La vita è una vana speranza?

La Chiesa non si stanca di aprire le sue braccia ad accogliere l’umanità sofferente nel corpo e nello spirito

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di Franco Previte* 

ROMA, sabato, 3 novembre 2012 (ZENIT.org).- Il Santo Padre Benedetto XVI nell’annunciare l’Anno della Fede, dedicato per un rinnovo della Fede, per aspirare alla speranza, per ambire l’amore per il prossimo, osserva “un invito ad una autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo”, che “ha creato l’uomo per renderlo partecipe della Sua vita” (Catechismo della Chiesa Cattolica).

La Comunità Ecclesiale, in questo Anno della Fede, ha il compito di rinnovare nei n/s cuori di cattolici o di laici quella Fede che in parte viene perduta a causa di un relativismo aberrante, confortati da una aspirazione alla speranza di rispetto della dignità della persona, di amore verso il prossimo, soprattutto per quel grande dono della vita che il Creatore ci ha dato.

Nella dimensione Pastorale della Lettera Apostolica Porta Fidei, si rileva il pensiero evangelico incentrato nel grande insegnamento dato da Gesù che non ha mai rifiutato di prestare aiuto a coloro che si rivolgevano a Lui.

La Chiesa non si stanca di aprire le sue braccia ad accogliere l’umanità sofferente nel corpo e nello spirito.

Il Santo Padre Beato Giovanni Paolo II ha invitato a “spalancare le porte alla Croce di Cristo” e Benedetto XVI, nel tempo in cui viviamo pieno di novità e di insidie, con la Sua parola rivolta ai cattolici e non cattolici, enuncia essere via sicura per farci camminare da cristiani come fecero gli Apostoli e la Madre Addolorata che seguirono Gesù sulla via della Croce, cosi come il comune cittadino segue e spera in un mondo migliore e nell’aiuto solidale per dare voce a coloro che vivono nella sofferenza .

Il mondo civile formato da cristiani o laici in questo “Anno di Fede”, deve continuare a “lavorare” per il bene comune, per essere di conforto ai “i più deboli ed ai più bisognosi”, come sancisce l’etica sociale ed essere “lontani” da un relativismo incessante, come spesso, giustamente, si sofferma il Santo Padre e da un egoismo imperante troppo sviluppato .

“Non pochi cristiani, dedicano la loro vita con amore a chi è solo, emarginato od escluso (Punto 14 Lettera Apostolica Porta Fidei (Motu Proprio per l’Anno della Fede”)) ed a questi “cristiani” dobbiamo riconoscenza, a quei Sacerdoti “chiamati a far risplendere la Parola di verità”, che dedicano con volontà alla propagazione del Santo Vangelo, ai Religiosi ed alle Suore “spine dorsali della Santa Chiesa”, “per vincere con pazienza ed amore le afflizioni e le difficoltà”.

Nel titolo di questa umile riflessione, non possono essere esclusi, direi i rapporti umani nella sofferenza psicofisica, richiamato giustamente dal Santo Padre argomento di profonda attualità, oggi molto disatteso dalla comunità civile.

Questi rilevamenti ci inducono a pensare e meditare sulle necessità che la disabilità, richiamata dal Santo Padre nella Porta Fidei, non deve essere considerata solo a parole, ma una questione morale da parte della società.

Questi “sfortunati della vita” hanno bisogno di trovare qualcuno che li valorizzi non per quello che appaiono, ma per quello che sono rispettando così le loro aspirazioni comuni ad ogni uomo.

E’ la capacità di ascolto, è la valutazione dell’analisi del bisogno e del fabbisogno della singola persona che è indispensabile per dare risposte appropriate .

La famiglia italiana, soffre di un certo malessere, è “bombardata” con mille pericoli, è “assillata” da ogni sorta di necessità, è bisognevole di aiuti dettati dall’etica civile .

E’ famiglia, quella che continua a mantenere la promessa di fedeltà reciproca dei coniugi, che continua a farsi carico dei propri figli, che continua ad aiutare i propri genitori anziani, ma è anche famiglia quella che continua a curare i propri membri disabili psico-fisici .

La patologia fisica, soprattutto quella mentale, spesso cronica, costituisce uno stato evidente di crisi sociale, perché il sofferente è purtroppo un elemento involontariamente disgregante della famiglia stessa ed anche della società.

Prima di concludere vorrei ri-ricordare che due Papi diversi, uno polacco, Papa Woityla fedele al Suospirito battagliero ed alla Sua capacità di relazione con in Governi e la parte laica della società ; l’altro tedesco, Papa Ratzinger, con il tono risoluto, ma nel contempo pacato, sono stati ambedue di “pungolo” nel quadro politico-sociale per quanto concerne la problematica della sofferenza psicofisica.

Di fronte ai richiami del Magistero della Chiesa, nel perdurare queste considerazioni e riflessioni, la vita non è una vana speranza, ma urge rimuovere e risolvere i problemi di carattere sociale in cui vivono tante famiglie per cause diverse, perché la famiglia è sempre stata e deve restare il motore universale della società civile, più volte rievocata in questo “Anno della Fede”.

E sempre con le parole del Beato Giovanni Paolo II: “Andiamo avanti con speranza”.

*http://digilander.libero.it/cristianiperservire

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ZENIT Staff

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