La tomba dell'apostolo Pietro nella Necropoli Vaticana (Prima parte)

L’esistenza delle reliquie del Santo confermate dalle analisi scientifiche

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La culla della Cristianità. E’ cosi che viene definitala Basilicadi S. Pietro con tutto ciò che fa da contorno al più grande monumento della cristianità, per la gioia di fedeli e turisti che a milioni lo visitano ogni anno. Pochi però riflettono sul fatto che la presenza della Basilica è stata direttamente condizionata, fin dalla sua prima fondazione ad opera dell’Imperatore Costantino, dalla necropoli cristiano/pagana che accoglie le spoglie mortali dell’Apostolo Pietro. E’ stato ormai appurato (a dispetto di quanti ancora sostengono che non abbia mai messo piede a Roma) che Pietro venne martirizzato all’interno del circo di Caligola e Nerone, i cui resti sono stati identificati al di sotto della navata sinistra della Basilica e sepolto nelle immediate vicinanze.

L’Ager Vaticanus (corrispondente all’area della piana alluvionale compresa tra il colle Vaticano, il Gianicolo e Monte Mario) pare fosse fin dalla prima frequentazione destinato esclusivamente ad uso funerario. La parte monumentale era caratterizzata dalla presenza della Meta Romuli e dal Terebinthus Neronis. La Meta Romuli era una sepoltura a forma piramidale di epoca augustea (architettura tipica del periodo) della anche ‘Piramide Vaticana’. Venne abbattuta nel 1499 su ordine di papa Alessandro VII creando via Alessandrina per collegare il Vaticano con il Tevere. Accanto sorgeva il Terebinthus Neronis, un mausoleo a pianta circolare con torre sovrapposta che venne demolito nel VII secolo e i blocchi della pavimentazione che lo circondavano vennero utilizzati per i gradoni della Basilica. La tradizione voleva che nello spazio compreso tra i due sepolcri monumentali fosse avvenuto il martirio di S. Pietro, ragion per cui per molti secoli la piramide venne rappresentata come simbolo del martirio.

Per suffragare le notizie e ricostruire il quadro storico di quanto accadde subito dopo il martirio, ci vengono in soccorso fonti letterarie che rappresentano importanti testimonianze del passato. Alla fine del I secolo risale la testimonianza di Clemente, capo della comunità cristiana di Roma, il quale descrive la persecuzione neroniana di cui Pietro rimase vittima e dei sanguinosi spettacoli che si svolgevano nel Circo sul colle Vaticano, concetti poi ripresi e descritti anche dallo storico Tacito.

Di poco più recenti (II secolo) sono i due scritti de ‘l’Ascensione d’Isaia’ e ‘l’Apocalisse di Pietro’, che confermano che non soltanto Pietro morì a Roma ma lo fece in seguito al martirio neroniano del 64 d.C. La presenza a Roma dell’Apostolo è inoltre suffragata dal fatto che mai nessuno in passato ha rivendicato di possedere la sua tomba, segno dunque che le fonti possono esclusivamente limitarsi al raggio d’azione nella Capitale. Il primo riferimento alla tomba dell’Apostolo è quella risalente al periodo tardo imperiale (II-III secolo d.C.) e riportata da Eusebio, storico della Chiesa, che cita un presbitero romano di nome Gaio, il quale fa riferimento alla sepoltura definendola il ‘trofeo’ di Pietro in Vaticano.

Le fonti letterarie sono state per molti secoli l’unico elemento certo a cui aggrapparsi per poter ricostruire vicende oscure o ricostruire fatti storici di cui se n’era persa memoria. Fortunatamente da alcuni anni è venuta in soccorso degli storici l’archeologia la quale, come vedremo, non soltanto ha confermato l’esistenza della tomba di Pietro, ma ha anche permesso il suo ritrovamento. Sembra incredibile ma soltanto nel 1939, sotto il pontificato di Pio XII, vennero avviate ricerche sistematiche allo scopo di confermare (ma la scienza talvolta impone anche smentire) le fonti letterarie accumulatesi nei secoli.

Nel decennio degli anni ’40 vennero cosi realizzati scavi che confutassero quanto ipotizzato, i quali, a causa di una cattiva gestione ed esecuzione, stentavano a dare risposte. Ciononostante i lavori misero in evidenza una serie di dati che alla lunga furono preziosi alla studiosa Margherita Guarducci per una coerente ricostruzione del quadro storico degli avvenimenti.

Sappiamo infatti che l’imperatore Costantino decise di sotterrare l’antica necropoli all’inizio del IV secolo livellando il terreno per la futura basilica, che venne realizzata in funzione di un punto fisso sotterraneo.

Venne inoltre evidenziato che al di sotto dell’Altare della Confessione, attualmente utilizzato per le funzioni religiose, vi era la sovrapposizione di una serie di altari che si collocavano esattamente al di sopra di un monumento che si riteneva fosse stato realizzato in onore di Pietro tra il 321 e il 326. Il monumento di Costantino inglobò tre precedenti realtà architettoniche: un muro della seconda metà del III secolo (chiamato dagli archeologi ‘muro g’), una edicola funeraria (da identificarsi con il già citato ‘trofeo di Gaio’ addossato ad un muro rivestito di intonaco color rosso) e una piccola tomba detta ‘terragna’ (poggiante direttamente sulla terra) ricavata all’interno dell’edicola funeraria. All’atto dell’apertura del chiusino della tomba, il contesto risultò alterato e nessuna reliquia ossea venne riportata alla luce. 

(La seconda parte verrà pubblicata domani, sabato 16 di novembre)

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Paolo Lorizzo

Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l'Università degli Studi di Roma de 'La Sapienza'. Esercita la professione di archeologo.

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