La "struttura di peccato" del Paraguay

Corruzione, violenza, riciclaggio, povertà, diseguaglianza sociale, sono alcuni dei fattori negativi del paese che solo la fraternità cristiana può vincere

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di Carmine Tabarro

ROMA, sabato, 11 agosto 2012 (ZENIT.org) – Il Paraguay è uno di quei paesi in cui la “struttura di peccato” evocata da Giovanni Paolo II è tangibile (Sollicitudo Rei Socialis n. 36). Paese caratterizzato da problemi endogeni ed esogeni. Sessant’anni di dittatura del partito Colorado (partito conservatore) oggi di nuovo al potere.

Ad Asunciòn ho avuto modo di conoscere diverse suore che si sono opposte alla dittatura e per questo hanno subito notevoli torture.

Un vescovo e teologo della liberazione – Fernando Lugo – che preferisce la vita politica al ministero episcopale (per questo  giustamente ridotto allo stato laicale), diventando Presidente del Paraguay, corruzione diffusa, difficile applicazione del diritto, violenza terroristica e di bande all’ordine del giorno,  precaria governabilità, povertà diffusa,  forte disuguaglianza sociale, elevato tasso di disoccupazione e di sotto-occupazione, infrastrutture carenti e l’esistenza di imprese pubbliche inadeguate in settori chiave, il diritto alla salute riservato solo a pochi, riciclaggio del denaro dei cocaleros denunciato dall’Onu ecc.

Come se tutto questo non bastasse oltre un mese fa c’e’ stata la “destituzione” del Presidente Fernando Lugo da parte dei due partiti maggiori (Colorado e Liberale) reo di “cattivo comportamento nell’esercizio delle sue funzioni”: il “cattivo comportamento” riguarda la gestione di uno scontro a fuoco tra polizia e contadini, in cui sono morte 17 persone (6 militari e 11 contadini).

Secondo molti osservatori all’interno e all’esterno del paese si è trattato di un “golpe politico” guidato da lobby e multinazionali. La situazione nonostante le premesse negative del primo momento,  sembrano indirizzarsi verso la normalizzazione. Ora alla guida del Paese c’e’ Federico Franco, ex alleato di Fernando Lugo del partito Liberale.

Si temevano forti scontri tra le opposte fazioni per questo “colpo di stato tecnico”, invece se si escludono sporadiche manifestazioni con poche centinaia di persone dei sostenitori di Lugo con il suo “Frente Guazu”, il clima nel Paese e’ “normale”.

Un ruolo importante di pacificazione lo sta svolgendo la Chiesa. Riporto l’intervento della Conferenza Episcopale del Paraguay: “Considerata la grave crisi politica che vive la Repubblica, come Vescovi del Paraguay ci rivolgiamo ai rappresentanti del governo e a tutti i cittadini per esprimere ancora una volta la nostra esortazione alla pace e alla salvaguardia della vita umana come valore supremo”.

Per il Presidente dell’Unione degli industriali, Edoardo Felippo “l’economia del paese non ha subito scosse”, questa affermazione viene confermata anche dai dati relativi all’attivita’ bancaria e dalla quotazione del dollaro. Questi dati prestano il fianco a chi accusa l’attuale governo di golpe.

Il rischio che attualmente il Paraguay corre è il suo ulteriore isolamento internazionale.
Già l’anno passato quando mi sono recato ad Asuncion su invito dell’Universita’ Cattolica, ho notato come il Paraguay fosse fuori dai circuiti dei grandi mass media, sensazione confermatami dal Rettore dell’Università.

Oggi nel paese c’è grande attesa per le decisioni che saranno prese dall’UNASUR il 13 agosto circa l’ulteriore emarginazione del Paraguay. Bisogna ricordare che il Brasile, l’Argentina, l’Uruguay, la Bolivia, l’Ecuador, il Venezuela e il Messico non hanno riconosciuto il governo di Federico Franco perche’ a loro avviso la “destituzione” di Lugo sarebbe frutto di un’operazione delle multinazionali e di lobby politiche.

Nonostante queste dure accuse il nuovo Ministro degli Esteri Josè Fernandez Estigarribia, si e’ detto “fiducioso” sulla possibilita’ di una veloce normalizzazione con i Paesi vicini. Anche il governo degli Stati Uniti non ha provveduto al riconoscimento del governo di Franco, in attesa di una decisione ufficiale dell’Organizzazione degli Stati americani.

Il Presidente Franco, con la sua maggioranza parlamentare intanto ha avviato alcune riforme popolari. In un paese in cui è molto forte la diseguaglianza, il governo ha introdotto un aumento dell’aliquota di 10 punti percentuali per i redditi superiori a 48 mila dollari all’anno. Inoltre ha ripreso le procedure per  l’assegnazione delle terre ai contadini, con circa 80 assegnazioni dirette realizzate in queste settimane, mentre con Lugo ne erano state concesse pochissime nonostante le promesse.

Penso sia utile conoscere la situazione paraguayana, perché ha molte somiglianze con altri paesi del Sudamerica, contesti in cui l’estremo squilibrio economico e sociale fra le classi si accompagna all’elevata corruzione della classe politica, alla palese “derechización” di governi che si fingono democratici mentre invece sono succubi di potenti lobby non tutte trasparenti.

Va rilevato inoltre, che le difficoltà a governare il Paese sono dovute anche e soprattutto alla debolezza, in termini di risorse del bilancio pubblico, in quanto in Paraguay, fino all’ultima manovra fiscale di cui ho detto, non si pagavano imposte sul reddito personale.

Le priorità del Governo dovrebbero concentrarsi sulla lotta alla povertà, la creazione di nuovi posti di lavoro e il miglioramento della sicurezza e del diritto alla salute. Ma la migliore interpretazione delle patologie del Paraguay, ancora una volta le troviamo nelle pagine profetiche della Sollicitudo rei socialis.

Con molta chiarezza viene detto che il motivo primo del mancato sviluppo non è di natura soltanto economica, ma è “l’assenza di una efficace volontà politica…Vanno individuate perciò le cause di ordine morale che, sul piano del comportamento delle persone responsabili, interferiscono per frenare il corso dello sviluppo e ne impediscono il pieno raggiungimento”. Si parla pure, così, di un “mondo sottomesso a strutture di peccato…

Sono la somma dei fattori negativi che agiscono in senso contrario a una vera coscienza del bene comune universale e all’esigenza di favorirlo”. “Peccato e strutture di peccato”, scrive il Papa, “sono categorie che non sono spesso applicate alla situazione del mondo contemporaneo.

Le strutture di peccato si radicano nel peccato personale e, quindi, sono sempre collegate ad atti liberi e concreti delle persone che le pongono in essere, le consolidano e le rendono difficili da rimuovere”. La compulsione al profitto e la sete del potere sono, ad ogni livello e in ogni campo,  gli aspetti negativi più caratteristici.

Anche se separabili, sono “indissolubilmente uniti…e vi possono essere coinvolti non solo gli individui ma anche le nazioni e i blocchi”. Solo la fraternità umana e cristiana, ribadisce con convinzione Giovanni Paolo II, può vincere le “strutture di peccato”.

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ZENIT Staff

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