Le sette candele nella Messa del Vescovo

Risponde padre Edward McNamara, L.C., professore di Teologia e direttore spirituale

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Questa settimana, padre McNamara offre una risposta ad una domanda sollevata da un lettore italiano.

C’è una relazione tra le sette candele utilizzate ogni volta che un vescovo celebra la Messa e la menorah del Tempio di Gerusalemme ? – C.S., Roma

No, non c’è alcuna relazione diretta e probabilmente neppure indiretta.

Alcune usanze ebraiche sono entrate direttamente nel culto cattolico sin dall’inizio, ad esempio parole come Amen, Alleluia e le strutture basilari di alcune delle nostre preghiere di benedizione e Preghiere Eucaristiche.

Numerose altre usanze sono entrate indirettamente a far parte del culto molto più tardi, trovando la loro ispirazione nella Sacra Scrittura, che abbiamo in comune con l’ebraismo. Ad esempio, nel Medioevo sono state composte preghiere per il rito dell’ordinazione, che facevano riferimento alle vesti sacre di Aronne e degli altri sommi sacerdoti. Dopo alcune generazioni, queste preghiere hanno ispirato l’introduzione di riti durante i quali i nuovi ordinati venivano ritualmente vestiti durante la celebrazione. Ci sono molti esempi simili di questi influssi indiretti.

Per quanto riguarda la nostra domanda, l’attestazione più antica dell’uso di sette accoliti con candele viene dalla liturgia papale del VII secolo. Queste candele sono poi state messe per terra davanti all’altare, non sull’altare.

L’utilizzo di accoliti con torce risale probabilmente all’usanza nella Roma imperiale di accompagnare alcuni alti funzionari con fiaccole accese, mentre un altro portava una copia riccamente decorata del codice di leggi.

Tuttavia, il numero di queste torce non era specificato. Pertanto, anche se la pratica deriva dall’uso romano, la scelta di proprio sette accoliti non sembra casuale. Alcuni autori dicono che questo numero potrebbe essere stato ispirato dalle sette lampade menzionate nel primo capitolo dell’Apocalisse. Si tratta solo di una ipotesi, del resto difficilmente  verificabile.

Le sette lampade dell’Apocalisse potrebbero essere in qualche modo legate alla menorah, ma questo non ha influenzato la loro introduzione nella liturgia.

La pratica descritta nella fonte del VII secolo fu poi interrotta a Roma, anche se in alcuni monasteri è stata conservata. Poi, intorno alla prima metà del XI secolo appaiono le candele sull’altare stesso. Tuttavia, né questa pratica né il numero di candele era generalizzato.

È solo verso la fine del XIII che l’usanza di mettere sette candele sull’altare per la Messa del vescovo è stata reintrodotta nella liturgia romana. Nel cerimoniale scritto dal cardinale Giacomo Stefaneschi (1270-1343) si legge molto chiaramente: “Quando il Papa celebra in modo solenne, sette candele devono essere poste sull’altare”.

Questa pratica continua tuttora, anche nella forma straordinaria. Il Cerimoniale dei Vescovi per la Messa pontificale del vescovo dice infatti chiaramente che i ceri posti sull’altare devono essere sette. La croce viene collocata davanti al cero centrale, il quale viene posizionato più in alto rispetto agli altri.

Per quanto riguarda la forma ordinaria la pratica è meno precisa, per un semplice motivo: nella forma ordinaria è infatti consentito di posizionare le candele vicino all’altare e non solo sopra di esso. Nei n° 125 e 128, il Cerimoniale dei Vescovi prevede la possibilità di avere da due a sette accoliti con candele accese nella processione d’ingresso. Queste candele possono poi essere poste sia sull’altare che vicino ad esso.

Anche se non è esplicitamente menzionato nel libro liturgico, e in conformità con la prassi delle celebrazioni papali, è possibile avere sette candele sopra o vicino all’altare prima dell’inizio della Messa. Per la processione d’ingresso due portatori di ceri accompagnano la croce processionale, i quali possono essere seguiti da sei portatori di fiaccole. In questo caso le candele usate nella processione d’ingresso vengono poste discretamente da parte dopo la processione. Verranno poi utilizzate durante la proclamazione del Vangelo e alla fine della Messa. Le sei fiaccole accompagnano il turibolo davanti all’altare durante la Preghiera Eucaristica .

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Seguito: Comunione e divorziati risposati

Diversi lettori, tra cui anche alcuni che soffrono molto a causa della loro situazione, hanno risposto alla nostra rubrica del 14 febbraio scorsa sulla comunione ai cattolici divorziati e risposati. Sono inclusi nelle nostre preghiere, anche se non possiamo offrire loro delle soluzioni concrete per uscire dalla loro situazione, oltre a quelle già offerte dalla Chiesa.

Alcuni parroci hanno chiesto se l’assenza di un tribunale matrimoniale o se quello disponibile ha accumulato arretrati di vari anni, cambierebbe la risposta che ho dato.

Dal momento che essa era basata sul principio che il foro interno non può decidere questioni di validità matrimoniale, la mancanza di risorse legali non cambia tale principio.

Questo non significa che tali problemi non vanno affrontati, anzi, in alcuni Paesi l’inefficienza dei tribunali richiede una azione urgente. Pur non essendo un canonista sono sicuro che alcune procedure possano essere snellite, il quale accelererebbe la conclusione dell’iter processuale, soprattutto in quei casi in cui le prove della nullità sono piuttosto nette.

Allo stesso tempo, il processo di annullamento va fatto seriamente, in modo da stabilire il fatto della nullità. Per quanto riguarda l’invalidità di un sacramento, la probabilità non è sufficiente.

Questo è, del resto, anche un campo in cui un maggiore ricorso a religiosi e a laici (uomini e donne) canonicamente formati potrebbe portare benefici. Alcuni incarichi come vicario giudiziale sono necessariamente coperti da sacerdoti, ma questi ultimi, oltre al tribunale, sono spesso impegnati in un ampio ventaglio di attività pastorali. Laici e religiosi qualificati possono, e in alcuni Paesi già lo fanno, migliorare l’efficienza dei tribunali, senza venir meno nell’attenzione scrupolosa per stabilire i fatti.

[Traduzione dall’inglese a cura di Paul De Maeyer]

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I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

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ZENIT Staff

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