Le suore e la liberazione della donna in India

Le prime religiose italiane sono state chiamate dai missionari del PIME nella seconda metà dell’Ottocento

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Nel dicembre scorso è scoppiato in India, e poi rimbalzato sulla stampa italiana, il crimine odioso delle numerose donne vittime di violenze sessuali nell’arco di pochi giorni, a volte di una crudeltà disumana come lo stupro di una bambina di sette anni. Pare che queste violenze siano in aumento nelle città indiane, ma questa volta le donne hanno reagito organizzando imponenti manifestazioni contro queste violenze, delle quali la politica e la giustizia indiane sottovalutano la gravità. Leggendo queste notizie ho ripensato alle lettere che i missionari del Pime, in India dalla metà dell’Ottocento, scrivevano descrivendo la semi-schiavitù della donna indiana e come l’entrata delle suore missionarie nel paese abbia segnato l’inizio di un cammino di istruzione e redenzione di quest’altra metà della società indiana.

Oggi nessuno più ricorda che in India il riscatto della donna è venuto dopo che le missioni cristiane (cattoliche e protestanti) hanno iniziato il loro lavoro sociale e le suore cattoliche hanno accolto nelle loro scuole le prime bambine che venivano scolarizzate. In genere, nelle culture non cristiane (in Asia e Africa) la liberazione della donna è iniziata con l’annunzio del messaggio evangelico. In India, ben prima della colonizzazione inglese (iniziata nel 1876), che ha poi fatto leggi in favore delle donne, c’erano già le suore che lavoravano per la promozione femminile e le prime comunità cristiane che davano esempi concreti di cosa vuol dire dare alla donna l’educazione e la libertà di crescere come persona, al pari degli uomini.

Ma non si tratta solo di scuola e di diritti umani primari. In India ho sentito spesso ripetere che, a parità di condizioni, le ragazze cristiane sono più desiderate, più richieste per moglie delle altre, perché hanno una formazione diversa che le rende mogli più gradite e più utili al marito e alla famiglia.

Le prime suore italiane, quelle di Maria Bambina, sono state chiamate in India dai missionari del Pime, che erano in Bengala e in Andhra Pradesh dal 1855. Padre Albino Parietti scriveva nel 1858 a mons. Marinoni direttore del nuovo istituto missionario a Milano, che sperava prossimo l’arrivo delle suore, perché “senza di loro, tenere aperte scuole regolari per le bambine sarebbe impossibile, le religioni locali (induismo e islam) non le vogliono. Bisogna incominciare “insegnando lavori femminili… prima di urtare così forte contro le persuasioni, facendo una scuola”; e aggiunge: “Le donne della religione braminica sono obbligate all’ignoranza ed è loro proibito leggere e scrivere”. Questo cose in India si sanno e il fascino del cristianesimo viene anche da questo fatto storico: le missioni cristiane sono state le prime ad elevare le donne e le categorie più sfortunate del popolo indiano, i fuori casta (paria), le basse caste, i tribali.

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Piero Gheddo

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