Le genuflessioni dei concelebranti

I sacerdoti concelebranti devono fare la genuflessione prima di prendere il calice, specialmente se hanno già consumato l’ostia?

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Nella sua consueta rubrica di liturgia, padre Edward McNamara L.C., professore di liturgia e decano di teologia presso il Pontificio Ateneo “Regina Apostolorum” di Roma, risponde oggi ad una domanda di un nostro lettore statunitense.

Durante un recente incontro di sacerdoti, uno di loro ha chiesto se i sacerdoti concelebranti devono fare la genuflessione prima di prendere il calice, specialmente se hanno già consumato la sacra ostia. — J.F., Boston, Massachusetts (USA)

Durante una concelebrazione i movimenti e gesti dei sacerdoti alla comunione sono governati da alcune regole basilari, ma a volte può essere necessario apportare piccoli cambiamenti per venire incontro a certe circostanze locali, come lo spazio disponibile e il numero di sacerdoti concelebranti.

Prima di tutto, analizziamo le norme fondamentali descritte nell’Ordinamento Generale del Messale Romano.

“240. Mentre si canta o si dice l’Agnello di Dio, i diaconi o alcuni dei concelebranti possono aiutare il celebrante principale nello spezzare le ostie per la Comunione dei concelebranti e del popolo.

241. Compiuta la immixtio, soltanto il celebrante principale recita sottovoce, a mani giunte, la preghiera: Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, oppure La Comunione con il tuo Corpo e il tuo Sangue.

242. Terminata la preghiera prima della Comunione, il celebrante principale genuflette e si scosta un poco dall’altare. I concelebranti, uno dopo l’altro, si accostano al centro dell’altare, genuflettono, prendono con devozione il Corpo di Cristo e, tenendo la mano sinistra sotto la destra, ritornano al loro posto. I concelebranti possono anche rimanere al loro posto e prendere il Corpo di Cristo dalla patena presentata ai singoli dal celebrante principale o da uno o più concelebranti; o possono anche passarsi l’un l’altro la patena.

243. Poi il celebrante principale prende l’ostia consacrata nella stessa Messa e, tenendola un po’ sollevata sopra la patena o sopra il calice, rivolto al popolo dice: Ecco l’Agnello di Dio… e prosegue insieme con i sacerdoti concelebranti e il popolo, dicendo: O Signore, non sono degno…

244. Quindi il celebrante principale, rivolto verso l’altare, dice sottovoce: Il Corpo di Cristo mi custodisca per la vita eterna…, e devotamente si comunica al Corpo di Cristo. Allo stesso modo si comunicano i concelebranti. Dopo di loro il diacono riceve dal celebrante principale il Corpo e il Sangue del Signore.

245. La Comunione al Sangue di Cristo si può fare bevendo direttamente dal calice, per intinzione, con la cannuccia o con il cucchiaino.

246. Se si fa la Comunione direttamente al calice, si può fare in uno di questi modi:

a) il celebrante principale, stando in mezzo all’altare, prende il calice, dicendo sottovoce: Il Sangue di Cristo mi custodisca per la vita eterna e beve al calice, che consegna poi al diacono o a un concelebrante; quindi distribuisce la Comunione ai fedeli (Cf. nn. 160-162)

I concelebranti, uno dopo l’altro, oppure a due a due, se vi sono due calici, si accostano all’altare, genuflettono, assumono il Sangue, astergono il labbro del calice e ritornano al loro posto.

b) Il celebrante principale, stando in mezzo all’altare, fa la Comunione al Sangue del Signore nel modo consueto.

I concelebranti possono rimanere al loro posto, e far la Comunione al Sangue del Signore bevendo al calice che viene loro presentato dal diacono o da uno dei concelebranti; oppure anche passandosi il calice l’un l’altro. Il labbro del calice viene sempre asterso da colui che beve o da chi lo presenta ai singoli. Dopo essersi comunicato, ognuno ritorna al suo posto.

247. Il diacono devotamente consuma all’altare tutto il Sangue di Cristo che è rimasto, con l’aiuto, se è il caso, di alcuni concelebranti, quindi porta il calice alla credenza, dove lui stesso o l’accolito istituito compie la purificazione, asterge il calice e lo riordina come di consueto (Cf. n. 183).

248. La Comunione dei concelebranti può anche essere ordinata in modo che i singoli comunichino al Corpo e, subito dopo, al Sangue del Signore presso l’altare.

In questo caso, il celebrante principale si comunica sotto le due specie, come di consueto (Cf. n. 158), attenendosi tuttavia al rito scelto nei singoli casi per la Comunione al calice: rito al quale devono conformarsi tutti gli altri concelebranti.

Dopo che il celebrante principale si è comunicato, il calice viene deposto al lato destro dell’altare, sopra un altro corporale. I concelebranti, uno dopo l’altro, si portano al centro dell’altare, genuflettono e si comunicano al Corpo del Signore; successivamente, al lato destro dell’altare, si comunicano al Sangue del Signore, secondo il rito adottato per la Comunione al calice, come è detto sopra.

La Comunione del diacono e la purificazione del calice si svolgono secondo le modalità sopra indicate.

249. Se la Comunione dei concelebranti si fa per intinzione, il celebrante principale si comunica al Corpo e al Sangue del Signore nel modo consueto, facendo però attenzione a lasciarne nel calice una quantità sufficiente per la Comunione dei concelebranti. Poi il diacono, oppure uno dei concelebranti, dispone opportunamente il calice insieme con la patena che contiene le ostie, in mezzo all’altare o a un suo lato sopra un altro corporale.

I concelebranti, uno dopo l’altro, si accostano all’altare, genuflettono, prendono l’ostia, la intingono nel calice e, tenendo il purificatoio sotto il mento, si comunicano; ritornano poi al loro posto, come all’inizio della Messa.

Anche il diacono riceve la Comunione per intinzione e risponde Amen quando un concelebrante dice: Il Corpo e il Sangue di Cristo. Quindi il diacono, se è il caso con l’aiuto di alcuni concelebranti, all’altare, beve quanto è rimasto nel calice, poi lo porta alla credenza, dove egli stesso o l’accolito istituito compie la purificazione, asterge il calice e lo riordina come di consueto.”

Quindi, come emerge dal n. 246, i concelebranti genuflettono prima di prendere il calice, anche se hanno già consumato l’ostia.

Questo implica che nei casi in cui i concelebranti prendono l’ostia all’altare prima che il celebrante principale dice rivolto al popolo Ecco l’Agnello di Dio (n. 242) e bevono anche all’altare il vino dal calice, fanno due volte la genuflessione.

Non viene specificato se i sacerdoti genuflettono quando l’ostia e/o il calice vengono portati ai concelebranti ai loro posti. Nella maggior parte dei casi è probabile che proprio la necessità di portare le ostie ai sacerdoti ai loro posti impedisca loro di effettuare la genuflessione prima di prendere l’ostia.

Le rubriche non spiegano il perché di entrambe le genuflessioni – prima dell’ostia e del calice -, le quali non vengono fatte dal celebrante principale. Azzarderei la seguente ipotesi: vista la probabilità che sacerdoti che hanno ricevuto l’ostia ai loro posti omettono la genuflessione, allora istituire una genuflessione prima di prendere il calice all’altare permette loro di effettuare almeno una volta questo evidente atto di riverenza e di adorazione.

Anche se è sempre preferibile che i concelebranti vengano all’altare per il calice, ci possono essere delle situazioni in cui questo è difficile sia a causa del nutrito numero di concelebranti sia per la mancanza di spazio, e perché richiederebbe un tempo eccessivo. Persino le grandi Basiliche romane come San Paolo fuori le Mura e San Giovanni in Laterano hanno altari relativamente piccoli, a cui è difficile avvicinarsi da più di un lato.

Perciò, per la comunione di un gran numero di concelebranti ci sono delle soluzioni alternative. Due diaconi o due concelebranti vanno in coppia agli altri concelebranti, uno portando la patena con le ostie, l’altro il calice e il purificatoio. I concelebranti poss
ono consumare prima l’ostia e poi prendere il calice o, come sarebbe più indicato in questa situazione, intingere l’ostia nel calice. Prima di consumare l’Eucaristia, ogni concelebrante dice a voce bassa: Che il corpo e il sangue….

Può anche succedere – ma è piuttosto raro – che lo spazio disponibile tra le file di sacerdoti non permette di spostarsi tra di loro, ad esempio quando i sacerdoti sono negli stalli del coro di una chiesa o nella tribuna di uno stadio. Anche se non viene specificato nei libri liturgici, penso che sia ammissibile che due diaconi o sacerdoti concelebranti si posizionino in un certo punto, dove i concelebranti possono avvicinarsi, se possibile anche genuflettersi, prendere l’ostia e intingerla nel calice. Come ho potuto constatare personalmente, questo metodo è stato usato in modo proficuo durante alcuni grandi eventi.

In questi casi, coloro che presentano l’ostia e il calice non devono dire nulla. Infatti, i concelebranti prendono loro stessi l’ostia dalla patena e non la ricevono da un altro ministro.

***

I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

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Fr. Edward McNamara

Padre Edward McNamara, L.C., è professore di Teologia e direttore spirituale

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