La UE non tiene conto del principio di precauzione

Nonostante i rischi e le preoccupazioni di ordine morale sollevate dall’iniziativa “Uno di Noi” il Commissario alla Ricerca, Máire Geoghegan-Quinn, ha ribadito che i fondi per produrre cellule staminali da embrioni non si toccano

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Negli ultimi mesi ci sono stati molti eventi che hanno caratterizzato la difesa per la vita e la famiglia in Europa. Tra questi c’è stato un fatto che è passato quasi inosservato in Italia, anche se alcuni osservatori ne hanno evidenziato l’importanza. Andiamo per ordine.

Conferenza stampa del Commissario alla Ricerca, l’irlandese Máire Geoghegan-Quinn. I giornalisti sono venuti ad informarsi sul nuovo programma quadro per la ricerca nell’Unione europea, Horizon 2020. Si tratta, in sostanza, del sistema di finanziamenti europei nel campo dell’innovazione e della scienza per il periodo 2014-2020, dotato di un budget di 80 miliardi di Euro.

Si tratta di una tematica importante: l’UE, in un contesto di crisi finanziaria internazionale, desidera dare priorità alla ricerca, vedendo in essa uno strumento di riuscita in un mondo in cui sempre più mercati sono in diretta competizione tra loro. Tante sono le domande, di varia natura, più o meno interessanti… Ma ce n’è una che ha fatto esitare un po’ il Commissario nella sua risposta, talmente si è abituati al politicamente corretto nelle istituzioni dell’UE.

Stavolta in effetti si trattava di un’interrogazione ben precisa, rivoltale dall’inviato di Avvenire a Bruxelles, Giovanni Maria Del Re: “L’Unione europea terrà conto della richiesta di molte Organizzazioni non governative di non finanziare la ricerca sulle cellule staminali embrionali?”

Il commissario Geoghegan-Quinn ha innanzitutto riconosciuto la preoccupazione di tanti cittadini dell’UE rispetto a queste tematiche… Salvo poi non tenerne conto. Ha continuato infatti affermando che il nuovo programma quadro continuerà a finanziare la ricerca anche sulle cellule staminali embrionali, come in precedenza.

Nonostante tutto. In realtà non si tratta di una novità: da tempo le negoziazioni sulla stesura di questo programma erano terminate ed a breve i fondi inizieranno già ad essere assegnati. Già nel 2011, all’inizio di queste negoziazioni, la Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione Europea (COMECE), aveva rivolto un appello all’UE perché questa non riconfermasse il finanziamento della ricerca sulle cellule staminali embrionali.

Proseguendo la sua risposta, la Geoghegan-Quinn ha affermato che il Programma quadro Horizon 2020 contiene un protocollo, già esistente in precedenza, che vieta il finanziamento di tali ricerche nei Paesi in cui questa non è consentita per legge… Qualcuno ha fatto notare, ironicamente: “Dovremmo forse ringraziare la Commissione europea di rispettare la legge dei singoli stati?!”

In effetti, da questa risposta si potrebbe anche dedurre che, per assurdo, la Commissione abbia cercato un modo di finanziare la ricerca sulle cellule staminali embrionali anche dove questa fosse vietata o regolamentata, come avviene in Italia con la Legge 40.

Peraltro, se queste attività non sono finanziate dall’UE, nei Paesi in cui esse sono vietate, ciò non toglie che esse continuino ad essere finanziate altrove: dunque, dal momento che il programma quadro Horizon 2020 è finanziato dall’UE nel suo complesso, in fondo, tutti i cittadini europei pagano indirettamente gli aiuti alla ricerca effettuata sugli embrioni!

Questi cittadini, in grande numero, hanno una “grande preoccupazione” per la protezione della dignità umana del concepito. Questa inquietudine ben espressa ha un nome ben preciso: si chiama Uno di Noi, l’iniziativa cittadina europea che chiede la fine di questo genere di finanziamenti e l’utilizzo per programmi migliori. Nel corso della conferenza stampa di dicembre scorso, il Commissario alla Ricerca ha sembrato voler ignorare completamente questa “preoccupazione”, pur prendendone atto.

Si tratta di una dichiarazione non ufficiale. Tuttavia essa ci permette di riflettere su quanto sia fondamentale portare in Europa il dibattito sulla vita, come sta avvenendo grazie all’iniziativa cittadina europea Uno di Noi.

Sarà interessante seguire il prosieguo di questa procedura, che vede la sua prossima tappa in un’audizione pubblica al Parlamento europeo. Poi la Commissione dovrebbe dare seguito con un’iniziativa. Ignorare Uno di Noi sarebbe un grave errore: non significherebbe soltanto ignorare la richiesta di più di quasi due milioni di cittadini, ma si tradurrebbe anche in un duro colpo alla democrazia delle istituzioni europee. Uno di Noi è l’occasione per l’UE di farsi nuovamente portatrice di quegli stessi valori sui quali è stata fondata. (N.S.)

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ZENIT Staff

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