Le tre chiavi del Paradiso di Anna Schäffer

Il matrimonio mistico di un giovane bavarese

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di Anita Bourdin

ROMA, venerdì, 17 febbraio 2012 (ZENIT.org) – Anche una tedesca sarà tra i santi di cui Papa Benedetto XVI annuncerà, sabato 18, la data di canonizzazione. E’ Anna Schäffer (1882-1925), laica e mistica bavarese, beatificata da Giovanni Paolo II nel 1999.

Questa secolare tedesca degli inizi del XX secolo offrì la sua prima comunione all’amore di Cristo. Terza degli otto figli del falegname bavarese Michele Schäffer e di Teresa Forster, viveva insieme alla famiglia sui modesti guadagni del padre.

Anna ricevette l’istruzione elementare nelle scuole di Mindelstettene coltivando intanto il sogno di diventare suora e partire missionaria in terre lontane.

A quei tempi era, però, necessaria una piccola dote per essere accolta in una congregazione religiosa, e per guadagnarsela la ragazza iniziò a lavorare a Ratisbona, all’età di 14 anni, in una famiglia di benestanti.

Nel 1896, però la morte del padre le impedisce di realizzare il suo desiderio. Anna, infatti, è costretta a tornare a Mindelstetten per aiutare la famiglia in piena povertà, con cinque fratelli e sorelle più piccoli di lei.

Occorre quindi un altro lavoro in qualche famiglia del posto. Trascorrono così alcuni anni; i piccoli di casa intanto crescono e forse presto non ci sarà più tanto bisogno di lei.

Anna ritorna quindi a ripensare alla sua partenza in una missione lontana.

Il 14 febbraio 1901, però, a 19 anni, avvenne una disgrazia che rappresentò il punto di svolta della sua vita: nella lavanderia della casa forestale di Stammham, dove lavorava, una canna fumaria stava per sfilarsi e cadere. Anna arrampicandosi per rimetterla a posto, cadde dentro una vasca di acqua calda con lisciva, e ne uscì riportando ustioni dolorosissime alle gambe, fino alle ginocchia. Questo incidente la rese invalida per sempre.

Nonostante si fosse sottoposta a più di trenta operazioni nell’ospedale di Kosching e poi nel centro medico universitario di Erlangen, sembrava non ci fosse alcun rimedio alle piaghe che l’azione corrosiva del detergente le aveva provocato.

Dovendo, perciò, rinunciare alla vocazione missionaria che aveva da sempre immaginato,

Anna tornò, dopo mesi di ricovero, dalla sua famiglia a Mindelstetten, che intanto era divenuta più povera di prima.

A 21 anni, Anna si ritrova ad essere protagonista di una disgrazia dopo l’altra. La famiglia è in rovina, lei prigioniera dei suoi dolori, resi insopportabili dalla certezza che non finiranno mai.

In questa situazione insopportabile anche per una ragazza così ricca di fede come lei, inizia un periodo di ribellione: si sfoga quindi con i suoi parenti, con le amiche, con il suo parroco padre Karl Rieder.

La conquista della serenità avvenne quindi dopo una lunga fatica, che porta Anna a convincersi che la sua non è una condanna, ma un compito che le affida il Signore al quale si è consacrata: condividere le sofferenze del Crocifisso, diventando “missionaria” dal suo letto.

Accettando, quindi, questa sua difficile vocazione, Anna offre le sue tante sofferenze al Signore: paralisi totale delle gambe, irrigidimento del midollo spinale, tumore all’intestino, oltre a quelle dovute alla disgrazia in lavanderia.

Così sofferente, cominciò a parlare dei suoi “sogni”, nei quali le appaiono il Signore e san Francesco e, nel 1901, ricevette la grazia di vedere il suo angelo custode che si presenta alla sua destra, di una bellezza indescrivibile, come il suo “amico più fedele”.

Da quel letto Anna restò sempre “attiva”, a voce o scrivendo lettere: consigliava e incoraggiava la gente venuta a chiederle aiuto e sostegno, scoprendosi una testimonianza indispensabile anche per i sani e i sicuri.

Aderì alla scuola di San Francesco come Terziaria e come il Santo, suo “maestro” spirituale, ricevette le stimmate della Passione di Cristo, nel giorno della memoria di lui, il 4 ottobre 1910. In quell’occasione, chiese a Dio la grazia che esse rimanessero invisibili.

“In questi momenti, credo che il mio Padre celeste mi ha amato particolarmente” disse una volta, riferendosi al crescere più intenso del dolore. Nel 1914, ricevette poi la grazia di uno sposalizio spirituale con Cristo.

Quando le sue sofferenze glielo permettevano, inoltre, cuciva. Il Cuore Sacro era la raffigurazione preferita che immaginava e cuciva come una fiamma a forma di spighe di grano, a dimostrazione della sua devozione per l’Eucaristia.

“L’Eucaristia – disse infatti Giovanni Paolo II nel giorno della sua beatificazione – è stata la fonte della sua forza”.

Nel settembre 1925, una caduta dal letto le tolse la voce. Morì il 5 ottobre, all’età di 43 anni, senza proferire alcuna parola se non il sussurro “Gesù, io vivo in te”.

In compenso lasciò 12 libri dove confidava i suoi pensieri.  “Ho tre chiavi del Paradiso – scrisse la giovane mistica – il più grande, di ferro e greggio, è pesante: è la mia sofferenza. Il secondo è l’ago di cucitura; il terzo è la penna”.

[Traduzione dal francese e rielaborazione a cura di Salvatore Cernuzio]

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ZENIT Staff

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