difendere la vita del figlio concepito, laddove si voglia ricorrere all’aborto. Non mancano infatti i casi di uomini che avrebbero voluto salvare il bambino dall’aborto, anche adottandolo dopo la nascita, ma sono stati impediti in questo dall’art. 5 della legge 194.  

2.   Chiediamo di proporre sempre al momento del colloquio con la coppia, e in tutti i consultori un maggiore coinvolgimento del padre per far emergere e cercare di risolvere nel dialogo le problematiche (psicologiche, economiche…) che porterebbero all’interruzione di gravidanza. Questa iniziativa è del resto un obiettivo, volto a tutelare la vita nascente e la famiglia, perseguito già dai Centri di aiuto alla vita e dai consultori più sensibili. Se la preoccupazione economica o la perdita del lavoro sono spesso alla base della decisione abortiva, bastano un piccolo aiuto o un consiglio per orientare la coppia ad uno sguardo più positivo verso la realtà e quindi verso la vita nascente.

3.   Riconosciuta la relazione tra il padre e la vita concepita, e compresa la necessità del maggior coinvolgimento del padre al momento del colloquio al fine di prevenire l’aborto, chiediamo di dedicare al tema della paternità uno spazio più ampio nelle pubblicazioni di informazione e educazione alla sessualità e alla procreazione che secondo l’invito del Ministero della Salute devono essere destinate come “strumento di educazione alla vita” alle coppie che si sposano, agli/alle adolescenti, nelle scuole, presso le Aziende Sanitarie locali sul territorio. Questa attenzione è già ampiamente presente in diversi Paesi occidentali e può essere un’occasione di crescita culturale anche per l’Italia.

4.   Poiché nella Introduzione alle Relazioni sull’attuazione della legge 194/78 il Ministro della Salute presenta sempre una valutazione generale del fenomeno dell’interruzione di gravidanza, e in particolare dei provvedimenti che possono prevenirne il ricorso,chiediamo che venga proposta una modifica del questionariocon cui le regioni raccolgono i dati sull’interruzione volontaria di gravidanza. Già i precedenti Ministri hanno espresso stima nei confronti di questo strumento, per accuratezza e completezza considerato uno dei migliori del mondo, quindi potrebbe essere segno di maggiore civiltà e apprezzamento del valore della vita umanal’includere nel questionario, così come nella relazione del Ministro al Parlamento,una parte valutativariguardante il coinvolgimento del padre nel colloquio.Questa proposta è confortata dal fatto che nella legge 194/78 il padre è citato, almeno come possibile interlocutore, nell’art. 5 relativo al colloquio presso la struttura socio-sanitaria: non si capisce dunque perché la figura paterna debba restare esclusa da una relazione riguardante l’attività dei consultori e dalla riflessione presentata al Parlamento dal Ministro della Salute.  

5.   Poiché la procreazione umana non è solo un fatto biologico ma è “un atto interpersonale, nel quale entrano affetto, libertà, responsabilità, comunione di persone” e poiché la vita è un bene comune la cui umanità interpella non solo la relazione madre-bambino ma anche il padre e tutti gli altri soggetti della comunità di appartenenza chiediamo che vengano approntate ulteriori ricerche scientifiche relative a) alle cause che hanno portato o portano all’allontanamento del padre dalla vita concepita, b) agli effetti sulla vita individuale, familiare e sociale determinati da questo allontanamento c) alla possibilità di riportare, con adeguati strumenti, il padre accanto alla vita dei figli affinché essa possa essere difesa con ogni mezzo fin dal concepimento. Cogliamo l’occasione per segnalare, in tale ambito, l’attività di ricerca sulla paternità svolta da anni dalla “Lista per il padre” i cui riferimenti sono disponibili in http://listaperilpadre.wordpress.com/ 

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Antonello Vanni

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