Le novità del Sinodo sulla Parola

Secondo il teologo Pié-Ninot, invitato al vertice ecclesiale come esperto

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di Miriam Díez i Bosch

ROMA, martedì, 13 gennaio 2009 (ZENIT.org).- L’esperienza sinodale è stata “viva”, “dinamica” e “affascinante”, afferma uno dei suoi partecipanti, il teologo Salvador Pié-Ninot, docente presso la Facoltà di Teologia della Catalogna e la Pontificia Università Gregoriana di Roma.

Per il teologo, nominato da Benedetto XVI “esperto” nel vertice ecclesiale, il Sinodo ha comportato tre grandi apporti sul piano ecclesiale, teologico e pastorale, che spiega in questa intervista a ZENIT.

I partecipanti al Sinodo sono usciti raggianti, felici. Anche lei.

Pié-Ninot: Io sono felice per questa vitalità, soprattutto per il forte impatto dell’America Latina – il 43% del cattolicesimo! –, come mi hanno colpito la “forte” India con l’insistenza sulla povertà e l’analfabetismo, gli africani preoccupati per la diffusione della Bibbia tra la gente semplice e l’islam, i mediorientali interpellati dall’ecumenismo con gli ortodossi, con Israele e l’islam, gli interventi dei francesi, molti interventi dei Vescovi del Primo Mondo sulla secolarizzazione, l’indifferenza e la fame di una parola “definitiva”, la testimonianza comunitaria dei superiori generali…

Tra tanta effervescenza, qual è stata la novità di questo Sinodo?

Pié-Ninot: Come novità di questo Sinodo c’è stata ogni giorno un’ora per interventi liberi di tre minuti da parte dei Padri sinodali. Sono stati importanti i vari interventi dei delegati fraterni: il Patriarcato greco (con il primo teologo ortodosso attuale, Zizoulas), il Patriarcato di Mosca, la Comunione anglicana (con il notevole biblista N.T. Wright), la Federazione Luterana Mondiale, così come la testimonianza di Taizé… Anche l’arcirabbino Cohen di Israele ha proposto una spiegazione preziosa dell’uso della Bibbia nel mondo ebraico, anche se le sue dichiarazioni successive esterne all’Aula l’hanno offuscata.

E’ stato un incontro eminentemente pastorale, e non tanto teologico…

Pié-Ninot: Gli interventi dei Vescovi hanno chiaramente dato priorità alla pastorale. Abbiamo visto come la Parola di Dio non si riduca alla Bibbia e i suoi vari significati a partire da Gesù Cristo, Parola di Dio, il cristianesimo come religione, non del Libro (come ebrei e musulmani), ma di una Persona, Gesù Cristo stesso.

Che cosa significa la notevole presenza in Aula del Papa?

Pié-Ninot: Il Sinodo è stato un’esperienza ecclesiale affascinante, pur se con le sue limitazioni, che ricorda la bella formulazione di Paolo VI durante il Concilio Vaticano II, quando affermò che il Sinodo si istituisce perché nella guida della Chiesa non manchi al Papa il calore della presenza dei Vescovi, l’aiuto della loro prudenza ed esperienza, la sicurezza del loro consiglio e il sostegno della loro autorità.

In effetti, la presenza quasi costante di Benedetto XVI a questo Sinodo con 253 Padri sinodali e la novità della pubblicazione delle proposizioni riservate – realizzata così solo da lui stesso nel Sinodo precedente – invitano a pensare che l’obiettivo della creazione del Sinodo continui con fermezza nel suo cammino post-conciliare.

La Parola di Dio non si riduce a un libro scritto, abbiamo sentito. Si è già visto nel Concilio Vaticano II. Perché questa affermazione torna con forza?

Pié-Ninot: E’ stata una delle questioni fondamentali che sono state trattate. Si è affermato che ci sono tre forme della Parola di Dio: Gesù Cristo, la Bibbia e la trasmissione ecclesiale. Questa esplicitazione è decisiva ed è già contenuta nella Dei Verbum (DV) del Concilio Vaticano II, ma viene ora sottolineata con forza per ribadire il concetto.

E il rapporto tra esegesi e teologia?

Pié-Ninot: Entriamo in un testo importante che segue l’intervento del Papa il 14 ottobre – la prima volta che un Papa interviene in un dibattito sinodale –, che spiega la necessità di un’esegesi che, oltre a storico-critica, sia “teologica” seguendo DV 12, ovvero l’unità di tutta la Bibbia, la Tradizione viva della Chiesa e l’analogia della fede, per superare il dualismo esegesi-teologia. E’ stata l’esplicitazione di un dibattito latente nel post-Concilio.

Proseguendo con le novità, è notevole anche il ministero del lettorato per le donne.

Pié-Ninot: Sì, il suggerimento del “ministero del lettorato” anche per le donne (nº 17), visto che la legislazione attuale lo permette solo agli uomini, è una novità. Si è anche suggerito di potenziare le celebrazioni della Parola di Dio e della Liturgia delle Ore, e tra le questioni delicate sono state affrontate la lettura fondamentalista della Bibbia, la questione delle sette e nel dialogo interreligioso la delicata relazione con gli ebrei e l’islam.

Qual è il suo bilancio globale?

Pié-Ninot: Traccerei un bilancio a tre livelli. In primo luogo a livello sinodale-ecclesiale: è stata un’esperienza ecclesiale di Chiesa universale unica attraverso le testimonianze dei vari continenti, basata sulla volontà di potenziare la Bibbia, la sua lettura (con il suggerimento del “ministero del lettorato” per le donne) e il suo influsso sulla Chiesa oggi, con il dovuto fascino per il tesoro, ancora non sufficientemente sfruttato, che la Bibbia rappresenta per il rinnovamento ecclesiale; si è sottolineata l’urgenza di predicare la Parola di Dio per poter evangelizzare il nostro mondo, come ha detto Benedetto XVI nella sua omelia conclusiva.

A livello teologico c’è stato un apporto modesto, visto che l’obiettivo principale era biblico-pastorale, obiettivo al quale si orientavano i “Lineamenta”, anche se il successivo “Instrumentum laboris”, frutto delle risposte dei vari episcopati, ha già posto alcune questioni teologiche chiave, come le varie forme della Parola di Dio come “un canto a varie voci”, il rapporto tra Scrittura, Tradizione e Magistero e la difficile articolazione tra esegesi e teologia…

Tali questioni sono state presenti in tutto il Sinodo, anche se teologicamente sono state affrontate in forma ridotta. Solo la questione dell’“analogia Verbi Dei” (nº 3) è una novità dal punto di vista teologico, visto che non è usata né dal Magistero né dalla teologia recente; lo è anche quella della promozione di “una riflessione teologica sulla sacramentalità della Parola di Dio” (nº 7), che ha precedenti teologici recenti. Le altre questioni hanno già nella Dei Verbum del Vaticano II un orientamento certo, ma che conviene diffondere.

A livello pastorale-pratico, riveste un’importanza decisiva il rilancio della priorità della Parola di Dio nella Chiesa in tutte le sue azioni, a partire da Gesù Cristo, testimoniata particolarmente nella Bibbia e trasmessa dalla Chiesa, come tradizione viva, al cui servizio è il Magistero come “interprete autentico” (DV 10).

Questo obiettivo è ben sintetizzato nella proposizione nº 2: “Questa Assemblea Sinodale formula l’auspicio che tutti i fedeli crescano nella consapevolezza del mistero di Cristo, unico salvatore e mediatore tra Dio e gli uomini (cf. 1 Tim 2, 5; Eb 9, 15), e la Chiesa rinnovata dall’ascolto religioso della Parola di Dio possa intraprendere una nuova stagione missionaria, annunciando la Buona Notizia a tutti gli uomini”.

Ecco il fascino e il futuro ecclesiale di questo Sinodo!

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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