Le risonanze sociali ed ecclesiali della visita del Papa in Messico (prima parte)

A colloquio con tre sacerdoti del Pontificio Collegio Messicano di Roma

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di José Antonio Varela Vidal

ROMA, martedì, 13 marzo 2012 (ZENIT.org) – A undici giorni dal viaggio del Papa in Messico e Cuba, ZENIT ha visitato il Pontificio Collegio Messicano di Roma. Fondato nel 1967 dall’episcopato messicano per la formazione dei seminaristi, la struttura situata in Via del Casaletto ospita oggi sacerdoti inviati a Roma per specializzarsi presso le università pontificie della Città Eterna.

La comunità è costituita attualmente da 112 sacerdoti e 4 diaconi. ZENIT ha avuto l’opportunità di avere con tre di loro una conversazione amichevole, nello spirito accogliente e vivace che caratterizza i messicani.

Alla conversazione hanno partecipato i padri Armando Flores Navarro, della diocesi di Zamora (nello Stato di Michoacán) ed attuale rettore del Collegio, assieme a Javier Yael Cebada, della diocesi di Orizaba (Veracruz), che studia teologia dogmatica, e Emmanuel Leal Montes, della diocesi de La Paz (Bassa California), che si sta specializzando in filosofia.

Dicono che solo in Messico sanno accogliere il Papa… È vero?

Padre Javier Yael Cebada: Siamo un popolo di fede, riconoscente a Dio per tutto quello che abbiamo ricevuto da Lui. Il Papa per noi è il rappresentante di Cristo e siamo molto felici ed emozionati per la sua visita in Messico. Siamo un popolo allegro che è felice perché riceve il suo pastore.

Voi conservate grati ricordi del Beato Giovanni Paolo II. Quante volte ha visitato il Messico?

Padre Emmanuel Leal Montes: Papa Giovanni Paolo II è stato una grande figura, un grande pastore nella Chiesa: ha visitato il nostro Paese cinque volte e, in tutte le occasioni, si è manifestata una grande gioia nel popolo messicano per la sua presenza e il suo messaggio. Adesso c’è anche una grande aspettativa per questa prima visita di Papa Benedetto XVI.

Quale è il filo conduttore dei messaggi che Giovanni Paolo II ha lasciato al popolo messicano?

Padre Armando Flores Navarro: Dobbiamo inserire i messaggi nei contesti in cui ogni visita si è svolta. La prima (che fu anche la prima del suo pontificato, subito dopo Santo Domingo) è stata l’occasione per incontrare l’episcopato latinoamericano per l’inaugurazione nel 1979 della III Conferenza del CELAM (Consiglio Episcopale Latinoamericano). In questo orizzonte ha iscritto una serie di elementi che hanno dato chiarezza al cammino della Chiesa, centrando non solo la riflessione ma anche l’azione pastorale sulla verità su Gesù Cristo, sulla Chiesa e sull’uomo. Quella del 1990, poi, è stata una visita di carattere pastorale, con un messaggio molto appropriato per diversi settori della società. Un’altra visita si è svolta nel 1999 per consegnare l’Esortazione Apostolica Ecclesia in America, la quale aveva una dimensione americana, perché ha incontrato gli episcopati di tutti i Paesi di tutto il continente. Poi, nel 2002, abbiamo avuto la visita per la canonizzazione di Juan Diego, caratterizzata da un messaggio molto speciale ai popoli indigeni. Il suo magistero, durante le visite, è stato molto ampio e vasto, sempre marcato dalla sua grande preoccupazione per quello che è l’uomo che vive in società, che desidera e cerca Dio. La visita di Benedetto XVI va intesa nel suo significato latinoamericano, perché il Messico, come Cuba, è un Paese di lingua spagnola; per questo va evitato di dare un significato troppo locale, già alcuni vogliono strumentalizzarla per scopi politici, mentre lo sguardo del Papa è più profondo, di un orizzonte più ampio.

Ma il popolo messicano aspetta la parola del suo pastore universale…

Padre Javier Yael Cebada: Per prima cosa vogliamo essere incoraggiati nella fede. Noi viviamo situazioni che preoccupano tutti, non solo i cattolici. Abbiamo bisogno di essere nutriti nella nostra fede e speranza, essendo uomini in mezzo a circostanze particolari che stanno vivendo il Messico ed altre nazioni, come l’insicurezza ed altri temi molto delicati. La figura del Papa, con la sua presenza, viene a darci quella luce, quella serenità e quella profondità per essere uomini di lavoro che lottano e che continuano a sperare. Durante questa visita, che non è di natura politica, dobbiamo ascoltare il nostro pastore.
Padre Emmanuel Leal Montes: La gente aspetta il messaggio del suo pastore per tutta la Chiesa, così come la sua vicinanza. Penso che la visita del Papa riaffermi la nuova evangelizzazione che tutta la Chiesa deve realizzare. È una visita che avrà risonanze sociali ed ecclesiali.

Che significato hanno i luoghi dove si recherà il Papa?

Padre Emmanuel Leal Montes: L’Eucaristia di apertura, che sarà celebrata a Silao, ai piedi della collina del Cubilete, sulla quale spicca un monumentale santuario con statua di Cristo Re, si svolgerà in un posto molto significativo, perché corrisponde al centro geografico di tutta la nazione. Questa immagine di Cristo è un simbolo della fede cristiana, collocata lì dopo la guerra dei Cristeros, la quale ci ricorda degli eventi difficili che hanno interessato il nostro Paese e della fede per la quale tanta gente ha versato il suo sangue. È significativo, perché è una riaffermazione della fede e sarà un invito alla testimonianza cristiana che tutti noi dobbiamo dare.

Padre Armando Flores Navarro: È anche un centro eucaristico nazionale di adorazione perpetua, dove tutto il giorno i laici vengono e si alternano i turni di adorazione perpetua.

Come si sta preparando il Pontificio Collegio Messicano alla visita?

Padre Armando Flores Navarro: Il Collegio è un pezzetto di Messico a Roma e in questo senso siamo molto contenti perché sentiamo che la visita è anche a noi. In questa gioia ci sentiamo impegnati e solidali con la Chiesa in Messico e la comunità si è impegnata a pregare intensamente affinché il Signore accompagni, rafforzi ed illumini il Santo Padre in questa visita. E per la Chiesa in Messico affinché si prepari in modo adeguato ad accogliere con docilità il suo insegnamento, incontri la luce che Dio le vuole dare attraverso il suo magistero. Dall’altro lato, questa comunità già vive nel mondo globalizzato e oggi, anche se la visita è molto lontana, la sentiamo molto vicina. Siamo impegnati nei social network e dobbiamo utilizzare la rete per animare; il loro impatto è molto impressionante, come abbiamo visto durante la Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid.

(La seconda e ultima parte dell’intervista ai sacardoti del Pontificio Collegio Messicano sarà pubblicata domani, mercoledì 14 marzo 2012)

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Paul De Maeyer]

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ZENIT Staff

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