Papa Francesco con le donne e i bambini liberato dal racket - Servizio Fotografico © L'Osservatore Romano

Le nuove schiavitù e il volontariato cattolico

La solidarietà e il saluto pastorale del Papa alle giovani donne vittime della violenza e dello sfruttamento sessuale

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Abbiamo pubblicato ieri la notizia della visita a sorpresa di Papa Francesco, nell’ambito dell’iniziativa giubilare dei “Venerdì della Misericordia”, ad una casa romana di accoglienza della Comunità Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi. Nella casa sono attualmente ospitate venti giovani ragazze, per lo più straniere, liberate dalla schiavitù della tratta e della prostituzione.
Fra i molti drammi indotti dalla globalizzazione, quello delle nuove schiavitù, della tratta di esseri umani, impone un particolare allarme alle coscienze. Anche perché ci mette dinanzi alla drammatica evidenza che l’affermazione del modello economicista, esclusivamente basato sul primato del profitto e privo di ogni riferimento etico e sociale, ha interrotto un ciclo di sviluppo, faticosamente avviato nel dopoguerra, che aveva prodotto importanti processi evolutivi (basti pensare alla “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”, proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948).
Papa Francesco ne parla esplicitamente nell’Enciclica Laudato si’: “La cultura del relativismo è la stessa patologia che spinge una persona ad approfittare di un’altra e a trattarla come un mero oggetto, obbligandola a lavori forzati, o riducendola in schiavitù. È anche la logica interna di chi afferma: ‘lasciamo che le forze invisibili del mercato regolino l’economia’. Se non ci sono verità oggettive né princìpi stabili, al di fuori della soddisfazione delle proprie aspirazioni e delle necessità immediate, che limiti possono avere la tratta degli esseri umani, la criminalità organizzata, il narcotraffico, il commercio di diamanti insanguinati…?”.
Dando consequenzialità alle parole dell’Enciclica – in linea con il suo stile apostolico dove enunciazione e prassi, dottrina ed esempio, viaggiano di pari passo –, Papa Francesco (che è arrivato all’incontro accompagnato da mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione) ha portato il suo messaggio pastorale alle giovani vittime della tratta ed ha ascoltato le loro drammatiche testimonianze. All’incontro erano presenti anche Paolo Ramonda e don Aldo Buonaiuto, responsabili della Comunità Giovanni XXIII, che da molti anni si battono per liberare le ragazze dalla schiavitù della prostituzione.
“Quando ha suonato il campanello della casa di via Pietralata ed è entrato, le giovani ignare di questa visita sono scoppiate in un pianto di gioia”, leggiamo sul sito della Comunità Giovanni XXIII (www.apg23.org). “L’ascolto delle loro storie, le violenze subite, le sevizie, le minacce ripetute hanno commosso il viso attento e paterno del Pontefice”.
Tra le diverse testimonianze, quella di una ragazza originaria della Romania. Voleva aiutare economicamente la sua famiglia, molto povera. Questa condizione di bisogno l’aveva condotta in Italia appena diciottenne, con la speranza di un lavoro di babysitter promessole dai suoi vicini di casa. Ma presto si era rivelato il suo amaro destino: la coercizione a prostituirsi a suon di botte e di minacce. Un destino da cui si era salvata solo grazie a don Aldo e ai volontari della Comunità Giovanni XXIII, che si erano presi cura di lei facendola rifiorire nel corpo e nello spirito.
“Il Santo Padre ci ha spronato a continuare in questa condivisione così importante e coraggiosa”, hanno raccontato i responsabili della Comunità Giovanni XXIII. “Ha chiesto perdono per tutti i credenti che abusano di queste sorelle e ha chiesto che i legislatori non siano indifferenti, ma che tutelino la dignità delle donne”. Poi Papa Francesco ha concluso l’incontro con queste parole: “Vivete con speranza e con gioia il futuro che vi attende”, e si è quindi accomiatato salutando personalmente, uno per uno, i membri della comunità e le giovani ragazze assistite dalla casa di accoglienza.
Il gesto del Pontefice, ampiamente ripreso dagli organi d’informazione, ha riportato l’attenzione su un fenomeno – quello delle giovani donne avviate con la violenza alla prostituzione – che, al pari di altre tragedie indotte dalla globalizzazione, viene spesso derubricato a conseguenza “inevitabile” dello sviluppo.
In Italia si stima che siano tra 75mila e 120mila le vittime della prostituzione. Il 65% è in strada, il 37% è minorenne, tra i 13 e i 17 anni. La tratta di esseri umani e lo sfruttamento sessuale hanno come cause profonde la diseguaglianza tra uomini e donne e la povertà, aggravate dalle disparità etniche e da altre ingiustizie come i conflitti armati. Le vittime appartengono alle categorie vulnerabili, in condizioni sociali ed economiche sfavorevoli.
Un dossier emanato da “Save the Children” nel 2013 calcola in 20,9 milioni le vittime del lavoro forzato nel mondo. Di esse un numero non quantificabile ma importante è costituito dalle vittime di tratta: donne adulte e minorenni sradicate dai paesi d’origine per essere sfruttate a livello sessuale. Un fenomeno che non conosce crisi, in crescita sia in Europa che in Italia, e che frutta alle organizzazioni criminali ingenti proventi, spesso reinvestiti in armi e droga. Secondo tale dossier, in Europa nel 2010, risultavano circa 10mila vittime accertate, di cui il 15% minori; l’Italia era il Paese dov’era stato segnalato il maggior numero di vittime, pari a circa 2.400.
Di fronte a un dramma di queste proporzioni, assume ancora più rilievo l’impegno del volontariato cattolico, impegnato a dare sollievo a questa piaga sociale. Nel corso dell’incontro, il responsabile generale Giovanni Ramonda ha presentato al Pontefice la campagna “Questo è il mio corpo”, messa in atto dalla Comunità Giovanni XXIII per arginare l’ignobile domanda dei clienti e del racket della prostituzione. La Comunità, che è attualmente presente sul territorio nazionale con 21 unità di strada, in 25 anni ha accolto e sottratto alla vita di strada oltre 7000 ragazze in tutto il territorio nazionale. Ed attualmente ne tutela circa 400 in regime di protezione. Come diceva don Oreste – ha sottolineato Ramonda – “nessuna donna nasce prostituta, ma c’è sempre qualcuno che ce la fa diventare”.
E con riferimento a don Oreste Benzi, ci piace concludere con un testo inedito ritrovato fra le sue carte relative agli anni 2003-2004, che suona oggi più che mai attuale: “Io dico spesso ai giovani: ribellatevi, non con la violenza, ma con la vita, senza mai demordere. Non scendete a compromessi. Riappropriatevi della gestione della società. Siete stati sradicati dalle vostre origini, vi è stato tolto il futuro dalle mani. Nella società del profitto il potere economico, politico, finanziario, ha come fine principale se stesso. Le leggi che lo regolano non tengono conto dell’uomo, del suo bene, del suo progresso. Occorre che le persone che non accettano le regole del profitto s’incontrino per dare vita a ‘mondi alternativi’. Se uno è solo potrà essere additato come esempio, ma non cambia la storia. Se sono più persone, incidono sulle dinamiche della società del profitto e le mettono in crisi…”.

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ZENIT Staff

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