La teologia morale ha qualcosa da dire alla bioetica…

Nel libro “Bioetica e Teologia morale” edito da LEV e prefato dal card. Tettamanzi, Andrea Mariani offre un percorso che approda alla “bioetica del dono”

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Bioetica e Teologia morale” quale legame? Ma ancor prima: esiste un legame? Se si, quali i presupposti? Può la teologia morale essere comprensibile da tutti nelle sue posizioni in campo bioetico? Sono domande a cui don Andrea Mariani ha cercato e trovato le risposte.
Sono contenute nel testo edito dalla LEV e prefato dal Card. Dionigi Tettamanzi, dal titolo: “Bioetica e Teologia morale. Fondamenti per un’etica della vita”.
Si rivolge in maniera particolare a chi, interessato a conoscere il legame che esiste tra teologia e bioetica vuole, nello stesso tempo, avere un punto di riferimento per poter trovare in modo sintetico e puntuale i prolegomeni per uno studio che si apre alla vita.
L’autore, convinto che “il cristiano, quando si trova innanzi al male e al degrado, non si accontenta di prenderne atto, e magari di chiederne una legalizzazione per contenere le manifestazioni più perverse e deleterie”, offre a tutti un valido strumento di ricerca.
Per tale motivo vengono presentati i principi ispiratori di una rinnovata teologia morale, dalla morale antropologico-spirituale alla dinamico-esistenziale, dalla storico-evolutiva all’ecclesiale-universale. Punto centrale: il concetto di “chiamata”. La morale cristiana non si piega a nessun soprannaturalismo astratto e alieno dal mondo: l’uomo è sempre l’uomo creato in Cristo e chiamato alla salvezza.
La teologia morale, non si limita a delle riflessioni più o meno accettate, né si riduce alle varie scienze dell’uomo e della realtà sociale e alle loro conclusioni. Vuole essere normativa; indica un ideale da perseguire.
In tale contesto viene presentata la centralità della questione bioetica, la quale interessa tutti. Bisogna partire da una constatazione essenziale: la tecnica il più delle volte ha migliorato la nostra esistenza, altre volte il suo impiego è avvenuto contro l’uomo e l’ambiente. L’utilizzo della tecnica in ambito medico solleva degli interrogativi etici precisi.
Si comprende che la moderna tecnologia è un processo e non uno stato, un itinerario continuo e non un possesso di strumenti definitivamente acquisiti una volta per tutte. In particolare in ambito medico, Mariani, evidenzia che “oggi è più opportuno parlare di scienze mediche al plurale piuttosto che di medicina”.
Si è persa, infatti, la visione olistica della persona a favore di una specializzazione che divide l’uomo, per cui è necessario “ricomporre i pezzi di un uomo a pezzi”.
In tale contesto, la nuova tecnica interpella da vicino la filosofia e la stimola ad una visione antropologica diversa, in cui l’etica ha qualcosa da dire alla tecnica. Il libro offre anche un focus sul “giuramento Ippocratico” che ha fondato l’agire medico nella storia. Proseguendo, offre anche al lettore, riassumendole, le diverse interpretazioni della definizione di bioetica (una questione ancora aperta).
Ma come apice e culmine offre l’interpretazione del personalismo cristiano. È ontologicamente fondato, lucidamente proposto dal Card. Elio Sgreccia, che sottolinea la rilevanza del concetto classico di persona, riprendendo la formulazione Boeziano-Tomista (persona est individua substantia rationalis naturae).
La tesi centrale è individuabile nell’affermazione dell’identità tra la persona e l’essere umano. Proprio perché persona, l’uomo è un valore oggettivo, trascendente ed intangibile.
Per questo, quando la medicina ha a che fare con soggetti umani, le scienze della natura sono in rapporto diretto con le scienze umane.
Dal testo emerge molto chiaramente, inoltre, che ci troviamo in mezzo a due interpretazioni culturali del vivere e del morire che generano comportamenti favorevoli alla promozione, conservazione ed espansione della vita e della sua qualità umana e vi sono interpretazioni culturali che legittimano e quindi generano comportamenti ostili alla vita e alla sua qualità umana.
Si è tra una “cultura della vita” ed una “cultura della morte” (tante sono, infatti, le odierne aggressioni e violenze contro la vita).
Il capitolo conclusivo celebra il “dono della vita”, perché essa è sempre un dono. L’interpretazione della bioetica e della vita umana alla luce della categoria del dono – afferma Mariani – si rivela capace di dare una fondazione antropologica suggestiva e stimolante alla trattazione e alla soluzione di diversi problemi bioetici.

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Domenico De Angelis

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