La vocazione tra Medjugorje e Fatima (Terza ed ultima parte)

Intervista a don Roberto Panizzo, della Pia Unione dei Figlie e Figli del Cuore Immacolato di Maria

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di Elisabetta Pittino

ROMA, mercoledì, 19 settembre 2012 (ZENIT.org).- Cosa intendi per fede?

Don Roberto Panizzo: Fede intesa quando uno “da credito a”. Quando tu hai fede, quando tu dai credito a una persona? Quando posso contare, quando la conosco e quando mi fido. Prima della fede ci vuole un atteggiamento che, in termini pedagogico-religiosi, Amedeo Cencini, un sacerdote psicologo, chiama la docibilitas, la disponibilità a lasciarsi condurre, l’atteggiamento che precede la fede che indica che tu hai il coraggio, la forza, la comprensione, la grazia di uscire da te stesso, perché dar credito a qualcuno significa uscire da se stessi.

La non fede, ma non la “non fede in”, è che ormai nel mondo di adesso si è persa la capacità di dare credito a qualsiasi cosa. Non è andata in crisi la fede in Gesù Cristo, in Dio, non c’è più fede in niente, né nell’uomo, né nella natura…. L’uomo è stato atomizzato, non esiste più una fede che ne combatte un’altra, ognuno ha una fede sua. Questo è diabolico, questo divide, è esattamente il contrario del fare unità. Come si può cominciare a fare unità? Quando io comincio a guardarti e a dire che esiste un “tu”, non esisto solo io, si esce dalla fase di relativismo. Il relativismo è arrivato al suo grado assoluto. Trovo che la proposta dell’anno della fede sia divina, ispirata, se però è in questi senso che ci apre all’altro. E’ meglio una fede sbagliata che una non fede, dico un’eresia. E’ meglio credere, che non credere nulla se non in noi stessi, perché diventa l’annullamento, è l’inferno, è l’egocentrismo assoluto, esisti solo tu. Il resto c’è, ma se non ci fosse sarebbe esattamente la stessa cosa. Ecco qui, credo, rientriamo nel carisma dell’unità: creare delle occasioni concrete semplici dove le persone vivono la loro diversità nella capacità di relazione, diventando immagine di Dio, perché Dio è relazione, relazione nella diversità perché sono Padre, Figlio e Spirito Santo. Non sono 3 identici, sono persone, come tali hanno una personalità, paterna, filiale … Il nostro essere “nell’Uno noi inseriti”, come dice Elisabetta della Trinità, significa essere inseriti in questo progetto in cui noi siamo testimoni nella misura in cui diventiamo capaci di relazione e la relazione è nella diversità e così nasce l’unità. Allora diventi un segno concreto per un mondo che non sa cosa vuol dire “credo”.

Come la fede si è ripresa nel medio evo, prima ancora dopo la barbarie, dopo la distruzione dell’impero romano? Attraverso i monasteri, per esempio i monasteri benedettini. I monasteri erano qualcosa di concreto, non erano riunioni di mistici che facevano chissà cosa, erano comunità dove si lavorava e si pregava insieme, attorno alle quali si costituiva una microsocietà agricola, si bonificavano i terreni e il resto. Cioè delle piccole comunità dove si vivevano delle relazioni nel bene e nel male. E’ stato a partire da lì che poi la fede è stata ricostruita, a macchia di leopardo si dice, cioè tante macchie che pian piano hanno diffuso una capacità di relazione dove però c’era la centralità di Dio.

E’ questo concretamente il carisma dell’unità, questo qualcosa non di teorico, ma molto concreto semplice, umano vissuto nel nostro quotidiano con le nostre frizioni, che ci sono. E’ possibile a tutti viverlo nella misura in cui si un’intenzione a ciò che si fa. Per questo è importante la consacrazione sia essa religiosa, sia essa nella famiglia come matrimonio. Non è detto che un matrimonio anche semplicemente civile sia meno riuscito dal punto di vista umano dell’intesa, dell’educazione dei figli e dei valori, però non ha questa intenzione e non ha questa funzione e quindi non ha questo effetto anche se  migliorerà la società dal punto di vista umano, creerà, se ci sono figli, delle nuove persone propositive, ma il regno di Dio è qualcosa d’altro.

Si tratta di specificare, personalizzare quella consacrazione che abbiamo ricevuto tutti attraverso il battesimo, perché tutti abbiamo ricevuto il carisma, siamo già tutti consacrati, il grande problema è che non ce ne rendiamo conto

Si tratta di riscoprire il battesimo?

Don Roberto Panizzo: Esatto. Riscoprire il battesimo e dire ”allora dove lo posso vivere?”, sono sposato, va bene vivrò così, ma do questa consacrazione, cioè rendo sacro quello che faccio e allora sì che il mondo cambierà. Certo se sono due, è un po’ difficile, però se sono 3, 4 500 200milioni… e poi la diffusione non dipende da noi, dipende da noi nel senso della disponibilità.

Lucia di Fatima diceva che per un’apparizione un segno della credibilità è  primo il modo in cui i veggenti si immolano, cercano di vivere, secondo che si diffonda non per opera propria. A Fatima due dei tre bambini sono morti quasi subito, Lucia si è chiusa in un convento ed era inavvicinabile, eppure il messaggio si è diffuso. Però sono stati 3 che si sono immolati, hanno preso sul serio questo messaggio, vivendolo in prima persona.

Io ricordo quando Giovanni Paolo II è venuto a Fatima dopo l’attentato: era prostrato, distrutto, non l’ho mai visto così debole, era accasciato sulla cattedra nella celebrazione del mattino. Il pomeriggio alle 14,30 c’era una mezz’ora di preghiera silenziosa con tutti i religiosi di Fatima. Tutti noi religiosi ci raduniamo nella cappellina, ci si inginocchia davanti all’immagine della Madonna, intorno al Papa, in silenzio; è passata una mezz’ora in silenzio assoluto nonostante le centinaia e migliaia di persone, poi Giovanni Paolo II si è rialzato ed era cambiato da così a così, scherzava, era fisicamente agile. Mi ricordo che anche un giornalista si chiedeva che cosa la Madonna gli avesse comunicato. Da allora è diventato un grande apostolo di Fatima.

La fondatrice ha scritto una libro per la vita “Non uccidermi mamma”, edito per la prima volta nel 1975, in occasione della sentenza che depenalizzava l’aborto, della diossina, del dibattito che poi ha portato alle L. 194/78. Con questo libro all’epoca in Italia e successivamente in brasile avete fatto “campagna per la vita”. Il fatto di avere ospiti presso questa vostra casa i volontari del MPV per questa iniziativa europea a difesa dell’embrione come l’hai vissuto?

Don Roberto Panizzo: Come credenti, come religiosi, se il nostro Dio è il vivente, tutto ciò che è vita è vita e non c’è vita “quando, se , come, a condizione che”. La vita o c’è o non c’è. Questo è un principio fondamentale. Io amo la fantascienza, mi ricordo ancora un racconto che era strano ma mi ha fatto pensare. Erano poche pagine in cui si raccontava di una società dove c’era il diritto di sopprimere i figli e di far chiamare una specie di furgone accalappiacani che li portava in un centro per l’eliminazione. Questo era possibile fino a quando il figlio non imparava a fare un tipo di operazioni algebriche. Mi ha colpito perché sembrava una cosa strampalata.

Purtroppo non lo è per certi bioeticisti …

Don Roberto Panizzo: Quando tu metti in dubbio il principio, qualsiasi condizione, per es.  se non sai fare 3 capriole di seguito…, rende lecito sopprimere una vita. Quindi non è possibile pensare in altri termini altrimenti….

Per quanto riguarda il libro di Sr Mara Lilliana, mi ricordo al mio ritorno da teologia lei mi disse “vieni qua che ti faccio leggere qualcosa” e si è messa a leggere questo libretto immaginando questo  feto che si preparava alla vita con tutte le difficoltà. Al termine di queste pagine, il tempo è volato, io mi sono messo a piangere e lei ha detto “ va bene se ti sei commosso vuol dire che ha effetto”. Lo ha fatto subito pubblicare perché c’era in ballo il discorso dell’aborto.

Direi che è servito molto poi ne abbiamo fatto anche un audiovisivo.

Avervi qui è
stato bello, bella la conoscenza con voi. Abbiamo intenzione di fare dei ritiri sul post aborto, con la partecipazione di Suor Emmanuel, e ci stiamo lavorando.

Una casa dove vivere questi momenti per la vita credo sia importante averla e noi siamo disponibili per la vita.

(Fine)

[La seconda parte è stata pubblicata martedì 18 settembre]

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ZENIT Staff

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