Le parabole della divina misericordia

E’ l’unica forza che può cambiare il mondo, perché è l’unica che può cambiare il cuore dell’uomo

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Il capitolo 15 del Vangelo di San Luca ci presenta le tre parabole della misericordia. In questo testo vediamo all’inizio l’invidia e le critiche che i farisei e scribi dirigevano contro il Signore. I farisei e gli scribi erano i capi religiosi d’Israele, persone che si ritenevano puri, separati, custodi dell’Alleanza del popolo con Dio. Quegli uomini religiosi cercavano di compiere la Legge antica, ma non conoscevano il cuore di Dio, che è pieno di misericordia e di compassione con i peccatori.

Gesù risponde alla durezza di quegli uomini con parabole che ci fanno quasi toccare la tenerezza di Dio con la sua creatura e che si manifesta nella persona e opera di Gesù Cristo. Nella prima parabola, Gesù si presenta come il Pastore d’Israele che è stato inviato da Dio per cercare la pecora perduta che è tutta l’umanità. Quest’unica pecora persa e ferita siamo tu ed io, siamo tutti noi. Tutti siamo feriti per i nostri peccati e abbiamo bisogno dell’incontro con Cristo Buon Pastore per essere guariti e vivere bene.

La seconda parabola ci parla di questa donna che quando perde una moneta di grande valore, spazza tutta la casa cercando quel suo piccolo tesoro. E al trovarlo fa festa con le sue amiche. Questa moneta di grande valore sei tu e sono io. E la donna che cerca la moneta per tutta la casa, che è il nostro mondo è la Chiesa. Lei è una madre buona, che ci generato per la vita della grazia e che fa festa per ogni peccatori che torna a casa con il cuore pentito. 

Allora il Signore racconta questa parabola molto conosciuta: dei due figli. Il più piccolo chiede la sua parte dell’eredità a suo Padre e va via di casa. Questo figlio è ogni uomo che prende i doni di Dio e cerca di vivere per se stesso, senza rispondere a Dio e alla propria coscienza. Questo è il figlio ingrato che non è capace di ringraziare Dio per i suoi doni, non è capace di riconoscere che il dono più grande che ha è Dio stesso. Quanti uomini oggi vogliono vivere in totale autonomia, senza ricordarsi di Dio, senza dargli culto, senza ringraziarlo, senza voler dipendere di lui. Chi lo fa pensa di essere libero, ma presto diventa schiavo di se stesso, dei propri capricci, del peccato. Apparentemente senza Dio la vita è la stessa cosa, ma il cuore umano ha un vuoto nella misura di Dio (Dostoievskij) e quando non viviamo con Lui, nulla può riempire questo vuoto e la vita diventa triste, povera, priva di senso.

Questo figlio ingrato a un certo punto si rende conto di quanto abbia perso. Inizia a pascolare i porci, animali che per i giudei sono impuri, e deve compartire il suo cibo con questi animali. Questa è la triste situazione di chi vive nel peccato. È privo di ogni dignità, di ogni soddisfazione vera. Può sembrare una persona libera, ma il suo cuore è vuoto, triste. Sente una grande mancanza: quella del Padre. Questo figlio sente che deve tornare a casa, a casa del suo Padre Dio e della sua Madre, la Chiesa.

Nella parabola il figlio più giovane torna a casa, pensando di poter esser trattato come un impiegato del suo padre. E che cosa succede? «Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio». Il figlio torna dal Padre pentito e il Padre lo perdona totalmente, lo abbraccia, lo bacia, fa festa per quel figlio che era morto e torna allora alla vita.

Così fa Dio con ogni peccatore, così lui fa spesso con ciascuno di noi. Sempre che siamo pentiti e andiamo da lui, lui ci abbraccia, ci perdona, ci ridona la dignità e i doni persi. Questo succede nella casa del Padre, nella Chiesa, per mezzo del Sacramento della Penitenza. Questo Sacramento è un incontro con la misericordia divina, è il bacio che Dio da nelle nostre fronti e ci dice: «io ti assolvo dei tuoi peccati. Va’ en pace e non tornare a peccare». Come dobbiamo imparare a vivere bene questo Sacramento, questo incontro con la misericordia del Padre. In questo incontro anche noi arriviamo con il cuore ferito, con una sensazione di vuoto, di vergogna, di paura, come il figlio prodigo. E che cosa succede? Se stiamo pentiti e decisi a non tornare a offendere il Padre, Lui ci perdona totalmente, ci riempie il cuore di gioia, di pace e ci dà la forza per non tornare a peccare. E lui ci fa una festa, ci invita al suo banchetto, al banchetto dell’Eucaristia, nel quale riceviamo come cibo e bevanda il corpo, sangue, anima e divinità di Gesù Cristo.

La parabola parla anche del figlio maggiore che sente invidia del suo fratello e diventa triste con la bontà del suo Padre. Questo figlio rappresenta gli scribi e i farisei, quelli che in teoria stavano vicini a Dio, ma non riconoscevano la bontà e la misericordia di Dio.

Vedendo questi testi capiamo che siamo tutti invitati a riconoscere e ad accettare la misericordia infinita di Dio. Questa è l’unica forza che può cambiare il nostro mondo, perché è l’unica cosa che può cambiare il cuore dell’uomo. Lasciamo che la misericordia divina ci trasformi. Non ci stanchiamo mai di chiedere perdono a Dio. Come bene ha detto il Papa Francesco, «lui non si stanca mai di perdonarci, siamo noi che ci stanchiamo spesso di chiederlo perdono». Non ci stanchiamo di Dio e del suo perdono. Chiediamolo l’umiltà di riconoscere sempre i nostri peccati e di vivere uniti alla misericordia divina.

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Anderson Alves

Sacerdote della diocesi di Petrópolis – Brasile. Dottore in Filosofia presso alla Pontificia Università della Santa Croce a Roma.

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