Le 'confessioni' di Depardieu, sopravvissuto all'aborto

Nella sua autobiografia di recente uscita, il celebre attore francese scrive a proposito del tentativo di sua madre di interrompere la gravidanza, della sua vita sregolata e del legame con Sant’Agostino

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L’aborto in Francia è stato depenalizzato dopo l’adozione della legge Veil, approvata nel 1975. Ebbene, se simile intervento legislativo fosse avvenuto prima del 1948, il mondo del cinema sarebbe stato privato di uno dei più grandi attori e produttori cinematografici degli ultimi decenni sulla scena internazionale.Dopo le rivelazioni choc di grandi calciatori come Cristiano Ronaldo e Thiago Silva, un altro personaggio pubblico confessa che, quand’era ancora nel ventre di sua madre, avrebbe potuto essere abortito. Nella sua autobiografia di recente uscita Ça c’est fait comme ça, (È andata così) Gérard Depardieu – l’uomo che gli spettatori di tutto il mondo conoscono per aver interpretato Cyrano de Bergerac, Jean Valjean, Obelix, Cristobal Colon, Porthos, D’Artagnan e Mazzarino – afferma che l’essere venuto alla luce fu un episodio tutt’altro che scontato.

La storia non romanzata del celebre attore si apre proprio con questa confessione destinata a colpire le coscienze. “Sono sopravvissuto a tutte le violenze che la mia povera madre si è inflitta, con i ferri, con qualsiasi cosa trovasse a portata di mano… Quel terzo figlio che non voleva, ero io, Gérard”. Così il vulcanico Depardieu non esita a definirsi “un sopravvissuto” all’aborto, mortifero desiderio che aveva inghiottito sua madre durante la gestazione. “Lei non voleva che io nascessi – prosegue -. Ma l’aborto è andato storto e ho finito per esser nato”.

Quel senso di rifiuto dev’essersi attaccato addosso al piccolo Gérard come un marchio che ha segnato alcune fasi della sua prima parte di vita. Si legge nel libro che la strada fu il luogo duro e foriero di tentazioni che ospitò infanzia e adolescenza di Depardieu. Racconta senza censura, ma anzi con il desiderio di stupire, che da bambino era solito introdursi di nascosto nei cimiteri a rubare ai morti nelle tombe, e che da adolescente conobbe sulla sua pelle anche il dramma della prostituzione. Si dava ai camionisti per soldi. “A vent’anni – ammette – il delinquente che era in me era ben presente, forte e vivo. Alcuni li fregavo, altri li picchiavo e me ne andavo con tutti i loro soldi”.

Sregolatezza che ha scandito i ritmi di vita di Depardieu anche negli anni a venire, una volta iniziata la carriera cinematografica. L’attore scrive senza riserve a proposito dei suoi problemi di alcolismo, e dedica una parte dell’autobiografia anche alle difficoltà riscontrate nell’ambito affettivo, testimoniate da matrimoni falliti e figli sparsi anche tra relazioni extra-coniugali.

Delle vere e proprie confessioni, quelle di Depardieu, che ricordano da vicino – pur con i dovuti distinguo e proporzioni – le più celebri, scritte da Sant’Agostino intorno al 400. A differenza del dottore della Chiesa, l’attore francese non ha però intrapreso un percorso di conversione, verso il quale del resto non è stato mai sospinto da nessuna Santa Monica. Eppure un intimo legame nei confronti di Sant’Agostino è qualcosa che Depardieu conserva non da oggi. Ormai da anni gira teatri, musei, università e chiese, soprattutto in Francia e in Italia, per leggere e commentare dei brani tratti dalle Confessioni.

L’incontro con gli scritti di Sant’Agostino avvenne nel 2003, quando il versatile attore francese incominciò a leggerli per gli amici, trasformando di lì a poco questo avvenimento in un appuntamento pubblico a Notre-Dame, al Louvre e nelle cattedrali di Strasburgo e di Bordeaux. Disse in una delle sue esibizioni: “Sant’Agostino è per me la questione del perché. È il mistero, il mistero della vita”. Quel mistero che si è compiuto anche nel 1948, a Châteauroux, malgrado la disperazione di una madre e gli spettri di un aborto.

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Federico Cenci

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