La Trinità è comunione d'amore e di luce, e l'uomo ne è l'immagine vera

Lectio Divina per la domenica della Santissima Trinità – Anno A – 15 giugno 2014

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Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre oggi la sua riflessione sulle letture liturgiche per la domenica della SS.ma Trinità – Anno A – 15 giugno 2014.

Come di consueto, il presule offre anche una lettura patristica.

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LECTIO DIVINA

La Trinità è comunione d’amore e di luce, e l’uomo ne è l’immagine vera

Rito Romano

Es 34, 4b-6. 8-9; Dn 3,52.56; 2 Cor 13, 11-13; Gv 3, 16-18

Rito Ambrosiano

Es 3,1-15; Sal 67; Rm 8,14-17;Gv 16,12-15

            Premessa.

            La Trinità è un mistero luminoso: “Come tre soli, ciascuno è contenuto nell’altro, così che c’è una sola luce, data l’intima compenetrazione” (San Giovanni Damasceno). La rivelazione della Santissima Trinità si riassume in modo semplice e profondo nella breve frase della Prima Lettera di San Giovanni: “Dio è amore”. Lui lo è non solo in rapporto a noi o all’Universo creato. Lui lo è in se stesso, nella sua intimità, esenzialmente, infinitamente, eternamente. D’altronde l’amore è veramente se stesso nella relazione con un altro che lo cositutuisce Per essere carità, l’amore deve tendere verso un altro (San Gregorio Magno).

             1) Vivere è convivere.

           Due sono i Misteri fondamentali della fede cristiana: l’Unità e Trinità[1] di Dio e l’Incarnazione, passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo.

            Tuttavia, nonostante l’importanza che la Trinità riveste per la nostra fede, si ha spesso l’impressione che per molti essa sia niente più di una verità da credere, un mistero del tutto incomprensibile, circa il quale non ci si pongono molte domande.

            La Trinità è un dogma che può sembrare lontano e non toccare la vita. Invece è rivelazione del segreto del vivere, della sapienza sulla vita, sulla morte, sull’amore, e ci dice: in principio a tutto è il legame di libertà, cioè comunione d’amore.

            Un solo Dio in tre persone: Dio non è in se stesso solitudine ma comunione, l’oceano della sua essenza vibra di un infinito movimento d’amore, reciprocità, scambio, incontro, famiglia, festa. Quando “in principio” Dio dice: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”, l’immagine di cui parla non è quella del Creatore, non quella dello Spirito, né quella del Verbo eterno di Dio, ma è tutte queste cose insieme.

            Di fronte alla rivelazione della Trinità non ci è richiesto soltanto il silenzio, ma anche lo stupore e la gioia, perché si tratta sì di una realtà inaccessibile, infinitamente più grande di noi, ma si tratta anche nel contempo di una realtà luminosa: l’uomo stesso ne viene tutto illuminato nella mente e nel cuore, nella contemplazione e nell’azione.

         Questa rivelazione non viene semplicemente a soddisfare il nostro bisogno di conoscere Dio; riguarda direttamente il destino dell’uomo e della creazione. La salvezza, come comunione di amore di Dio e dell’uomo, riflette i caratteri dei due interlocutori che la costituiscono: Dio e uomo. Ora l’uomo non può essere compreso se non a partire da Dio: fatto ad immagine di Dio, è modellato sul Cristo, immagine perfetta di Dio (Col 1,15). Quindi le domande e le risposte su Dio sono d’importanza fondamentale per capire l’uomo. 

            Conoscendo il Padre (l’Amante[2]), il Figlio (l’Amato) e lo Spirito (l’Amore), noi intravediamo che, nel suo intimo più profondo, Dio è un dialogo, una vita di amore tra tre Persone. È questa l’originalità della concezione cristiana di Dio, ed è qui che l’uomo trova la spiegazione più vera di se stesso. L’uomo sente insopprimibile la nostalgia della comunità, della solidarietà e del dialogo; ne ha bisogno per vivere e per crescere, ne ha bisogno più dell’aria che respira. Ma è soltanto alla luce della Trinità che questa constatazione acquista un’insospettabile profondità: siamo fatti per incontrarci, per dialogare e amare, perché siamo “immagine di Dio”, e Dio è, appunto – per quanto ci è dato capire – una comunità di amore.

            2) La vita è amore.

            La vocazione alla comunità è la traccia della Trinità nell’uomo e “se vediamo l’amore, vediamo la Trinità” (Sant’Agostino[3]) che il Papa emerito Benedetto XVI spiega così: “Lo Spirito, infatti, è quella potenza interiore che armonizza il cuore dei credenti col cuore di Cristo e li muove ad amare i fratelli come li ha amati lui” (Lett. Enc. Deus Caritas est, n. 19). Lo Spirito ci immette nel ritmo stesso della vita divina, che è vita di amore, facendoci personalmente partecipi dei rapporti intercorrenti tra il Padre e il Figlio. Non è senza significato che Paolo, quando enumera i frutti dello Spirito, ponga al primo posto l’amore: “Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, ecc.” (Gal 5,22). E, poiché per definizione l’amore unisce, ciò significa anzitutto che lo Spirito è creatore di comunione all’interno della comunità cristiana, come diciamo all’inizio della Santa Messa con un’espressione paolina: “… la comunione dello Spirito Santo [cioè quella che è operata da lui] sia con tutti voi” (2 Cor 13,13). D’altra parte, però, è anche vero che lo Spirito ci stimola a intrecciare rapporti di carità con tutti gli uomini. Dunque, quando noi amiamo diamo spazio allo Spirito, gli permettiamo di esprimersi in pienezza.

            I testi della liturgia di oggi, in effetti, attirano la nostra attenzione non tanto sul Mistero delle Tre Persone, ma sulla realtà di amore che è contenuta in questo primo e supremo Mistero della nostra fede. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono uno, perché sono amore e l’amore è la forza vivificante assoluta, l’unità creata dall’amore è più unità di un’unità puramente fisica. Il Padre dà tutto al Figlio; il Figlio riceve tutto dal Padre con riconoscenza; e lo Spirito Santo è come il frutto di questo amore reciproco del Padre e del Figlio.

            Dunque, il brano preso oggi dal Vangelo di San Giovanni ci fa riflettere e contemplare la stupefacente profondità e gratuità dell’amore del Padre che ci dona il Figlio. Questi nel suo farsi carne[4] tocca l’uomo nella sua realtà concreta e in qualunque situazione si trovi. Dio ha assunto la condizione umana per sanarla da tutto ciò che lo separa da Lui, per permetterci di chiamarlo, nel suo Figlio Unigenito, con il nome di “Abbà, Padre” ed essere veramente figli di Dio. Sant’Ireneo afferma: “Questo è il motivo per cui il Verbo si è fatto uomo, e il Figlio di Dio, Figlio dell’uomo: perché l’uomo, entrando in comunione con il Verbo e ricevendo così la filiazione divina, diventasse figlio di Dio” (Adversus haereses, 3,19,1: PG 7,939).

            Il Verbo di Dio si fa carne non per un obbligo giuridico, ma per una esigenza libera di amore, grazie ad una sovrabbondanza d’amore. La Trinità non è altro che questo mistero sovrabbondante d’amore che dal cielo si è riversato sulla terra superando ogni frontiera, ogni confine. Dio ci fa dono del suo Figlio amato, ma non dimentichiamo che è un dono per tutti: per il mondo intero.

            E per questo che, sempre nel brano evangelico di oggi, San Giovanni prosegue dicendo che Dio ha mandato il Figlio per salvare il mondo, non per giudicarlo. Ma ciò non toglie che la presenza del dono determini una crisi: il dono del Padre può essere accolto o rifiutato.

            3) La vita è accogliere la Vita.

Qual è la nostra vocazione? Quella di viver la vita trinitaria: non c’è altra vocazione che questa. Ognuno di noi è chiamato a vivere la vita di Dio. E la vita di Dio è la Santissima Trinità. La nostra vocazione è questa. Non è quella di fare scuola, di mandare avanti il laboratorio, di lavorare in casa, di badare ai bambini; la nostra vocazione non è nemmeno la semplice preghiera. La nostra vocazione è Dio stesso, è essere in Lui, vivere Lui. La nostra vocazione a questo ci chiama: a credere all’amore, ad accoglierlo, a viverlo.

            Chi, almeno una volta nella sua giornata, non fa il segno della croce o non recita la preghiera del Padre nostro? Gesti che indicano la nostra naturale appartenenza a Dio, il quale vuole renderci divini, come Lui. E questo i Santi lo avevano compreso benissimo, vivendo la loro stessa vita incarnando il modello dell’amore trinitario per le strade del mondo, poveramente come S. Francesco d’Assisi, paternamente con San Pio da Pietrelcina, caritatevolmente come Madre Teresa di Calcutta, nascostamente, dietro le grate di un monastero di clausura come Santa Teresina del Bambin Gesù, familiarmente come i Coniugi Martin, genitori della Santa di Lisieux.

            Risplende tra tutti i Santi la Vergine Maria, la creatura più vicina alla SS.ma Trinità: figlia del Padre, Madre del Figlio, Sposa dello Spirito Santo. La Vergine Maria, nella sua docile umiltà, si è fatta umile serva dell’Amore: ha saputo accogliere la volontà del Padre concependo così il Figlio per opera dello Spirito Santo. In Lei, l’Onnipotente, ha potuto costruire un tempio degno di Lui, facendone il modello e l’immagine della Chiesa, casa di comunione per ogni uomo ed ogni donna.

            Ci aiuti Maria, specchio della Trinità, a crescere nella fede e ad accogliere nella nostra vita il mistero trinitario, un mistero che ci parla di amore, di accoglienza e di comunione.

            Ci siano di esempio le Vergine Consacrate nel mondo che nella quotidianità della vita custodiscono la chiamata alla santità mediante un’esistenza semplice, mediante un lavoro “profano”. Con il loro stile di vita nel mondo rendono presente Cristo nella vita quotidiana, per trasformare il mondo secondo il Cuore di Dio-Trinità. Queste donne fanno ciò soprattutto mediante la pratica dei consigli evangelici. In effetti “La vita consacrata, pertanto, è chiamata ad approfondire continuamente il dono dei consigli evangelici con un amore sempre più sincero e forte in dimensione trinitaria : amore al Cristo, che chiama alla sua intimità; allo Spirito Santo, che dispone l’animo ad accogliere le sue ispirazioni; al Padre , prima origine e scopo supremo della vita consacrata. Essa diventa così confessione e segno della Trinità, il cui mistero viene additato alla Chiesa come modello e sorgente di ogni forma di vita cristiana.” (San Giovanni Paolo II, Es. Ap. Post-Sinodale Vita Consecrata, n. 21)

LETTURA PATRISTICA

Sant’Atanasio, Vescovo (296 – 373)

        Dalla Lettera 1 a Serapione, 28-30

(PG 26, 594-595. 599)

Luce, splendore e grazia della Trinità

Non sarebbe cosa inutile ricercare l’antica tradizione, la dottrina e la fede della Chiesa cattolica, quella s’intende che il Signore ci ha insegnato, che gli apostoli hanno predicato, che i padri hanno conservato. Su di essa infatti si fonda la Chiesa, dalla quale, se qualcuno si sarà allontanato, per nessuna ragione potrà essere cristiano, né venir chiamato tale.La nostra fede é questa: la Trinità santa e perfetta é quella che é distinta nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo, e non ha nulla di estraneo o di aggiunto dal di fuori, né risulta costituita del Creatore e di realtà create, ma é tutta potenza creatrice e forza operativa. Una é la sua natura, identica a se stessa. Uno é il principio attivo e una l’operazione. Infatti il Padre compie ogni cosa per mezzo del Verbo nello Spirito Santo e, in questo modo, é mantenuta intatta l’unità della santa Trinità. Perciò nella Chiesa viene annunziato un solo Dio che é al di sopra di ogni cosa, agisce per tutto ed é in tutte le cose (cfr. Ef 4, 6). E’ al di sopra di ogni cosa ovviamente come Padre, come principio e origine. Agisce per tutto, certo per mezzo del Verbo. Infine opera in tutte le cose nello Spirito Santo.L’apostolo Paolo, allorché scrive ai Corinzi sulle realtà spirituali, riconduce tutte le cose ad un solo Dio Padre come al principio, in questo modo: «Vi sono diversità di carismi, ma uno solo é lo Spirito; e vi sono diversità di ministeri, ma uno solo é il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo é Dio, che opera tutto in tutti» (1 Cor 12, 4-6).Quelle cose infatti che lo Spirito distribuisce ai singoli, sono date dal Padre per mezzo del Verbo. In verità tutte le cose che sono del Padre sono pure del Figlio. Onde quelle cose che sono concesse dal Figlio nello Spirito sono veri doni del Padre. Parimenti quando lo Spirito é in noi, é anche in noi il Verbo dal quale lo riceviamo, e nel Verbo vi é anche il Padre, e così si realizza quanto é detto: «Verremo io e il Padre e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23). Dove infatti vi é la luce, là vi é anche lo splendore; e dove vi é lo splendore, ivi c’è parimenti la sua efficacia e la sua splendida grazia.Questa stessa cosa insegna Paolo nella seconda lettera ai Corinzi, con queste parole: «La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2 Cor 13, 13). Infatti la grazia é il dono che viene dato nella Trinità, é concesso dal Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Come dal Padre per mezzo del Figlio viene data la grazia, così in noi non può avvenire la partecipazione del dono se non nello Spirito Santo. E allora, resi partecipi di esso, noi abbiamo l’amore del Padre, la grazia del Figlio e la comunione dello stesso Spirito.

Efrem, Diatessaron, 21, 7

Dio ama infinitamente il mondo

Abramo aveva molti servitori; perché Dio non gli dice di sacrificare uno di loro? Perché l’amore di Abramo non si sarebbe rivelato attraverso un servitore; occorreva per questo il suo stesso figlio (Gn 22,1-18). Parimenti c’erano molti servitori di Dio, ma egli non mostrò il suo amore verso le creature tramite nessuno di loro, bensì tramite il proprio Figlio, grazie al quale fu proclamato il suo amore per noi: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Jn 3,16).

Cromazio di Aquileia, Sermo, 33, 1

Dalla bontà di Dio dipende il nostro vivere

È oltremodo giusto che noi inneggiamo a lui, perché il nostro essere e il nostro vivere non sono in nostro potere né dipendono da noi, ma dal suo favore e dalla sua bontà. Dobbiamo dunque cantare a questo Dio, che è ed è sempre stato, le grandezze che gli competono e si addicono alla lode della sua maestà, cioè: che egli è eterno, che è onnipotente, che è immenso, che è creatore del mondo e suo salvatore, che ha avuto per gli uomini tale amore da offrire persino il Figlio suo per la salvezza del mondo, come dice egli stesso nel Vangelo: “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo Figliolo unigenito, affinché chiunque in lui crede non perisca, ma abbia la vita eterna” (Jn 3,16).

*

NOTE 

[1] Il mistero trinitario è alla base della fede cristiana, eppure paradossalmente, pur se la fede dei primi cristiani di fatto era già trinitaria (cfr. Mt 28,16 e 1 Cor), il termine stesso Trinità
compare solo alla fine del II° secolo d. C. con Teofilo di Antiochia, per indicare il mistero del Dio che è ad un tempo Uno e rivelato in tre Persone: Padre Figlio Spirito Santo.

[2] E S. Agostino scrive suggestivamente nel suo “De Trinitate”,: “Dio Padre, nel pensare, genera interiormente la propria sapienza, o Verbo. Ma è soprattutto una relazione di amore che lega la mente pensante al suo Logos. Allora, se vedi la carità, tu vedi la Trinità. Il Padre è donazione infinita senza riserve, il Figlio è accoglienza attiva, lo Spirito è perfetta unità di colui che dona e di colui che accoglie. Sono tre: l’Amante, l’Amato, l’Amore”.

[3] Non saremo mai abbastanza grati ad Agostino per aver impostato il suo discorso sulla Trinità sulla parola di Giovanni: “Dio è amore” (1 Gv 4,10). Dio è amore: per questo, conclude Agostino, egli è Trinità! “L’amore suppone uno che ama, ciò che è amato e l’amore stesso”- Il Padre è, nella Trinità, colui che ama, la fonte e il principio di tutto; il Figlio è colui che è amato; lo Spirito Santo è l’amore con cui si amano.

[4] “Il Verbo si fece carne” (Gv 1,14). Qui la parola “carne”, secondo l’uso ebraico, indica l’uomo nella sua integralità, tutto l’uomo, ma proprio sotto l’aspetto della sua caducità e temporalità, della sua povertà e contingenza.

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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