La vicenda umana e divina del santo falegname (Prima parte)

L’Angelo che convinse San Giuseppe a sposare Maria

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di don Marcello Stanzione

ROMA, venerdì, 23 dicembre 2011 (ZENIT.org) – Nella vita di Gesù all’angelo dell’annunciazione segue l’angelo che possiamo definire come ammonitore. Nel vangelo questo angelo non si presenta con un nome specifico ma presumibilmente si tratta sempre dello stesso Gabriele. In ogni vita umana infatti non basta annunciare ciò che deve accadere, ma è indispensabile controllare e sorvegliare l’esecuzione di ciò che è stato annunziato. L’angelo dell’annunciazione porta il messaggio di Dio al sacerdote Zaccaria, alla vergine Maria e ai pastori.

L’angelo ammonitore si presenta a Giuseppe cui, come padre legale, è stata affidata la protezione della vita più preziosa, circondata per questo da agguati e da pericoli sin dall’infanzia Leggendo le prime pagine del Nuovo Testamento si comprendono meglio le ultime pagine dell’apocalisse: “Il drago perseguitò la donna, che aveva dato alla luce il maschio. Alla donna allora furono date un paio di ali della grande aquila per fuggire nel deserto” (Ap. 12,13ss). “La donna”, cioè Maria, ebbe accanto contro le lotte e le afflizioni della vita, il fedele Giuseppe. Ma anche Giuseppe non può gareggiare con il drago cioè con il demonio, perciò con Maria e col bambino viene preso sotto “le ali della grande aquila”, cioè sotto la guida dell’angelo ammonitore che si presentò quattro volte a san Giuseppe durante l’infanzia di Gesù.

La Maestà divina permise che la Santa Vergine ed il suo Santo Sposo provassero la pena interiore del dubbio, affinché oltre i meriti ch’essi acquistavano con un sì lungo martirio, il merito della consolazione divina fosse, in essi, e più ammirabile e più singolare. Maria praticò molte virtù in quello stato, di modo che Ella ci insegnò a sperare nel rimedio dell’Altissimo, nelle più grandi afflizioni. E quale esempio in San Giuseppe! Perché nessuno mai ebbe più grandi soggetti di sospetti, né più discrezione nel sospendere il giudizio quanto lui. Il dolore della gelosia produce delle fitte sensibili in colui che ne é attinto, e nessuno ne risentì così sensibilmente gli effetti come lui, benché, in verità, egli non ne sarebbe stato soggetto se solo ne avesse conosciuto 1a vera causa. Egli era arricchito da una scienza e da una luce singolare per penetrare la santità e le belle qualità della sua Sposa. Ma, aumentandogli la stima per quella ch’egli stava per perdere, il dolore di vedersi nella necessità di abbandonarla era aumentato.

L’Altissimo inviò allora il santo angelo, affinché scoprisse, con una divina rivelazione, a San Giuseppe, che dormiva, il Mistero che si era compiuto nella sua sposa. Accingendosi a questa ambasciata, l’Arcangelo apparve, in sogno, al Santo e gli dichiarò, nei termini riportati da San Matteo, tutto il Mistero dell’Incarnazione e della Redenzione. Vi sono anche altre ragioni del perché l’angelo parlò a San Giuseppe in un sogno, e non mentre vegliava, benché questo mistero sia stato manifestato ad altri in stato di veglia.

La prima, è che San Giuseppe era così prudente e così pieno di stima per la Santissima Vergine, che non fu necessario persuaderlo con dei mezzi più forti, per convincerlo della dignità di Maria e del Mistero dell’Incarnazione: perché le ispirazioni divine penetrano più facilmente nei cuori ben disposti.

La seconda, è che il suo turbamento era cominciato dai sensi, ed era giusto, per ciò, che fossero come mortificati e privati della visione angelica, poiché avevano dato l’accesso all’imbroglio od al sospetto: la verità non doveva essere introdotta dal loro organo.

La terza, è che benché San Giuseppe non commettesse alcun peccato in queste circostanze, avendo sospeso il suo giudizio, i suoi sensi contrassero comunque una specie di sozzura: bisognava dunque che l’Angelo facesse la sua ambasciata in un tempo in cui i sensi, che erano stati scandalizzati, fossero interdetti dalla sospensione della loro operazione.

Vi è, infine, una ragione ben più generale: è che tale fu la Volontà del Signore, che essa è giusta, santa e perfetta in tutte le sue opere.

San Giuseppe non vide, comunque, l’Angelo con le specie immaginarie: egli ne udì solamente la voce e ciò gli bastò per conoscere il Mistero. Egli sentì quello che l’angelo gli diceva , ossia che “non temesse di prendere con sé la sua sposa Maria, perché il suo stato era opera dell’operazione dello Spirito Santo. Che Lei avrebbe messo al mondo un figlio, a cui egli avrebbe dato il nome di Gesù: che sarà lui a liberare il suo popolo dai suoi peccati, e che in questo mistero si sarebbe compiuta la profezia di Isaia, che dice: Una vergine concepirà e darà alla luce un figlio chiamato Emmanuele, che vuol dire Dio con noi “.

Si vede, dalle parole dell’Angelo, che il santo aveva lasciato la purissima sposa in ambasce, per cui, non appena si risvegliò, informato del Mistero che gli era stato rivelato, ed istruito dal fatto che la sua sposa era la Madre di Dio, egli si trovò diviso tra la gioia della sua felicità e della sua sorte insperata ed il dolore di aver fatto quello che aveva risoluto di fare. Egli rese grazie a Dio per il Mistero che gli era stato scoperto e per averlo fatto sposo di Colei ch’Egli aveva scelto per Madre, non meritando di essere suo servitore.

Il dubbio ed il turbamento ch’ebbe San Giuseppe gettarono, in lui. Le fondamenta di una profondissima umiltà, necessaria a colui cui era stata confidata la dispensa dei più alti consigli del Signore. Il ricordo di quello che era accaduto, gli servì di istruzione durante tutta la sua vita.

La felicità e la fedeltà di questo Santo furono incomparabili, non solamente perché egli aveva nella sua casa l’Arca vivente della Nuova Alleanza, ma perché egli la custodì come un servo fedele e prudente. Così il Signore lo costituì sulla sua famiglia, affinché ne avesse cura nel tempo convenevole, come un fedele dispensatore.

(Continua domani con la seconda ed ultima parte)

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ZENIT Staff

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