"La Tanzania ha bisogno di cibo, non di contraccettivi"

Il Population Research Institute denuncia che gli Stati Uniti investono in controllo demografico contro la volontà delle donne e trascurando i problemi reali

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Un Paese come la Tanzania è minacciato da molti problemi, ma la sovrappopolazione non è uno di questi. Lo rileva uno studio del Population Research Institute, il quale dimostra come l’Usaid (l’agenzia federale degli Stati Uniti responsabile per gli aiuti esteri) stia adottando una politica d’interventi nel Paese africano totalmente aliena dai problemi reali.

Il Population Research Institute denuncia che l’Usaid spende soltanto 20 centesimi sulla nutrizione per ogni dollaro speso sulla contraccezione, a fronte di un 16% di bambini sotto i cinque anni in Tanzania che è sottopeso. E ancora, nel Paese un bambino su nove muore prima del suo quinto compleanno e una donna su ventitré rischia di morire di parto; eppure l’Usaid – la polemica del Pri – spende solo 36 centesimi sulla salute materna e infantile a fronte di ogni dollaro speso per la contraccezione. Inoltre, rileva ancora il centro di ricerca, in un Paese in cui solo il 12% della popolazione ha l’accesso a strutture igienico-sanitarie dignitose, soltanto 23 centesimi vengono spesi dagli Stati Uniti in materia di acqua e servizi igienici per ogni dollaro investito per il controllo demografico.

“Forse – si legge in un passaggio dell’articolo pubblicato dal Population Research Institute – l’Usaid potrebbe giustificare queste spese se il popolo della Tanzania chiedesse maggiori interventi per la contraccezione. Ma così non è”. In uno dei Paesi più poveri del mondo (il Pil pro capite è di 1.700 dollari l’anno), non si capisce il motivo per cui si spende molto in contraccezione rispetto a quanto viene speso “per la salute materna, la salute dei bambini, l’acqua, l’igiene, la nutrizione, e la cura delle malattie”. Soprattutto, fa presente il Pri, le donne della Tanzania dimostrano di voler continuare a mettere al mondo figli, con un tasso di fertilità di 5,4 e con una statistica che dice che almeno la metà delle donne della Tanzania che ha già cinque figli desidererebbe averne ancora degli altri.

Si sottolinea inoltre che più del 50% delle donne sposate e più del 60% di quelle non sposate hanno smesso di utilizzare contraccettivi. Di queste, soltanto l’1% lo ha fatto per i costi eccessivi, mentre tutte le altre hanno smesso per una nuova gravidanza o perché non apprezzavano il modo in cui il proprio corpo reagiva a questi farmaci. Dunque, dà conto il Population Research Institute, il 70% delle donne della Tanzania sospende l’utilizzo dei contraccettivi pagati con i contributi di “ignari contribuenti americani”.

Polemicamente, il Pri conclude sostenendo che Barack Obama, “che definisce se stesso un anti-imperialista”, sarebbe più in sintonia con i desideri del popolo africano se decidesse di investire per inviare degli aiuti concreti piuttosto che per caldeggiare politiche di controllo della popolazione. “Invece – scrive il Pri – lui ha persino aumentato un ‘imperialismo riproduttivo’, spendendo più soldi di quanti ne siano stati mai spesi prima per incentivare aborto, sterilizzazione e contraccezione tra gli africani (oltre che tra gli asiatici e tra i latino-americani)”. “La prossima volta che vorrà scusarsi di qualcosa – suggeriscono al presidente degli Stati Uniti dal centro di ricerche – lo faccia per le politiche di aborto, sterilizzazione e contraccezione verso chi sta piangendo perché non ha acqua potabile da bere, cibo, e cure mediche di base”.

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Fonte: http://pop.org/

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Federico Cenci

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