Le priorità delle Religiose dell'Assunzione (Terza ed ultima parte)

Intervista con la nuova Superiora Generale, suor Martine Tapsoba

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di Anita Bourdin

ROMA, martedì, 28 agosto 2012 (ZENIT.org) – Il carisma delle Religiose dell’Assunzione nasce alla “passione per Cristo” della loro fondatrice, santa Maria Eugenia: “unificata dalla contemplazione, la passione per il Cristo e per l’uomo che abita il cuore di una suora dell’Assunzione diventa capacità d’amore”, spiega suor Martine Tapsoba.

Pubblichiamo la terza ed ultima parte dell’intervista con sr. Martine Tapsoba, del Burkina Faso, Superiora Generale della Congregazione delle Religiose dell’Assunzione.

Come definirebbe il ​​carisma dell’Assunzione, come presentarlo ai giovani?

Sr. Martine Tapsoba: È un carisma che nasce da una passione! La passione di santa Maria Eugenia per Cristo! Essa è marcata dal mistero dell’Incarnazione, che la rende attenta alle persone e al mondo, “luogo di gloria per Dio”. Per la Congregazione da lei fondata, ha voluto una forte vita di preghiera personale e liturgica, appoggiata su una vita comunitaria semplice e fraterna, orientata alla missione educativa. Il carisma dell’Assunzione si basa dunque sulla triade comunità, missione e preghiera. Si tinge di speranza, di gioia e di libertà. Unificata dalla contemplazione, la passione per il Cristo e per l’uomo che abita il cuore di una suora dell’Assunzione diventa capacità d’amore. Contemplando in questo modo il mondo e le persone consente di vederli alla luce del Vangelo. Come Maria Eugenia, siamo mosse ad agire con determinazione per restaurare le persone nella loro dignità primaria e lavorare per l’avvento del Regno di Dio in questo mondo. Oggi, gli aspetti concreti di questa missione sono ricchi e diversificati quanto i 32 Paesi in cui la congregazione è presente, con particolare attenzione ai giovani, agli immigrati e all’ecologia, come sottolineano gli orientamenti del Capitolo che ho menzionato all’inizio. Ovunque, si tratta di accompagnare le persone e i popoli, per consentire loro di vivere una “trasformazione”, affinché possano essere quello che sono “con quanta più pienezza possibile”, lasciando a ciascuno il colore della sua grazia particolare. La libertà, la gioia, il senso di comunità e l’esigenza di una vita interiore solida raggiungono la sete dei giovani, in un mondo dove i riferimenti vengono a mancare. La chiamata a dare il meglio di sé e a vivere in “comunione di destino” con l’umanità, in internazionalità, risveglia la loro generosità e il loro gusto dell’incontro, che assumono una nuova dimensione nel contesto della globalizzazione.

Le vostre suore africane sono state messe a dura prova in Ruanda e Congo, in particolare: come si esprime in queste circostanze la solidarietà di tutta una Congregazione?

Sr. Martine Tapsoba: La solidarietà della Congregazione nelle prove vissute dalle nostre consorelle in Ruanda si è manifestata con la preghiera di tutto il Corpo-Congregazione sparso per il mondo, nonché la compassione, l’interesse, la preoccupazione di farle uscire dal pericolo, almeno per un periodo, e l’accoglienza da tutta la congregazione, la condivisione e il sostegno a tutti i livelli.

Le nostre consorelle del Congo sperimentano anche delle difficoltà di un altro ordine, e noi manifestiamo lo stesso interesse per ciò che sta accadendo nel loro Paese, preghiamo per la pace nel loro paese e in tutti i nostri paesi che subiscono violenze di ogni genere, condividiamo le loro preoccupazioni le popolazioni che servono con dedizione attraverso l’educazione delle bambine; noi speriamo in un futuro migliore per loro e le loro famiglie. Ci sono molti altri Paesi in cui le nostre consorelle hanno condiviso le sofferenze dei loro popoli, come in Ciad nel 2008, in America Centrale (Guatemala, El Salvador, Nicaragua, che hanno subito a turno delle grandi inondazioni), in Costa d’Avorio nel 2010-2011, nelle Filippine regolarmente flagellate dalle inondazioni, ma anche in Giappone, un anno fa. Ogni volta, c’è lo stesso interesse, la stessa preghiera, e lo spiegamento spontaneo di tutto ciò che si può fare per aiutare. Quest’anno è la volta della carestia in alcune regioni del Niger e Burkina Faso, situazioni aggravate dai problemi nel Mali e che provocano degli spostamenti di popolazione verso i Paesi vicini. Infatti, c’è sempre un membro del Corpo che soffre e gli altri che sono lì per sostenerlo.

La vostra missione abbraccia ora tutti i continenti: come ha accolto l’elezione? Come compiere la vostra missione, “rimanere in contatto” con il terreno?

Sr. Martine Tapsoba: Ho accolto la mia elezione come un segno di fiducia da parte delle mie consorelle. Hanno visto, percepito, che io sono colei che può camminare con loro ed accompagnarle come Superiora Generale in questa tappa della vita della nostra famiglia religiosa, nella situazione storica che noi viviamo oggi, con l’aiuto delle Consigliere Generali che mi hanno dato. Ho accolto questa scelta come un invito ad amare di più, una chiamata ad un più grande dono della mia persona, una “opportunità” di continuare ad espandere le mie potenzialità al servizio di tutti e di tutte.

La nostra missione è una missione di governo e di animazione della Congregazione. Il Capitolo Generale ci ha affidato degli Orientamenti che ho menzionato in precedenza. Questo necessita delle prese di decisione e dei passi concreti affinché cresca la vita nelle nostre comunità e attraverso la missione. Vi è la dimensione molto importante della formazione attraverso delle sessioni internazionali da organizzare e da animare. L’accompagnamento delle suore, durante le sessione nella Casa Generalizia o nei vari incontri, permette di avvicinare la realtà dal versante della rilettura e della vita interiore. L’informazione regolare che ci danno le comunità e le superiore provinciali ci mette al corrente del vissuto. Inoltre, una parte molto importante del nostro lavoro, che assorbirà la metà del nostro tempo, consisterà nel visitare le consorelle in 32 Paesi delle 17 province o ovunque abbiamo delle comunità. Attraverso queste visite, andiamo incontro alle nostre consorelle sul posto, osserviamo da vicino le loro realtà. La condivisione che loro fanno della loro vita e della loro missione, gli incontri che loro permettono di fare, tutto questo ci aiuta a renderci consapevoli di quello che sta accadendo concretamente. Noi dobbiamo assicurarci che loro stanno attuando gli Orientamenti della Congregazione, quelli che noi abbiamo scelto in risposta alle esigenze del nostro tempo, in fedeltà allo spirito della fondatrice Maria Eugenia  e al carisma che ci ha lasciato. A questo livello, non penso che noi avremo molto ad insegnare a loro. La Congregazione cammina nella direzione giusta, penso. Ma la nostra presenza può incoraggiarle, stimolarle nella loro vita religiosa, promuovere e rafforzare la comunione tra noi, in Congregazione.

[La seconda parte dell’intervista è stata pubblicata ieri, lunedì 27 agosto]

[Traduzione dal francese di Paul De Maeyer]

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ZENIT Staff

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